Il racconto è dolore ma anche il silenzio è dolore diceva Eschilo. E dinanzi alla morte di Rosamaria Principe, giovane e solare mamma, ogni parola è inopportuna. Lo è per una mamma che l’ha generata, per il marito, per una piccola bambina rimasta sola, per la sorella.
Lo è per Sandro Principe, la cui vita, negli ultimi vent’anni, sembra somigliare a quella di Giobbe. Un attentato dal quale rimase miracolosamente vivo, l’arresto ingiusto per un’accusa infame da cui è stato assolto e oggi questo immane e innaturale colpo al cuore, il più brutto in assoluto.
Non è il luogo per raccontare la vita di Sandro, le sue qualità politiche riconosciute da tutti, le sue battaglie vinte e perse.
Eppure, la sua vita e quella di altre importanti famiglie politiche della città e della regione sembra essere stata segnata proprio dal dolore, come se il destino non volesse perdonare tanto talento.
Ciò che si può dire oggi a Sandro sarebbe solo retorica o, per chi ha la fortuna della fede, consolazione.
Ma sarà importante che dopo, portando sulle spalle il peso di questa privazione, Sandro resti aggrappato alla vita e continui a fare politica. Con la rabbia di Nanni Moretti ne La stanza del figlio, con quella voglia di non arrendersi prima alle avversità della vita. È una cosa difficile ma va fatta. Conoscevo poco Rosamaria ma era davvero dolce e fu entusiasta quando venne emessa quella sentenza di assoluzione per Sandro.
Ora è il tempo del dolore e della rassegnazione ma poi avremo ancora bisogno di Sandro. Della sua lucidità, del suo ricordo di una figlia che non vorrebbe mai vederlo arrendersi prematuramente. Verrà quel giorno, per riprendere a vivere con fatica. Rinascendo, la forma di miracolo vivente più significativa che ci sia. Nel nome di una figlia e per un amore che non dovrà spegnersi.
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