REGGIO CALABRIA È stata prorogata di novanta giorni la scadenza per il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che ha visto imputato l’ex sindaco di Riace Domenico Lucano. La sentenza pronunciata lo scorso ottobre ha visto la drastica riduzione della pena che era stata inflitta dal Tribunale di Locri nell’ambito del processo in primo grado scaturito dall’inchiesta Xenia. Da 13 anni e due mesi di reclusione si è passati un anno e sei mesi (con pena sospesa) dalla Corte d’Appello reggina per una «residua ipotesi di falso su una determina», pena sensibilmente inferiore anche rispetto alla richiesta della Procura generale (10 anni e 5 mesi).
Si era, dunque, concluso con un totale ribaltamento della sentenza di primo grado il secondo capitolo giudiziario scaturito dall’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza basato sull’accusa di aver utilizzato i fondi destinati all’accoglienza dei migranti per «trarre vantaggi personali». Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Queste, a vario titolo, le accuse della Procura di Locri che, attaccando in toto il sistema di accoglienza messo in piedi nel borgo della Locride, lo avevano di fatto smantellato. Accuse che i difensori di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, hanno nel corso del dibattimento rigettato, sottolineando come quella di Lucano fosse una «innocenza documentalmente provata». Nel corso delle arringhe finali i legali dell’ex avevano chiesto alla corte di ribaltare la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che aveva motivato la sentenza in 900 pagine definendo Lucano «dominus indiscusso» del sistema messo in piedi a Riace per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.
Adesso arriva la proroga per il deposito delle motivazioni: il «procedimento in questione – scrive il giudice Davide Lauro, componente del collegio della Corte d’appello, motivando così la decisione – si caratterizza per la non comune complessità e la delicatezza delle vicende trattate». Il processo che ha visto imputato Mimmo Lucano «esige una attenta e analitica ricostruzione degli elementi di prova, di natura intercettiva e dichiarativa, oltre che della poderosa produzione documentale delle difese, oltre che la risoluzione di diverse questioni giuridiche, sia sul piano procedurale sia in punto di esatta qualificazione giuridica delle condotte contestate». Il giudice, nelle motivazioni sottolinea inoltre le «difficoltà dell’ufficio acuitesi per effetto della ulteriore scopertura dell’organico con ulteriore rallentamento delle attività e alimentazione di un carico di lavoro oramai non più sostenibile». (m.r.)
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