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il verdetto

‘Ndrangheta, “Rinascita-Scott”: è il giorno della sentenza per 338 imputati

Sono in tutto 322 richieste di condanna per un totale di 4.744 anni e 10 mesi di carcere. Alla sbarra presunti boss, imprenditori e politici

Pubblicato il: 20/11/2023 – 7:11
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, “Rinascita-Scott”: è il giorno della sentenza per 338 imputati

LAMEZIA TERME Il giorno più atteso per il più importante processo contro la ‘ndrangheta celebrato in Calabria. Alle 10 di questa mattina, nell’aula bunker di Lamezia Terme, teatro di decine e decine di udienze per due anni e 9 mesi, sarà emesso il verdetto del processo “Rinascita-Scott”. La lettura del dispositivo da parte della presidente Brigida Cavasino segnerà lo spartiacque tra la maxinchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro e che ha portato a decine di arresti a dicembre 2019, e una prima verità giudiziaria tra appelli e sentenza definitiva. Camera di consiglio record per Brigida Cavasino, classe ‘82 di Fivizzano, Claudia Caputo, classe ‘87 di Crotone, a latere, e Germana Radice, classe ‘86 di Napoli, in isolamento dal 16 ottobre scorso in un luogo protetto. Un passaggio storico, dunque, per la lotta alle cosche vibonesi: dal potente clan dei Mancuso di Limbadi ai capi, sodali e presunti concorrenti esterni, passando per il mondo dell’imprenditoria e della politica.

I numeri e i verdetti più attesi

Ad attendere il giudizio sono in 338, a vario titolo accusati di oltre 400 capi d’imputazione. Sono in tutto 322 richieste di condanna tra i 30 e un anno di reclusione per un totale di 4.744 anni e 10 mesi di carcere. Chieste anche 13 assoluzioni e 3 nullità del decreto che dispone il giudizio o prescrizione. Tra i verdetti più attesi c’è quello che riguarda il boss di San Gregorio d’Ippona, Saverio Razionale, per il quale la Dda ha chiesto trent’anni di carcere. Secondo l’accusa, infatti, avrebbe fatto parte del direttorio criminale operante nel Vibonese. I trent’anni per Francesco Barbieri, per l’ex super latitante Pasquale Bonavota e i fratelli, Domenico e Nicola.  

“Colletti bianchi” e infedeli

Ma c’è attesa anche per scoprire quale sarà il destino giudiziario dell’avvocato ed ex parlamentare ed ex massone Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per avere favorito, grazie al proprio patrimonio di conoscenze, la cosca Mancuso di Limbadi. Per lui la Dda ha chiesto 17 anni di carcere. Secondo l’accusa, a ricevere i “servigi” di Pittelli sarebbe stato l’imprenditore Rocco Delfino, per il quale l’accusa ha chiesto 12 anni di reclusione. Di lui, durante la requisitoria, il pubblico ministero Annamaria Frustaci ha detto che è un uomo capace di «arrivare ovunque». Sarebbe stato il boss Luigi Mancuso (per il quale si procede con un processo separato) a mettere in contatto Pittelli con Delfino. Pittelli, a sua volta, avrebbe istigato il tenente colonnello dell’Arma dei carabinieri Giorgio Naselli ad acquisire notizie coperte da segreto d’ufficio per agevolare Delfino. Per lui sono stati chiesti 8 anni di reclusione. Avrebbe rivelato alle cosche informazioni coperte da segreto istruttorio anche Antonio Ventura, all’epoca dei fatti appuntato scelto in servizio nel Reparto operativo Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Vibo Valentia e per il quale l’accusa ha chiesto 18 anni. Tra i colletti bianchi figura anche l’avvocato Francesco Stilo, chiesti 15 anni. Per lui l’accusa è di concorso esterno per avere instaurato con le cosche Mancuso, Lo Bianco-Barba, Pardea Ranisi, Fiarè-Razionale-Gasparro e Accorinti uno stabile rapporto di tipo collusivo, fornendo agli associati informazioni coperte da segreto istruttorio. Tra i politici coinvolti ci sono l’ex sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, Pietro Giamborino e l’ex assessore regionale, Luigi Incarnato: chiesti rispettivamente 18, 20 e 1 anno e 6 mesi di condanna.

Gli imprenditori

Secondo l’accusa, attorno alla cosca Mancuso orbitavano tanti imprenditori. Tra questi Gianfranco Ferrante, proprietario del noto “Cin Cin” bar di Vibo Valentia. È accusato di associazione mafiosa e sono stati chiesti per lui 26 anni di carcere. Alla stregua di Giovanni Giamborino per il quale sono stati chiesti, invece, vent’anni, e altri fedelissimi al gruppo comandato da Luigi Mancuso, Ferrante è considerato un partecipe impiegato nella soluzione di questioni relative a vicende economico/commerciali. Altro imprenditore accusato di associazione mafiosa è Mario Lo Riggio, ritenuto intraneo alla cosca Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona. Per lui l’accusa chiede 22 anni di carcere.

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