«Qualche giorno fa scrivevo di come la Calabria sia una regione capovolta, nel senso che accade esattamente il contrario di ciò che dovrebbe. Proprio ieri, a Cetraro, in un importante incontro dal titolo “Anticrimine e sovranità dello Stato”, tenutosi presso la sala consiliare che ha visto, tra gli altri, oltre la presenza di diversi sindaci del territorio del tirreno cosentino e dell’entroterra delle rappresentanze sindacali locali e nazionali della Polizia di Stato, imprenditori, anche quella del Vescovo di San Marco Argentano-Scalea, Mons. Stefano Rega, ho avuto modo di ribadire pubblicamente il mio pensiero. Siamo in tanti a dire il vero e non solo io ad avere l’impressione che succede il contrario di ciò che dovrebbe accadere in questa nostra martoriata terra. I cittadini calabresi lo hanno sperimentato molte volte e da diversi anni soprattutto in ambito sanitario. Da dodici anni la sanità regionale calabrese era stata commissariata con risultati pessimi. Questo lungo lasso di tempo avrebbe dovuto suggerire nuove formule, magari facendo della Calabria una sorta di laboratorio permanente dove ripartire per poter finalmente sganciare la politica dalla “gestione sanitaria”. Da qualche anno si è fatto il contrario, si è dato ancora più potere al Commissario unificandolo nella persona del Governatore.
Quando c’è di mezzo la politica, si sa, spesso si agisce, come si suole dire, “per partito preso”. Con il medesimo criterio si vuole abolire il Reparto Prevenzione Crimine che ha sede a Rende dal 2008. Scelta che altrimenti non si capirebbe, giacché è un importante reparto posto in un luogo strategico, nei locali dell’Anas a costo zero, allo svincolo autostradale di Cosenza Nord e che consente alle volanti di raggiungere in un’ora circa tutte zone della pur vasta e variegata provincia di Cosenza che, come sappiamo, per vastità territoriale è al quinto posto tra quelle più estese d’Italia. Proprio non si spiega questa scelta, se non per partito preso. Le personalità del mondo polito, sindacale ed ecclesiale presenti all’incontro Cetraro sono state concordi nel chiedere di evitare che lo spesso reparto venga piuttosto potenziato e non spostato altrove o abolito. Così come in molti interventi si è ribadito il principio che i fondi necessari alla sicurezza pubblica, sanità e scuola, non vanno semplicemente considerati come spese ma come investimenti atti a garantire, tra gli altri, alcuni principi fondamentali previsti dalla nostra Carta Fondamentale. Ahinoi, sappiamo bene che il berlusconismo in Italia ha introdotto, tra gli altri, anche il principio secondo il quale in ogni ambito della sfera pubblica dev’essere il principio che deve fare da sfondo è quello aziendale dei costi-ricavi. I tanto attesi fondi del PNRR alle nostre latitudini, soprattutto nei delicati settori della scuola, sanità e sicurezza, ancora non li abbiamo visti. Non solo. La somma, pure significativa, che era già stata prevista e stanziata a sostenere importanti progetti per i beni confiscati sono stati per il momento spostati altrove. Anche questa mi sembra una scelta abbastanza incomprensibile, considerando i costi gravanti sulle amministrazioni locali che avevano investito somme consistenti per procedere alla progettazione.
Il “bello” deve ancora venire con la disastrosa legge Calderoli sull’autonomia differenziata, che anziché farle diminuire, aumenterà le diseguaglianze fra regioni del Nord e regioni del Sud. Il disegno di legge, infatti, subordina l’attuazione dell’autonomia differenziata alla preventiva definizione e cristallizzazione dei Lep, ovvero “livelli essenziali di prestazione”, previsti dalla Costituzione e riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti a tutti i cittadini, in maniera equa su tutto il territorio.
Ma questi benedetti Lep non possono essere assicurati con la bacchetta magica, perché innanzitutto occorre eliminare i divari esistenti nei servizi offerti ai cittadini da Nord a Sud, e per eliminare tali disparità sono necessarie le ingenti risorse che ad oggi non ci sono.
Quello che pensavo fosse un principio rigorosamente applicato nella sola terra di Calabria, da qualche giorno ho scoperto che viene anche applicato anche nella vicina Puglia. Il Ministro dell’Interno ha ben pensato di mandare una commissione ispettiva nel comune di Bari onde verificare la consistenza di ipotetiche infiltrazioni mafiose. Un’amministrazione comunale, quella che fa capo al sindaco Antonio Decaro, che si è costituita ben 19 volte parte civile contro le cosche locali, che ha rinunciato a qualsiasi forma di voto di scambio, anzi denunciato prontamente coloro che votavano in cambio di denaro anche per le liste collegate allo stesso De Caro. Insomma, un sindaco “antimafia”, sotto scorta, che viene indagato per infiltrazioni mafiose. Ha ragione Decaro o l’uno o l’altro, tertium non datur, neanche per partito preso».
(Foto profilo Facebook Antonio Decaro)
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