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l’udienza

“Reset”, «le prime tracce della Confederazione di ‘ndrangheta nell’inchiesta Tamburo»

L’aula bunker di Lamezia ospita il processo alla mala cosentina. Il dirigente della Polizia, Fabio Catalano ripercorre l’attività investigativa

Pubblicato il: 22/11/2023 – 12:33
di Fabio Benincasa
“Reset”, «le prime tracce della Confederazione di ‘ndrangheta nell’inchiesta Tamburo»

LAMEZIA TERME Terza udienza del processo “Reset” dinanzi al Tribunale di Cosenza – in composizione collegiale – in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme, 48 ore dopo la pronuncia della sentenza del maxi processo “Rinascita Scott”. Il Collegio giudicante (Presidente Carmen Ciarcia) ha sciolto la riserva sulla utilizzabilità delle intercettazioni riferite all’imputato Marcello Manna. Che entrano quindi nel processo.
In aula, sono presenti i testi di pg citati: il dirigente della Polizia di Stato Fabio Catalano e il maggiore dei carabinieri Raffaele Giovinazzo. Prima dell’escussione dei testi, è stato affidato l’incarico ad un perito chiamato a verificare lo stato di salute di Cristian D’Ambrosio, previa analisi della certificazione medica. La professionista dovrà stabilire se l’imputato fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto a lui contestato e se capace di partecipare al processo in corso. L’imputato Massimo D’Ambrosio, in videocollegamento, ha reso dichiarazioni spontanee: «Sono detenuto da oltre 14 mesi e segnalo alcune problematiche di salute di mia moglie e di mio figlio che non può venire a trovarmi e non può essere accompagnato, non può affrontare lunghi viaggi». D’Ambrosio chiede la concessione «di un permesso per incontrare i familiari». Sul punto, interviene l’avvocato dell’imputato che cita la presenza di una richiesta inoltrata al gip per ottenere l’autorizzazione a raggiungere la famiglia per un tempo massimo di tre ore. Il giudice ha rilasciato il permesso ma «la Dda ha impugnato la richiesta con reclamo in Corte d’Appello ed io – sottolinea l’avvocato – l’ho impugnato in Cassazione».

L’attenzione sul gruppo degli “Abbruzzese-Banana”

il primo teste a sottoporsi all’esame dei pm della Dda di Catanzaro, Vito Valerio e Corrado Cubellotti, ed al controesame delle difese, è il dirigente Polizia di Stato Fabio Catalano: in passato dirigente della squadra mobile di Cosenza, oggi impegnato con lo stesso ruolo a Catanzaro. L’attività scaturisce da una delega di indagine conferita il 22 settembre 2017 del sostituto della Dda Camillo Falvo, oggi procuratore di Vibo Valentia. L’attività era riferita all’analisi delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo De Rose sul gruppo criminale “Abbruzzese-Banana“. L’indagine viene effettuata attraverso le intercettazioni e l’utilizzo di altri presidi tecnici, come il monitoraggio attraverso la videosorveglianza dello stabile dell’ultimo lotto di via Popilia a Cosenza, dove era residente il nucleo familiare dei Banana». In particolare, gli investigatori intercettano Luigi Abbruzzese, Andrea Greco, Ivan Barone (oggi pentito) e Marco Abbruzzese.

Le richieste estorsive

Chi indaga si sofferma sulle copiose richieste estorsive che sarebbero state perpetrate dai gruppi criminali nei confronti di imprenditori del territorio. Il periodo di riferimento è il 2018. Viene intercettata «una telefonata anonima dove veniva formulata la richiesta di denaro». Dell’episodio viene informata la Dda. Le ipotesi estorsive si riferiscono al gruppo guidato da Michele Di Puppo ed Antonio Abruzzese detto “Strusciatappine“. Che «si avvalevano di una serie di personaggi e agivano all’interno della cornice delle regole della “Confederazione” di ‘ndrangheta». Il teste riferisce di interlocuzioni continue e frequenti tra i gruppi degli “Italiani” e degli “Zingari“» e ripercorre le operazioni che hanno portato, negli anni, a conoscere la struttura e il modus operandi della Confederazione di ‘ndrangheta. Che compare per la prima volta con l’operazione “Tamburo“. «Abbiamo le prime tracce della nascita della Confederazione, della bacinella comune e della legittimazione degli Zingari all’epoca guidati da Franco Bevilacqua, detto “Franchino i Mafalda”», dice Catalano.

I fatti sangue

Nel corso dell’attività di indagine, vengono anche ripercorsi alcuni fatti di sangue consumati a Cosenza e nell’hinterland bruzio. Dal duplice omicidio Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci, all’ omicidio di Luca Bruni fino ai ferimenti di Salvatore Muoio e Rocco Abbruzzese detto “Pancione” «ferito ad una gamba da Marco Abbruzzese».
Inoltre vengono annotati il rinvenimento di un arsenale di armi datato 7 febbraio 2018 all’ultimo lotto di via Popilia a Cosenza, sotto l’abitazione dei fratelli Abbruzzese.

