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La Strage di Bologna, il processo al “quinto uomo” ed ex killer di ‘ndrangheta

L’udienza in Appello è fissata il 31 gennaio 2024. Paolo Bellini, è stato condannato in primo grado all’ergastolo

Pubblicato il: 11/01/2024 – 7:30
di Fabio Benincasa
La Strage di Bologna, il processo al “quinto uomo” ed ex killer di ‘ndrangheta

BOLOGNA L’orologio per molti si è fermato alle 10.25 di sabato 2 agosto 1980. La lancetta interrompe la vita frenetica di chi si trova in quel momento nei pressi della stazione ferroviaria di Bologna Centrale, scossa da un enorme boato. La polvere si alza, una bomba esplode, l’attentato si compie e uccide 85 persone: oltre 200 i feriti. Tra i sopravvissuti c’è chi si domanda, ancora oggi, il perché una calda giornata estiva si sia trasformata in un inferno rosso. Una delle pagine più buie nella storia del nostro Paese e con molti aspetti ancora avvolti nel mistero.

Il nuovo processo

«Io ero interno alla cosca, ero consigliere di Vasapollo fino a quando non è stato ucciso. Poi dopo è cambiato tutto e sono diventato un killer». A parlare è Paolo Bellini, ex avanguardista di destra e killer di ‘ndrangheta reo-confesso di vari omicidi, nel corso del suo lungo interrogatorio nel corso del nuovo processo sulla Strage del 2 agosto 1980. Che lo vede imputato per concorso nell’attentato. è considerato il “quinto uomo” della Strage.
La prima udienza del processo d’appello a suo carico è fissata il 31 gennaio del 2024, alle 9.30, la Corte ha calendarizzato anche le altre udienze, che si svolgeranno nei giorni 7, 14 e 21 febbraio ed eventualmente i primi tre mercoledì non festivi di ogni mese successivo. Oltre all’ex terrorista e killer di ‘ndrangheta, il 31 gennaio torneranno a processo anche l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio, e condannato in primo grado a 6 anni e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a 4 anni. Bellini è stato condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte di Assise di Bologna. Lo scorso giugno è stato nuovamente arrestato, e si trova attualmente in carcere a Spoleto, per il pericolo che commettesse altri reati dopo aver minacciato l’ex moglie, Maurizia Bonini, e il Presidente della Corte d’Assise, Francesco Maria Caruso.

Chi è Paolo Bellini?

E’ il 21 luglio 2021, quando Silvia Bellini, figlia di Paola, rende una toccante testimonianza nel processo. «E’ stata una mia decisione testimoniare, perché questa vicenda ha scombussolato la mia vita, credo sia giusto dare testimonianza per una cosa così grave, ma soprattutto perché penso alle vittime, al di là di quello che sarà l’esito di questa cosa, nonostante io sono figlia di Paolo Bellini, vado a testa alta perché ho avuto una vita completamente diversa». La teste il giorno della strage aveva solo 9 anni. Da quel momento la sua vita è stata stravolta. In aula ha raccontato di non ricordare nulla del giorno dell’attentato, tantomeno del viaggio fatto in auto con i genitori, il fratello Guido e la cugina Daniela, da Rimini al Passo del Tonale. Ma del dolore provocato da quelle morti ricorda tutto. «Per la mia famiglia è stata una grande sofferenza, mi sono sentita davvero di venire oggi, era più facile non rispondere, ma io ho una coscienza, perché siamo tutti toccati da questa cosa». Ma chi è Paolo Bellini? Per tratteggiare il suo profilo è opportuno partire dal primo omicidio commesso, quello costato la vita ad Alceste Campanile. «Voleva bruciare la mia abitazione, è stato scoperto, non c’è stata la possibilità di chiedergli il perché», dirà Bellini impegnato a riassumere i contorni del primo delitto compiuto. E’ il 1975, la vittima è un militante di Lotta Continua. Da estremista di destra a ‘ndranghetista, da killer delle cosche a pentito: la prima mutazione di Bellini avviene in carcere, la seconda quando si inceppa una 38 Special. La vittima designata è Antonio Valerio, oggi collaboratore di giustizia. Nel 1999 Valerio era sotto accusa: il “tribunale” della ‘ndrangheta lo aveva individuato come concorrente all’uccisione di un capo ‘ndrina. Bellini avrebbe dovuto portare a termine la missione di morte. Ma – mette a verbale nel processo ‘Ndrangheta stragista – «quando vado per dargli il colpo di grazia non parte il colpo, e mentre stavo girando intorno all’automobile per andare a dare il colpo di grazia, ho sentito un forte odore di acido fenico…non riuscivo più neanche a respirare».

Paolo Bellini

«Un killer della ‘ndrangheta»

L’estremista nero si avvicina sempre più agli ambienti grigi della ‘ndrangheta, in carcere la sua mutazione si completa. «Io ero in carcere a Prato per l’omicidio Fabbri. Fabbri era un mio consociato in un furti di opere d’arte. Mi misero in cella questo calabrese, questo signore calabrese, Nicola Vasapollo, che fra l’altro abitava a Reggio Emilia, aveva i parenti a Reggio Emilia». Con Vasapollo si instaura «un rapporto di scambio. Siccome era di Reggio, mi conosceva bene, e lui sapeva di me e dei miei trascorsi e dalla mia vita, io sapevo che lui era… e me lo disse lui che era con i Dragone, il clan Dragone inizialmente». Bellini però si ritiene truffato dal terzo che faceva i furti con lui e Fabbri e per questo decide di farlo fuori. Lo sgarbo andava pagato con il sangue. «Fabbri l’ho ucciso (…) e con Vasapollo eravamo rimasti d’accordo in questo senso: io ti faccio il tuo, lui voleva vendicare la morte di suo fratello, morto ingiustamente, trascurato, da parte di uno dei suoi consodali, e lui mi avrebbe tolto questo sassolino. Questo era l’accordo che noi avevamo, uno scambio di omicidi». Paolo Bellini non sarà mai “battezzato”, ma non fatica ad ammettere di essere diventato un uomo di ‘ndrangheta: «Ho commesso omicidi per loro, ho recuperato droga a Milano, recuperavo la droga, la cocaina per loro, certo che sì».

I mille volti

Paolo Bellini è un uomo dai mille volti. Nel 1976 diventa latitante per sfuggire ad un mandato di cattura per tentato omicidio: si rifugia in Sudamerica, per ricomparire in Italia nel 1981 con il falso nome e l’identità brasiliana di Roberto Da Silva. Nel 1983, viene indagato la prima volta per la strage di Bologna, ma sarà in seguito scagionato. Conosce il pentito Giovanni Brusca che lo indica come “suggeritore” della strategia per colpire i monumenti.

Nel 2019, quando i magistrati della Procura generale chiedono e poi ottengono la revoca del proscioglimento disposto dal Tribunale bolognese il 28 aprile 1992, in relazione alla strage della stazione, Bellini lavora come pizzaiolo nel Lazio sotto falso nome dopo essere uscito dal programma speciale di protezione. Poi il rinvio a giudizio e l’inizio del processo nell’aprile del 2021: «Mi sento come Sacco e Vanzetti», commenta prima di entrare in aula. La Procura generale smonta il suo alibi che aveva retto 40 anni e la ex moglie lo riconosce in un video amatoriale girato in stazione la mattina del 2 agosto 1980, subito dopo l’esplosione. Il 6 aprile 2022 viene condannato all’ergastolo, in primo grado. E adesso, il nuovo processo e un altro capitolo tutto da scrivere.
(f.benincasa@corrierecal.it)

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