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l’intervista del Corriere della calabria

Vito D’Ettorre, inviato di guerra. A Cosenza, il racconto degli orrori dal Bataclan ai conflitti

«Quella volta che rischiai di essere colpito da una bomba». Il giornalista confessa: «Nonostante i reportage, nulla pare cambiato»

Pubblicato il: 17/04/2024 – 6:42
di Fabio Benincasa
Vito D’Ettorre, inviato di guerra. A Cosenza, il racconto degli orrori dal Bataclan ai conflitti

COSENZA Una discesa negli inferi, tra la barbarie dei conflitti, schivando bombe e proiettili. Dalla follia omicida della strage del Bataclan alla guerra in Israele, passando per gli oltre dieci viaggi compiuti per raggiungere l’Ucraina e raccontare – sul campo e da inviato – gli orrori della guerra. Una vita da reporter che Vito D’Ettorre (inviato di guerra per Tv 2000) conosce bene. A Cosenza per presenziate al festival “Frontiere“, il giornalista racconta e si racconta riportando ai presenti fatti di guerra e tentativi falliti di pace. Una vita sacrificata non «per la gloria ma per la sete di verità, per essere presente lì dove si vive continuamente con la paura di morire». Una famiglia che a casa attende il suo ritorno, mentre Vito D’Ettorre prende l’ennesimo aereo con in mano il taccuino e la penna. La sua narrazione è lucida e lascia sgomenti quando ricorda quel collegamento a pochi in Ucraina realizzato a pochi passi da un locale, dove pochi istanti prima era impegnato a sorseggiare un caffè e pochi istanti dopo lo scoppio di una bomba ha ridotto in cenere tutto e ucciso i presenti. «Oggi non sarei qui con voi», confessa con un filo di voce strozzato dall’emozione.

In Calabria per discutere di guerre e conflitti, in una terra simbolo dell’accoglienza

«L’unica “cosa positiva” di questi due anni di guerra è l’accoglienza di milioni di profughi ucraini, soprattutto donne e bambini, in Europa. Tante diocesi italiane, tante regioni italiane sono state coinvolte in questa accoglienza bellissima e devo dire che andando in Ucraina c’è veramente un grande senso di gratitudine verso l’Italia. In molti hanno aperto le case ed accolto queste donne che, nel giro di poche ore, hanno lasciato tutto portando i figli e lasciando i mariti in guerra».

Quali sensazioni vive un inviato di guerra?

«Un po’ di tristezza. Dopo tanti anni passati a raccontare queste tragedie, nulla cambia, anzi tutto è rimasto come era dieci anni fa. Anzi delle “nuove” tragedie si parla anche poco, penso al naufragio di Cutro passato e dimenticato nel giro di poco tempo. C’è stata la commemorazione, giustamente, ma non ha scosso le coscienze quanto forse avrebbe dovuto. Così come tanti altri naufragi morti a Lampedusa ed ancora le tragedie viste a Lesbo con campi di accoglienza che in realtà erano dei veri e propri centri di detenzione andati in fiamme, con casi di stupro e i suicidi di bambini. Tutto è passato nel dimenticatoio».

In Ucraina tanti innocenti continuano a morire

«Sono trascorsi due anni e si fa fatica a vedere le immagini nei telegiornali. Però in Ucraina muoiono tutti i giorni persone che vivono e dormono in normali palazzine e che la notte vengono colpiti da droni o da bombe. Si muore così. Si passa le notti dentro ai tunnel della metropolitana, si dorme nella vasca da bagno pensando che quello sia il luogo più sicuro. Questa è la quotidianità, ma purtroppo si fa fatica a parlarne».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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