Dalla latitanza di Papaianni al debito per una partita di cocaina: i rapporti ad alta tensione tra catanzaresi e vibonesi
Nell’inchiesta della Dda ricostruiti i rapporti tra il gruppo capeggiato da Longo e quello attivo tra Vibo e Tropea. Poco più di 30mila euro non pagati hanno (quasi) rovinato tutto

CATANZARO Un gruppo attivo in una «stabile, vasta e proficua attività di spaccio» che vantava anche rapporti con alcuni soggetti vibonesi. È uno degli elementi emersi nell’inchiesta “Secreta Collis” della Distrettuale antimafia di Catanzaro che ha emesso 20 fermi di indiziato di delitto. Del gruppo catanzarese – secondo i pm – farebbero parte Massimo Longo, Francesco Agostino, Vittorio Gentile e Raffale Iiritano, tra i fermati, e in contatto proficuo con il gruppo vibonese composto, invece, da Gaetano Muscia, attualmente in carcere, Santina Pasqualone (cl. ’74) e Christian Papasidero (cl. ’86), «dediti allo spaccio di cocaina» e inclusi nell’elenco delle persone indagate dalla Dda. Muscia, in particolare, era già rimasto coinvolto nell’operazione “Black Money” perché considerato «legato alla cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi».
Vibonesi e catanzaresi
Gli inquirenti, nello specifico, sono riusciti a ricostruire una fase di forte tensione nei rapporti tra i catanzaresi e i vibonesi, determinata dall’ingente debito accumulato dai primi nei confronti dei secondi, di circa 30mila euro, connesso all’acquisto di partite di cocaina da spacciare. Numerose le conversazioni captate dagli inquirenti, in particolare tra Longo e Pasqualone, compagna di Muscia. L’intenzione di Longo, secondo gli inquirenti, era anche quella di fissare un incontro con entrambi. Inoltre, l’auto di Pasqualone, era stata segnalata dal sistema per la lettura delle targhe proprio a Catanzaro il 24 giugno 2021. In quell’occasione verranno fermati e controllati, constatando la presenza a bordo della donna e del compagno, Gaetano Muscia. Qualche giorno dopo, il 28 giugno 2021, la Polizia Giudiziaria documenta poi un incontro avvenuto tra Longo, Muscia e Pasqualone, nell’area retrostante del bar gestito da Raffaele Iiritano. I rapporti tra i tre, dunque, sono costanti e rimangono tali anche dopo l’arresto – avvenuto per un ordine di esecuzione pena – l’1 luglio 2021 di Gaetano Muscia.