L’assetto strutturale della Confederazione

All’esito dell’attività di indagine, la Polizia ha ricostruito l’esistenza – grazie anche alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia – di una «Confederazione criminale facente capo ai gruppi degli “Italiani” e degli “Zingari” con la presenza di sottogruppi». Catalano cita i presunti gruppi gravitanti nell’orbita criminale bruzia.
«Gli “Italiani” guidati dal sodalizio Lanzino-Ruà-Patitucci e coadiuvati dai sottogruppi guidati dall’esponente di vertice e quindi quelli che fanno riferimento a Roberto Porcaro, Mario Piromallo, Salvatore Ariello, Michele Di Puppo e in quota “zingara” gli Abbruzzse-Banana, il gruppo degli ex “Rango-Zingari” e il gruppo guidato da Antonio Abruzzese alias “Strusciatappine”». A questi si aggiungono i gruppi dell’hinterland: i gruppi Chirillo e quello che fa riferimento alla famiglia Presta, al centro del procedimento scaturito dall’inchiesta denominata “Valle dell’Esaro”.
Su quest’ultimo gruppo, interviene in sede di controesame l’avvocato Lucio Esbardo. La richiesta al teste è riferita alla presunta esistenza del gruppo Presta. La cattura di Luigi Abbruzzese porta gli investigatori ad avere contezza della presenza nell’hinterland bruzio di altri presunti sodalizi criminali tra i quali quello che farebbe capo alla famiglia Presta. E’ l’avvocato Luca Acciardi a prendere la parola per chiedere al teste delucidazioni in merito al procedimento Valle dell’Esaro (in corso dinanzi al tribunale di Cosenza e he il teste ha definito «una costola di “Reset”». Chi sono i promotori del gruppo Presta? Chiede il legale e il teste risponde: «Francesco Presta e Francesco Ciliberti sono i capi». Nell’inchiesta in corso a Cosenza non viene menzionato Franco Presta, il cui nome compare invece nel procedimento “Reset” tirato in ballo da collaboratori di giustizia. Come si arriva alla qualificazione della presenza della “Confederazione”? Chiede l’avvocato Acciardi, e Catalano risponde: «ogni pg ha investigato uno specifico gruppo, alcuni soggetti ognuno riconducibile ad una zona o personaggio di riferimento. Tutti però all’esito delle dichiarazioni dei collaboratori e dell’analisi delle risultanze tecniche, agiscono – nella stragrande maggioranza – in questa grande Confederazione. Sono tutti confederati sia nell’attività dei reati fine, come estorsione e usura, e sono in stretto contatto come Michele di Puppo che era in contatto con Antonio Abbruzzese detto “Strusciatappine” nella formulazione richieste estorsive». «Abbiamo registrato interazioni tra personaggi gravitanti nei diversi gruppi, come quanto riscontrato in merito alle interlocuzioni tra Roberto Porcaro e alcuni soggetti degli Zingari». Chi è il capo della Confederazione? continua Acciardi. «Francesco Patitucci», risponde il teste. Il presunto capo della Confederazione è stato scarcerato il 4 dicembre 2019. Prima della sua scarcerazione chi era il capo? «Il reggente (e non il capo) era Roberto Porcaro». Nessun membro del clan degli “Zingari” si è recato da Patitucci? «Nessuno dei “Banana”». Del gruppo Presta? «Nessuno». Il controesame del legale poi si sposta sulla “bacinella”, la presunta cassa comune della mala cosentina. «La bacinella è una suddivisione degli introiti. Di soldi si parlava sempre, di spartizione e di accordi di Patitucci con altri gruppi, sono stati da lui Antonio Illuminato, Mario Piromallo, Michele di Puppo», sostiene il dirigente della polizia. Il teste riferisce di un servizio di osservazione dell’abitazione di Francesco Patitucci «fino al 2020»: attività utile alle indagini per cristallizzare gli incontri tra vari soggetti indagati nel procedimento.

Il presunto gruppo Di Puppo-D’Alessandro

Il teste ha riferito – per quanto attiene le indagini della Questura – della presenza del gruppo Di Puppo-D’Alessandro, una attività eseguita «da agosto 2018 fino agli inizi del 2020». Quanti incontri si sono verificati tra Di Puppo e D’Alessandro? Chiede l’avvocato Gianluca Garritano. «Avevamo un monitoraggio parziale di Di Puppo, D’Alessandro è stato intercettato in maniera più approfondita. Non so se ci sono stati incontri», chiosa il dirigente della Polizia.


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