LOCRI «Sono venuta in Italia per dare un’altra vita a mio figlio, qui non abbiamo nessuno e ha bisogno di me. Sono qui da sei mesi e nessuno mi ha ascoltato». Ha chiesto di poter parlare davanti ai giudici del tribunale di Locri Marjan Jamali, la 29enne iraniana accusata di aver svolto il ruolo di scafista nel corso di uno sbarco che si è concluso al porto di Roccella Jonica nell’ottobre 2023. In carcere a Reggio Calabria, è lontana dal figlio, un bambino di otto anni che nel frattempo è stato affidato a una famiglia afgana che vive a Camini, nella Locride. Per la donna, che continua a professare la propria innocenza e a chiedere che le vengano concessi gli arresti domiciliari, il processo dibattimentale inizierà il 17 giugno, data indicata al termine dell’udienza di ieri nel corso della quale il giudice ha parzialmente accolto l’eccezione difensiva in merito alla lingua utilizzata.
Sono due i punti che erano stati trattati nel corso dell’udienza precedente: il primo riguarda il nome dichiarato dalla ragazza, – per i giudici «non ci sono abbastanza elementi per potersi esprimere» – l’altro ancora più rilevante, la lingua madre della 29enne, il farsi, mentre il primo interrogatorio si è svolto in arabo. Sul secondo punto il legale della donna, l’avvocato Giancarlo Liberati, ha chiesto ai giudici che venga pronunciata la nullità del decreto di giudizio immediato in quanto «è emerso, in violazione dell’articolo 143 del Codice di procedura penale, non è tradotto nella lingua parlata dall’imputata. La lingua conosciuta dall’imputata è il farsi, mentre il decreto di citazione al giudizio è in arabo, a differenza di tutti gli altri successivi atti che sono stati poi tradotti in farsi, con la successiva nomina di un traduttore di farsi». I giudici hanno parzialmente accolto la richiesta disponendo la traduzione in farsi del decreto di giudizio immediato e di altri documenti. L’eventuale data indicata per l’avvio del processo dibattimentale è quella del 17 giugno.
La donna dovrà difendersi dall’accusa lanciata da tre uomini presenti sull’imbarcazione partita dalla Turchia e che secondo i racconti della 29enne avrebbero abusato di lei. Alla sbarra anche un 31enne, Amir Babai, difeso dall’avvocato Carlo Bolognino. L’uomo ha raccontato di aver tentato di difendere la donna dagli abusi, e per questo avrebbe subito la ritorsione dei tre che una volta sbarcati – poi facendo perdere le proprie tracce – hanno puntato il dito contro i due, accusandoli di essere gli scafisti. (m.ripolo@corrierecal.it)
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