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l’indagine

Lo spaccio di marijuana nel Lametino e la chat scoperta su WhatsApp: «Questo è un gruppazzo di quello serio»

Tutto nasce dal primo arresto di un appartenente avvenuto a Curinga nel 2019 e il gruppo “Cannabinoidi” trovato sull’app di messaggistica

Pubblicato il: 06/02/2024 – 11:09
di Giorgio Curcio
Lo spaccio di marijuana nel Lametino e la chat scoperta su WhatsApp: «Questo è un gruppazzo di quello serio»

LAMEZIA TERME Un nuovo blitz coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha colpito le attività di produzione e spaccio di droga in una vasta porzione di territorio, che comprende città come Lamezia Terme e paesi dell’entroterra lametino come Pianopoli, Serrastretta, Feroleto Antico e Curinga.

Il primo arresto di Bova e la chat di WhatsApp

Un’inchiesta nata dall’arresto di Francesco Bova, classe 1971, avvenuto proprio a Curinga il 18 agosto 2019, eseguito dai carabinieri della Stazione di Girifalco e del locale Nucleo Operativo. Le accuse nei suoi confronti erano legate alla gestione di una coltivazione di cannabis indiana, 332 piante, la detenzione di circa 3 chilogrammi di marijuana e il porto illegale cli un’arma da fuoco, un revolver Taurus, con matricola abrasa, calibro 38 special completa di munizionamento nel tamburo. In quell’occasione i militari hanno anche sequestrato il telefono cellulare di Bova, poi sottoposto ad analisi tecnica. L’estrapolazione dei dati, in particolare quelli legati alla messaggistica istantanea effettuata tramite l’applicazione WhatsApp, ha permesso di individuare una chat di gruppo denominata “Cannabinoidi”, creata il 23 luglio 2019 da Giovanni Roberto (cl. ’79), amministratore del gruppo. Tra i partecipanti alla chat di gruppo individuati dai Carabinieri c’erano, oltre a Francesco Bova, anche altri soggetti, denominati in vario modo nella rubrica, ma individuati, tramite le rispettive utenze, negli odierni indagati Giuseppe Bova (cl. 1994), figlio di Francesco, Concetto Trovato (cl.1966) e lo stesso Giovanni Roberto. Il primo messaggio inoltrato sulla chat era quello della data di creazione, un audio trasmesso da Giovanni Roberto che spiega ai partecipanti il contenuto delle future conversazioni con una frase dal tenore esplicito: «(…) che questo è un gruppazzo di quello serio, ci siamo solo noi, solo la pampina…».

I termini “artefatti”

L’indagine condotta dai militari, dunque, ha consentito di accertare, riporta il gip nell’ordinanza che i partecipanti «erano soggetti gli uni gli altri legati in una attività comune di spaccio di sostanza stupefacente di tipo, in particolare, marijuana». Una comunione di intenti esplicitata dal tenore delle conversazioni, farcite di termini palesemente criptici ed artefatti, «con un uso finalizzato ad occultare gli effettivi interessi, chiaramente riportabili proprio alla sostanza illecita». In particolare, gli inquirenti hanno individuato l’uso di frasi senza senso immediato e decontestualizzato che ne tradivano il contenuto, mentre gli interlocutori ne capivano subito il senso, «rispondendo in maniera coerente circa incontri ed azioni future» annota il gip nell’ordinanza. Tra i termini più frequenti c’erano “bambola”, “caffè”, “formaggio”, “tagliare le unghie alle capre”, “preventivo per un pavimento”, “fare benzina“, riscontrando l’assenso diretto degli altri appartenenti alla chat, tradendone in alcuni casi il tono criptico con toni invece espliciti al telefono.

La ricostruzione dei vertici

L’indagine dei militari, coordinata dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro, attraverso il monitoraggio dei vari soggetti in contatto con Bova, ha permesso di far luce sul coinvolgimento dei vari indagati sempre più stretto e addentrato negli affari illeciti. Ruolo di prim’ordine quello ricoperto, scrive il gip, da Giovanni Roberto, creatore e amministratore del gruppo di messaggistica, nonché Giuseppe Bova che funge da contatto fra il padre e tutti gli altri sodali. C’è poi Concetto Trovato, l’effettivo capo al vertice del gruppo. I soggetti sono anche legati poiché Trovato e Bova sono rispettivamente suocero e genero. (g.curcio@corrierecal.it)

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