LAMEZIA TERME «C’è una Calabria che non ha abbassato la testa, che non è rimasta indifferente. Perché prima di essere terra di ‘ndrangheta è terra di cittadinanza attiva e di antimafia». Ospite di Telesuonano, il talk di Danilo Monteleone e Ugo Floro in onda su L’altro Corriere TV, Giuseppe Borrello ricorda l’impegno e il coraggio delle tante persone che si ribellano alla criminalità organizzata. Referente regionale di Libera da giugno scorso, insieme alle coreferenti Deborah Cartisano e Franca Ferrami, Borrello parla del futuro di una «terra che sta cambiando», ma ricordando il passato chi ha sacrificato la propria vita per lottare contro la ‘ndrangheta. Dalla storia delle vittime innocenti calabresi alla manifestazione di Cassano contro la ‘ndrangheta della settimana scorsa. «C’era la necessità di rompere il silenzio dopo quel susseguirsi di fatti di violenza, intimidazioni e incendi. In cinque anni ci sono stati dieci omicidi, due casi di lupara bianca. In più dieci anni fa l’omicidio terribile di Cocò Campolongo». Al corteo ha partecipato anche il fondatore di Libera don Luigi Ciotti. «Ha una grande attenzione per la Calabria, perché è chiaro che la partita per il riscatto della legalità si gioca qui, anche se ormai la ‘ndrangheta è andata oltre i confini regionali e nazionali».
Fra meno di un mese, il 21 marzo, la giornata nazionale in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. «Libera nasce dalla loro memoria» dice Borrello. «Una memoria che diventa impegno, ma siamo consapevoli che si deve fare di più perché molte delle storie calabresi sono poco conosciute». Come quelle di Peppe Valarioti o di Antonino Scopelliti. «Tutti ricordano Borsellino e Falcone, in pochi conoscono Valarioti o Lucio Ferrami» continua il referente. «Dobbiamo constatare che purtroppo la Calabria ha un peso minore a livello nazionale». Lo si capisce anche «dai grandi processi in corso che vengono ignorati mediaticamente, ma che stanno svelando dinamiche che vanno oltre i confini regionali». Quando il racconto c’è si presenta pieno di «stereotipi, senza le storie di chi alla ‘ndrangheta si è ribellato». Per questo «è necessaria anche una contronarrazione della Calabria».
Un riscatto sociale della Calabria che passa soprattutto dalla formazione e dai giovani. «Bisogna puntare su di loro, sulle loro competenze, sulla loro creatività» dice Borrello. Dalla loro formazione passa «la consapevolezza necessaria per creare un modello che contrasti la sottocultura della ‘ndrangheta, fatta di falsi miti e violenza». Il rischio è che i giovani «si lascino trasportare da questi falsi miti, dalle serie tv e dalle canzoni che si diffondono». Il primo presidio di legalità diventa la scuola, però «purtroppo quei disvalori della sottocultura ‘ndranghetista, come la vendetta e la violenza, spesso hanno origine nei contesti familiari di provenienza». Da qui l’importanza di iniziative e percorsi di legalità «con i quali possiamo contrapporre valori etici e morali per il riscatto della Calabria».
Dalle forze dell’ordine alla Chiesa, ma soprattutto la comunità: negli ultimi anni «si è affermata l’idea che la battaglia contro le mafie non può lasciare indifferenti. Non è una lotta del singolo, né una lotta che deve essere affidata alle sole forze dell’ordine. È una lotta associativa che deve coinvolgere tutti» spiega Borrello. «Più che la ‘ndrangheta ci sono tre mali che vanno sconfitti: la paura, l’indifferenza e la rassegnazione. Sono questi che poi alimentano il diffondersi della sottocultura ‘ndranghetista». Il referente di Libera resta ottimista: «Si stanno facendo tanti passi positivi, vedo piccoli bagliori di luce che, però, hanno bisogno di essere valorizzati». (redazione@corrierecal.it)
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