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Enzo «il calabrese» e quel deposito di armi e droga nella cantina di un medico ad Anzio

L’episodio rivelato nel corso dell’ultima udienza del processo “Tritone” al clan ‘ndranghetista Gallace-Madaffari

Pubblicato il: 07/12/2023 – 16:34
Enzo «il calabrese» e quel deposito di armi e droga nella cantina di un medico ad Anzio

ROMA Nell’ ultima udienza del processo ‘Tritone’ al clan ‘ndranghetista Gallace-Madaffari, che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei comuni del litorale romano di Anzio e Nettuno, è emersa una vicenda inquietante e finora sconosciuta. Il fatto riguarda la testimonianza, come persona informata sui fatti, di un medico dell’ospedale di Anzio, di nome Fernando G. C., al quale, in una perquisizione del carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci in un seminterrato di via Rosario Livatino a Nettuno vennero ritrovate armi, proiettili, hashish, un bilancino di precisione e un macchinario per il sottovuoto. Durante l’esame in aula, in medico ha spiegato, di aver ceduto le chiavi di quel locale al suo amico Vincenzo, “Enzo” Italiano, calabrese e uomo di fiducia del boss Bruno Gallace, ‘padre’, secondo le indagini dei carabinieri della ‘ndrina autonoma dalla “madre patria” di Santa Cristina d’Aspromonte. 
 Il pubblico ministero, Giovanni Musarò durante la testimonianza gli ha domandato: “Un professionista come lei… Prima di Anzio dov’era?”. “A Roma”. “Lei è calabrese, non sapeva da quale famiglia veniva Italiano?”. “Sapevo che aveva problemi”, risponde. “Che problemi?”. “A Rosarno, problemi per motivi vari”. “Ma li immagina questi problemi?”, insiste il pm. E alla fine Costanzo si fa più esplicito: “Sì non sono scemo… sono legati alla ndrangheta. Pure la madre è stata costretta ad andarsene da Rosarno, il padre fu ucciso”.
“E da chi lo ha saputo?”. “Dall’infermiera che me lo presentò ma lei ora è morta”, la replica del dottore. “E uno così le chiede di fare da padrino, ma lo sa che lavoro faceva?”, batte sul punto il pm. “Io sapevo… il parquettista”. “E in realtà?”. “In realtà no… si arrangiava…”.
Il blitz nella cantina di via Livatino avvenne alla fine del novembre 2019, prima dell’ operazione Tritone che portò all’arresto di 65 persone e al commissariamento dei Comuni di Anzio e Nettuno. Per quell’episodio il medico è stato indagato e condannato per la detenzione dei proiettili. In aula, il professionista ha anche risposto alle domande sottolineando che il rivendicava una presunta sparizione di droga dalla cantina. In particolare un “albanese grosso grosso” pretendeva mezzo chilo di coca o ventimila euro.

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