La tensione
Le conversazioni tra Longo e Pasqualone, però si fanno più accese, con la donna che, con tono intimidatorio, «gli ordina di saldare un debito di droga contratto con il compagno» si legge nel fermo. «Santi’ statti calma non ti arrabbiare… ascoltami un attimo … che ti… non ti preoccupare che… ascoltami, è venuto adesso mi ha portato mille euro, mi segui? Dice che domani sera mi porta gli altri… mi puoi girare intanto…» dice Longo al telefono ma Santina Pasqualone non sente ragioni: «Massimo! Massimo! Massimo!» risponde urlando «mi hai fatto fare a mio cugino ad andarsene senza i soldi! Ma vi rendete conto!?» «ma vi rendete conto in quale situazione mi avete messo, che mi state facendo prendere umiliazioni di tutte le maniere!» «no no no! Massimo io non ho più tempo! Io tempo non ne ho più! Forse non avete capito!». E ancora: «Io voglio raccolti tutti i soldi! Tutti, fino all’ultimo centesimo che non ce la faccio più», scrivono i pm nel fermo.
Gli impegni disattesi
Secondo quanto riportato nel fermo, Longo si sarebbe così attivato a contattare alcuni debitori con lo scopo di recuperare parte del denaro dovuto ai vibonesi. Non riuscendoci, però, avrebbe cercato di organizzare un incontro contattando Christian Papasidero «intermediario di quei soggetti» scrivono i pm e che «aveva dimostrato piena padronanza e disinvoltura nella gestione delle trattative legate alla questione che aveva messo in contrapposizione vibonesi e catanzaresi». Papasidero aveva invitato Longo a raggiungerlo nella zona di Tropea, fornendogli le indicazioni stradali necessarie. Ma «sebbene Longo e il sodale Iiritano fossero di fatto giunti in territorio vibonese, non risulta abbiano rispettato gli impegni presi», scatenando ancora una volta le ire di Santina Pasqualone. «(…) è andata a prestarsi una macchina per venire a Catanzaro rispondigli che succede l’Africa stasera, rispondigli sentimi a me!» dice al telefono Papasidero a Longo. «Santi’, ti fai spiegare da Christian cosa sono venuto a fare!? Te lo fai spiegare? Sono andato apposta per parlargli che ero di strada…» prova a spiegare Longo al telefono ma la donna, anche stavolta, non sente ragioni: «Tutto il rispetto per Christian che andrei alla morte per Christian, ma i problemi ce li ho io, ce li ho io, non ce l’ha nessuno». Longo e Iiritano sono sotto pressione, si recano a Vibo il 23 agosto 2021 «con l’utilizzo di due diversi veicoli» si legge nel fermo «allo scopo di ripianare i rapporti incrinati e acquistare una nuova partita di droga». Il giorno seguente è invece Papasidero a contattare Longo. «(…) ascoltami, vedi che ti hanno mandato a dire dalla regia… che l’ultimo giorno utile per te è venerdì pomeriggio alle tre… tutto ha detto che vuole! Se no ha detto che si parte alle tre e mezza e viene a Catanzaro… vedi che l’ho dovuta portare a Tropea per venire a mangiare con me per calmarla, vedi che tu non hai neanche l’idea!».
La “fuga” a Bologna
A causa dell’ingente debito contratto dal sodalizio di Massimo Longo con i fornitori vibonesi per le partite di droga ricevute, i rapporti di natura illecita tra questi si erano interrotti, tanto da indurre Longo a trasferirsi per un certo periodo nella città di Bologna a novembre 2021. Comportamento che non era certo sfuggito ai vibonesi che provano comunque a contattarlo attraverso altri soggetti intermediari. «(…) da Tropea, da Vibo, mi hanno detto che vogliono Vittorio e Massimo, urgentemente! Sono andati pure a casa a Mater Domini perché gli hanno dato appuntamento su Roma e gli hanno “calato il pacco”» dirà uno di loro in una conversazione intercettata dalla polizia giudiziaria, «gentilmente di farsi vedere o di farsi sentire perché li stanno cercando in tutta Italia».

La latitanza di Papaianni
Insomma, un rapporto incrinato nonostante, in passato, lo stesso Longo si sia adoperato per i vibonesi per favorire la latitanza di Agostino Papaianni, «ricercando e individuando un alloggio, presso il quale il latitante trovava rifugio, esibendo documenti falsi, portandogli quotidianamente viveri». Questa l’accusa che la Distrettuale antimafia di Catanzaro ha mosso nei suoi confronti. Papaianni, nel frattempo condannato in primo grado a vent’anni di carcere nel processo Rinascita-Scott, considerato co-organizzatore della articolazione attiva nel territorio di Ricadi e di Tropea, operando in costante collegamento con la consorteria di Limbadi, è stato poi individuato e arrestato il 15 giugno 2021 in località Janò di Catanzaro. Secondo l’accusa, Massimo Longo, «considerato il contesto criminale in cui quotidianamente operava» scrivono nel fermo i pm «e il fatto che condivideva traffici illeciti, inerenti allo spaccio di grossi quantitativi di cocaina con Gaetano Muscia, soggetto legato da un punto di vista criminale proprio a Papaianni» non c’è alcun dubbio che lo stesso Longo «fosse perfettamente a conoscenza dello spessore criminale di Agostino Papaianni e della sua latitanza». Questo, peraltro, è un aspetto fondamentale emerso dall’inchiesta “Secreta Collis”, sottolineato in conferenza stampa dal procuratore Capomolla. Seguendo la pista del favoreggiamento della latitanza di Papaianni, gli inquirenti sono riusciti a raccogliere i primi indizi legati all’esistenza di due gruppi criminali attivi a Catanzaro dediti allo spaccio di droga e al traffico di armi anche da guerra. (g.curcio@corrierecal.it)
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