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l’inchiesta della dda

Camorra e Sacra Corona Unita, nel carcere di Catanzaro i “favori” agli esponenti dei clan Coffa, Contini e Gionta

Dall’inchiesta della Dda emerge il ruolo degli “infedeli” Corasaniti e Sacco. E poi la richiesta di un’auto nuova dallo “zio di Napoli”

Pubblicato il: 16/02/2024 – 6:39
di Giorgio Curcio
Camorra e Sacra Corona Unita, nel carcere di Catanzaro i “favori” agli esponenti dei clan Coffa, Contini e Gionta

LAMEZIA TERME C’erano appartenenti alla Sacra corona unita alla Camorra, ma anche affiliati a Cosa Nostra e alla ‘Ndrangheta. L’elenco dei detenuti nel carcere di Catanzaro “beneficiari” degli aiuti forniti dagli infedeli è lungo. L’inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro ha acceso i riflettori su un sistema ben strutturato all’interno dell’istituto penitenziario che poteva contare sull’apporto – fondamentale – di due infedeli di lusso: Maurizio Corasaniti e Domenico Sacco, rispettivamente assistente del Corpo della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Catanzaro e assistente Capo del Corpo di polizia penitenziaria ma anche del detenuto Gaglianese, addetto alla spesa detenuti, tutti e tre finiti in manette.

Il clan Romano-Coffa

Tra i detenuti c’era – riporta il gip nell’ordinanza – Francesco Soliberto, ristretto dal 5 novembre 2020 presso nel circuito Alta Sicurezza. Soliberto, infatti, è ritenuto «affiliato all’organizzazione criminale “Sacra Corona Unita” e, segnatamente, al clan Romano-Coffa» attivo in particolare nel territorio di Brindisi. La partecipazione al sodalizio secondo l’accusa si desume da diversi spunti investigativi, tra intercettazioni e movimenti sulla carta PostePay. Il 24 agosto 2022, ad esempio, Gaglianese comunica a Soliberto la somma di euro 580 da corrispondere. Una settimana dopo Soliberto chiede a Gaglianese di indicargli l’Iban dove la terza persona avrebbe dovuto effettuare il bonifico. «(…) massimo lunedì, compà però che devo darglieli io sennò». Il 28 settembre 2022 Gaglianese sollecita la consegna del denaro, evidenziando come altrimenti sia costretto a corrispondere personalmente la somma. «Si compa’ per sabato ok salvo complicazione lunedì ce l’hai tu compa’ e chiudiamo tutto compa’ tranquillo». Soliberto replica indicando l’importo che gli avrebbe consegnato, 450 euro, rassicurando Gaglianese che entro sabato avrebbe ottenuto tutto, salvo complicazioni.

cellulari carcere catanzaro

Alla ricerca di un telefonino

«Senti compa’ se domani ti faccio mandare il bonifico di 700 euro me lo trovi uno grande 4g per un mio amico anche se deve aspettare una settimana i soldi». È il 27 settembre 2022 quando il detenuto Soliberto, affiliato alla Sacra Corona Unita contatta Gaglianese, chiedendogli se può vendergli un telefono cellulare. Gaglianese replica che non è possibile e che il cambio al vertice della direzione della Casa circondariale rende molto difficile la gestione di tali traffici illeciti, ma Soliberto non si scoraggia e chiede di poter acquistare allora un telefono cellulare piccolo, ricevendo in questo caso una risposta positiva. «(…) e mandamelo a me compa’ che l’ho venduto anche quello compa’ perché per il fatto che non ci sono i grandi vogliono tutti il piccolo adesso».

Il clan Gionta e D’Alessandro

È all’agente Domenico Sacco, invece, che l’accusa – confermata dal gip – contesta di aver rafforzato la sussistenza del clan Gionta e D’Alessandro all’interno del carcere di Catanzaro. In qualità di Capo del Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di Catanzaro, avrebbe introdotto all’interno dell’istituto penitenziario un pacco contenente oggetti illeciti, destinati al detenuto Giovanni Iapicca, ritenuto un esponente di vertice del clan Gionta, storicamente operativo sul territorio di Torre Annunziata. La genesi del clan, i suoi rapporti con le altre organizzazioni criminali, la posizione assunta nella federazione della “Nuova Famiglia” in contrasto alla “N.C.O.” ovvero la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutulo ed i rapporti di affiliazione a “Cosa Nostra” attraverso il clan “Nuvoletta”. Tra i provvedimenti giudiziari più significativi che hanno riguardato il clan Gionta c’è l’omicidio del giovane cronista de “Il Mattino” Giancarlo Siani, ucciso il 23 settembre 1985 con l’intento di tutelare le cointeressenze tra i “Nuvoletta” ed i “Gionta”, nonché per aver paventato la mano degli stessi “Nuvoletta” nella cattura di Valentino Gionta, capostipite dell’organizzazione e catturato da latitante nel giugno del 1985. Iapicca, alias “rangetiello”, è affiliato al clan Gionta con ruolo di sicario ed è stato rinchiuso a Catanzaro dal 28 ottobre 2017 al 18 novembre 2022, dove risulta essere stato detenuto anche Paolo Carolei, elemento di spicco del clan “D’Alessandro”, ritornato in libertà il 28 gennaio 2022.

carcere di catanzaro dda

La macchina nuova dallo “zio di Napoli”

«Trovatemi una macchina, trovatemi una macchina… una macchina discreta, non è che voglio… ma tutti i colleghi camminano con “macchinari” e io puzzo di fame!». In cambio dei “favori” in carcere, Sacco avrebbe ricevuto utilità di vario tipo, come ad esempio la promessa di una macchina nuova e la consumazione, dilazionata nel tempo, di pasti presso un ristorante di Roccelletta di Borgia. «Avete la bontà! Io sono riconoscente!» così Sacco – secondo l’accusa – avrebbe ringraziato. È l’8 agosto 2022 quando è stata captata una conversazione tra Sacco e un uomo che si presentava come “lo zio di Napoli”, il quale informava il proprio interlocutore di trovarsi a Cosenza, chiedendo un incontro. Ed è in questa circostanza che gli inquirenti intercettano la richiesta di Sacco.

I Contini-Bosti

Dalle carte dell’inchiesta della Dda emerge, poi, il ruolo di Maurizio Corasaniti, Assistente del Corpo di Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Catanzaro. Secondo l’accusa – riporta il gip nell’ordinanza – Corasaniti si sarebbe impegnato, con un soggetto rimasto non identificato, domiciliato a Napoli e con il detenuto Stefano Mattarello ad introdurre in carcere un pacco ricevuto dalla cugina di Mattarello, contenente panetti di cocaina, consegnandola al detenuto Abdelilah Fanine, lavorante esterno, che avrebbe dovuto recapitarla proprio a Mattarello. Non un detenuto qualunque ma un appartenente al gruppo criminale camorristico “Contini-Bosti”, riferibile all’Alleanza di Secondigliano. (g.curcio@corrierecal.it)

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