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Pensioni, ecco cosa rischia la Calabria

Oltre il 40% dei residenti è composto da pensionati, molti a basso reddito. Precarizzazione del lavoro e crollo demografico ipotecano anche il futuro

Pubblicato il: 03/12/2023 – 12:30
di Roberto De Santo
Pensioni, ecco cosa rischia la Calabria

CATANZARO L’inverno demografico che come un vento gelido sta sferzando la Calabria getta una lunga ombra sul futuro prossimo della regione. Anche in termini di reddito prodotto e conseguentemente dell’importo previsto per le pensioni. Tema quest’ultimo al centro dei roventi scontri politici sulla manovra in corso del Governo.
Un fenomeno quello del calo della popolazione calabrese che sembra ineluttabile e che coniugato ad un mercato del lavoro asfittico e ad un diffuso basso reddito pro capite, finisce per divenire un detonatore capace di innescare una bomba sociale per il territorio.
La denatalità assieme alla fuga dei giovani – soprattutto quelli con alti skill – stanno portando ad un’emorragia delle forze migliori. Con ripercussioni pesantissime già nella fase attuale della vita economica della regione che vede uno sbilanciamento generazionale a favore di un alto numero di anziani rispetto a quanti dovrebbero contribuire a creare reddito. Un quadro pesante per la regione che, stando ai calcoli dell’Istat, dovrebbe ancor più peggiorare. Gli analisti stimano che nel 2070 i calabresi saranno un terzo in meno e soprattutto ci saranno il 40% in meno di giovani tra i 18 ed i 19 anni: cioè quelli che potenzialmente dovrebbero affacciarsi al mondo della formazione e del lavoro.  Depotenziando la capacità di creare reddito e dunque accantonare contributi pensionistici.

Il pesante quadro critico demografico

Fonte: Istat

Ma già oggi il quadro è critico per la Calabria con un vero e proprio crollo demografico che registra uno dei tassi più alti di diminuzione della popolazione. Stando alle ultime elaborazioni dell’Istat, è infatti tra le regioni in cui si è persa più popolazione in un anno. Con un tasso di decrescita del -7‰. In termini numerici la Calabria è passata da 1.860.601 residenti del gennaio 2021 a 1.855.454 del 2022. Un numero che è ancor di più diminuito, visto che dai dati provvisori rilasciati dall’Istituto nazionale di statistica, ad agosto scorso si contavano 1.833.973 residenti: indicando una flessione di 1,16 punti percentuali in 8 mesi. Un trend negativo dunque che dura da tempo e sembra anche accentuarsi, visto che in dieci anni la Calabria ha già perso il 5,3 per cento della popolazione.

Quel che preoccupa maggiormente è l’esodo dalla region che si somma al saldo naturale della popolazione anch’esso con numeri negativi: 9.892 calabresi in meno tra nascite e decessi.
Stando alle elaborazioni provenienti sempre dall’Istat, la Calabria registra – assieme alla Basilicata – il più alto tasso di trasferimenti fuori dalla regione. Nel 2022, il tasso migratorio interno ha registrato un saldo negativo del 5,5‰, davanti al Molise (-4,7‰) e alla Campania (-4,3‰). E ad andare via sono soprattutto i soggetti in età lavorativa – quelli nella fascia tra i 18 ed i 39 anni – che riducono così la capacità reddituale complessiva della regione e con essa la ricchezza presente in Calabria. Nell’ultima elaborazione diffusa dall’Istat, in un anno si sono trasferiti verso altre destinazioni quasi duemila calabresi di quella fascia di età: per l’esattezza 1.109 uomini e 838 donne. Numeri che si riflettono sulla forza lavoro presente in Calabria che per effetto proprio dell’esodo diminuisce sensibilmente con ripercussioni sulla produttività complessiva della regione e sulla capacità di creare ricchezza diffusa.

Bassi redditi e mercato del lavoro asfittico

Il pesante divario reddituale con il resto del Paese ed un mercato del lavoro che registra i più alti tassi di disoccupazione e di persone occupate si riflette anche sulle pensioni presenti e future. Basti ricordare che la Calabria occupa ormai stabilmente da anni gli ultimi posti nella graduatoria per salari medi: con 26.631 euro è penultima tra le regioni italiane. Un dato che sommato al basso reddito pro capite prodotto in un anno (appena 17.100 euro contro i 28.500 euro medi nazionali ed i 18.500 euro del Sud), pone la regione in una posizione di estrema fragilità economica.
Una situazione complessa generata dall’incapacità di generare occasioni di sviluppo del territorio con la conseguente crescita del tasso di occupazione in Calabria. Sotto questo aspetto, il mercato del lavoro registra un incremento della disoccupazione raggiungendo nei primi sei mesi dell’anno il 16,8% contro il 14,6% del 2022. Mentre l’incremento del tasso degli occupati in Calabria è dettato, da un verso dalla riduzione della popolazione calabrese residente in età lavorativa – che ha conseguentemente ridotto la base di calcolo della forza lavoro – e dall’altro dall’incidenza del lavoro autonomo cresciuto in sei mesi di circa il 7%.
Aspetti che finiscono per ripercuotersi sul già basso livello medio delle pensioni compromettendo anche nel futuro una delle fonti maggiori di reddito presenti in Calabria. Basti considerare che, stando agli ultimi dati censiti dall’Istat, a fronte di una retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti pari nel 2019 a 12.774 euro, in Calabria l’importo medio annuo pro-capite dei redditi pensionistici era pari a 16.566 euro. Un aspetto che dà la cifra di quanto influisca il dato pensionistico rispetto ai redditi complessivi prodotti in Calabria.

