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La riflessione

La scuola non si governa col codice penale

Se c’è un settore della vita collettiva dove il Codice penale dovrebbe stare lontano questa è la scuola; la frequentano milioni di ragazzi e ragazze che vanno educati ed istruiti usando la raziona…

Pubblicato il: 14/02/2024 – 0:50
di Alfonso Lorelli*
La scuola non si governa col codice penale

Se c’è un settore della vita collettiva dove il Codice penale dovrebbe stare lontano questa è la scuola; la frequentano milioni di ragazzi e ragazze che vanno educati ed istruiti usando la razionalità, il sapere, la capacità comunicativa di conoscenze e valori, il rapporto umano, mai il codice penale. Le punizioni per i vandali che durante le occupazioni distruggono beni comuni vanno comminate, ma devono sempre essere punizioni educative, finalizzate non alla criminalizzazione ma alla rieducazione. Queste punizioni esistono già, anche se alcuni genitori incapaci di capire, spesso si recano a scuola per inveire contro docenti e dirigenti che le comminano; questi sì da sottoporre al rigore del codice penale.
Il Ministro dell’Istruzione Valditara però non sembra essere della stessa opinione, evidentemente non ha fatto l’insegnante, non ha mai governato una classe o una scuola, non ha memoria lunga, assolutamente necessaria per capire le complessità ed i problemi dell’educazione e dell’istruzione di ragazzi, spesso troppo ribelli al limite della rottura violenta del rapporto educativo. Ed ecco che, in linea col suo governo che vorrebbe mostrare il volto truce della repressione, propone che i ragazzi che occupano una scuola, magari qualche scalmanato rompe pure qualche lavagna, vengano puniti col codice penale e vengano anche tutti bocciati, ove nessuno si assuma la responsabilità del danno prodotto. I docenti sanno che quanto propone il ministro è antieducativo ed inapplicabile e che la normativa vigente consente una vita scolastica senza Carabinieri o Poliziotti tra le aule, senza usare il Codice penale.
Nel 1958-69 insegnavo filosofia e storia nel liceo scientifico di Paola. In quella scuola c’era un preside di valore, Luigi De Franco, socialista, già docente di filosofia, uno dei maggiori studiosi, forse il più grande, di Bernardino Telesio e della filosofia Rinascimentale meridionale su cui aveva scritto diversi libri. I suoi consigli erano sempre preziosi; rigoroso e benevolo verso alunni ed insegnanti, odiava la superficialità e l’improvvisazione negli studi e nell’insegnamento. Quando nel 1969 arrivò anche in Calabria ed a Paola l’onda lunga del Sessantotto ed i ragazzi incominciarono ad occupare la scuola, il preside riunì noi insegnanti ed in una animata discussione propose quale atteggiamento bisognava tenere verso i nostri ragazzi occupanti. Disse, più o meno: «Lo scontro muro contro muro non serve a nessuno, non serve ai nostri ragazzi e non serve a noi che dobbiamo educarli. Niente Polizia nella mia scuola. Noi dobbiamo stare con loro nella scuola occupata, dobbiamo parlare, discutere con loro, capire ed aiutarli a capire che cosa stà avvenendo in Italia… partendo da ciò che sta succedendo si possono insegnare anche tutte le discipline… bisogna saperlo fare… si può spiegare Dante anche partendo da Che Guevara…Noi dobbiamo partecipare ai gruppi di lavoro che i ragazzi hanno costituito come “l’Università in Calabria” (che non c’era), “Le tasse scolastiche”, “Educazione sessuale nella scuola”. “Scuola e classe operaia”» .
Il giorno dopo quel preside inviò una circolare con la quale si dava disposizione agli insegnanti di partecipare al lavoro dei gruppi di studio scelti dai ragazzi. La maggioranza degli insegnanti accettò quelle disposizioni; pochi furono quelli che preferirono restarsene nella sala-insegnanti fino al compimento del loro orario giornaliero di lezione. Quei docenti conservatori non si mossero neanche quando i loro studenti denunciarono con un volantino il loro rifiuto a collaborare, accusandoli di non essere capaci di misurarsi con i temi che venivano trattati dai gruppi di studio, il che era vero.
I risultati educativi e formativi, anche istruttivi, furono eccellenti, il rapporto tra docenti e discenti ne uscì rafforzato, anche l’occupazione della scuola venne trasformata in una continuità didattica che forgiò la migliore gioventù di quegli anni; ma dei processi formativi ed istruttivi della scuola il ministro Valditara deve conoscere ben poco se propone l’uso del codice penale in sostituzione dei fondamentali principi educativi  cui sono chiamati i docenti delle scuole italiane ma che spesso vengono disattesi generando o favorendo il ribellismo fine a se stesso che va sempre governato con razionalità, non con la forza. Bocciare gli incapaci ed i vagabondi, gli spacciatori ed i violenti va benissimo, bisogna farlo; bocciare gli occupanti che magari imbrattano le mura della scuola è soltanto frutto di ignoranza ed ipocrita autoritarismo.

*storico e scrittore

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