Sempre più pensionati

Dai dati dell’ultimo rapporto dell’Inps emerge quanto ormai incida il tasso di pensionati sulla popolazione calabrese. Calcolando il numero di soggetti che hanno percepito nel corso del 2022 una indennità pensionistica Inps, risultano 492.302 soggetti.
Si tratta cioè di oltre un quarto della popolazione complessiva (esattamente il 26,53%). Un dato elevatissimo che non tiene conto di quanti altri soggetti sono percettori di una pensione non gestita direttamente dall’Istituto nazionale di previdenza sociale.
Se a questi si aggiungono gli altri, il numero sale (secondo le elaborazioni effettuate dalla Cgia di Mestre) a 755mila prestazioni, cioè oltre quattro calabresi su dieci sono rappresentati da pensionati (esattamente il 40,69% del totale della popolazione).
Un dato sconvolgente che se paragonato a quanti soggetti nella regione risultano occupati, dimostra il peso specifico della popolazione che vive di sostegni in Calabria rispetto alla parte attiva: 529mila occupati contro appunto, 755mila pensionati. Una differenza di 226mila persone che “pesano” sul saldo complessivo tra pensionati e lavoratori e che pongono la regione al terzo posto in assoluto di questa classifica. Conseguentemente tutte le province calabresi si collocano agli ultimi posti nel saldo tra lavoratori e pensionati che vivono nei territori, con il Reggino che, con una differenza negativa di 85mila soggetti, è quinto precedendo di due posizioni il Cosentino (-73mila persone). Uno squilibrio destinato ad incrementarsi appunto per effetto dell’esodo dalla regione e dal fenomeno della denatalità che finirà per incrementare il popolo dei pensionati con un aggravante in più: la riduzione dell’assegno medio percepito.

Poveri da giovani ed ancor più da anziani

L’incremento dell’occupazione precaria assieme ai bassi redditi percepiti mediamente da chi si affaccia al mondo del lavoro in Calabria, riduce sensibilmente il tenore di vita soprattutto delle nuove generazioni. E conseguentemente limita la possibilità di godere di pensioni dignitose. Una situazione che emerge già dall’ultimo rapporto dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps). Nel confronto tra le pensioni medie percepite in Calabria rispetto al resto del Paese, infatti emergono differenze sensibili. Soprattutto per lavoratori autonomi e parasubordinati. Prendendo a parametro quanto corrisposto nel 2022 (ultimo dato disponibile) nel rapporto risulta che mentre un lavoratore autonomo calabrese ha percepito per anzianità un’indennità pari a 1.108,33 euro (se di sesso maschile) e a 833,78 euro (se di sesso femminile), in Italia la media sale rispettivamente a 1.382,27 euro e 982,53 euro. Una differenza che risulta anche tra i dipendenti pubblici, visto che la pensione media da anzianità ammonta in Calabria a 1.323,86 euro tra gli ex lavoratori e a 1.010 euro tra le colleghe contro i 2.239,65 euro dei pensionati italiani e i 1.607,19 euro erogati alle pensionate.
Una sperequazione territoriale che segnala anche un divario di genere e che si traduce in un impoverimento già avvertito tra quanti percepiscono attualmente un’indennità previdenziale.
Una situazione che nel tempo si è cristallizzata determinando – anche sotto questo profilo -l’ennesima stortura ai danni dei calabresi. A certificarlo per ultimo, il recente report dell’Istat.


Ben il 14,8% dei pensionati percepiscono un basso importo, un dato molto al di sopra della media nazionale che si ferma al 9,6% ed anche di quanto ricevono mediamente i lavoratori a riposo nel sud Italia: 13,8%. Un quadro destinato solo a peggiorare – se non verranno introdotti robusti correttivi – conseguentemente alle criticità dimostrate dall’attuale contesto economico che vive la regione e che la riforma delle pensioni – orientata nel futuro ad un sistema contributivo – finirà solo per rendere ancor più delicato. (r.desanto@corrierecal.it)

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