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l’anniversario

Giacomo Matteotti a cento anni dal suo barbaro assassinio

Giorno trenta maggio, in diverse parti d’Italia si è ricordata la figura di Giacomo Matteotti. Tra questi, non poteva mancare quello più significativo e rappresentativo, fatto nella Camera dei dep…

Pubblicato il: 08/06/2024 – 21:55
di don Ennio Stamile*
Giacomo Matteotti a cento anni dal suo barbaro assassinio

Giorno trenta maggio, in diverse parti d’Italia si è ricordata la figura di Giacomo Matteotti. Tra questi, non poteva mancare quello più significativo e rappresentativo, fatto nella Camera dei deputati, da dove egli, parlamentare regolarmente eletto, pronunciò esattamente cento anni orsono, quel suo ultimo discorso, rimasto negli annali della storia politica italiana. Importante la decisione di segnare con una targa lo scranno numero 14 che – per decisione del Presidente della Camera, su richiesta di diversi parlamentari dell’Opposizione – non  verrà più assegnato ad alcun deputato.  Anche a Cetraro, Il Consiglio comunale ha deciso di svolgere una seduta consiliare in Piazza del Popolo aperto agli interventi del pubblico e subito dopo dedicare mediante una targa, il piazzale antistante lo storico Palazzo del Trono alla memoria di Giacomo Matteotti. Anche in questo luogo suggestivo che offre a tutti la possibilità di affacciarsi su uno splendido lembo di costa calabra, monti sono stati gli interventi istituzionali. Oltre a questi vorrei ricordare quelli dei giovani liceali Giada Iacovo, Federica Russo, Roberta Leonardo e Paolo Antonuccio. È stato giustamente precisato dal consigliere di minoranza Giuseppe Aieta, che quello che si stava svolgendo era un “momento celebrativo” non fine a se stesso ma compimento di un percorso consiliare che aveva portato alla decisione di dedicare un spazio pubblico alla figura di Matteotti. Il primo ricordo alla Camera dei deputati ci ha riportato, anche grazie alla interpretazione del suo discorso fatta dall’attore Alessandro Preziosi, a quegli anni difficili del regime fascista. Come ogni altro regime totalitario che anche oggi si affacciano al panorama politico internazionale, quello fascista non tollerava alcuna possibilità che venisse messa in discussione nulla del proprio operato, men che meno il dato elettorale che, oggi come ieri, un buon regime totalitario che si rispetti, sa “gestire” con l’imposizione del potere della forza, con risultati che danno poco spazio all’opposizione. Fare memoria di Matteotti o di don Giovanni Minzoni, come abbiamo fatto ad agosto dello scorso anno sempre a Cetraro in occasione del centenario dal barbaro assassinio perpetrato sempre dai fascisti, cosa ci dice oggi del clima politico attuale? Beh, intanto, che davvero nessuno nel pur vasto e variegato panorama politico attuale italiano, può “sedersi” nel suo scranno. Non vedo alcuno oggi in grado di poter dire di aver raccolto la sua eredità al di là della stretta connotazione politica. Valori che il politico Matteotti ha incarnato nella sua persona vanno ben oltre qualsiasi espressione partitica. Anzi. Direi, senza timore di essere smentito, che ogni partito politico se non contiene in sé ed è capace di esprimerli attraverso l’azione politica, valori come libertà, uguaglianza, pace, giustizia sociale, corre il rischio di essere troppo “di parte”. A tal punto da perdere di vista non solo il bene comune, ma anche quella realtà tipica di ogni partito di saper interpretare e modellare democraticamente la volontà  politica dei cittadini a partire dai loro reali bisogni. Cosa insegna a tutti, ma soprattutto a coloro che sono impegnati nell’agone politico a distanza di cento anni dal suo assassinio la storia di Matteotti? Innanzitutto, quella virtù più importante di ogni politico che secondo Max Weber è appunto “la passione”. Intesa come “pati” capacità di saper patire per tutto ciò che è autenticamente umano. Una virtù che è capace di riscaldare il cuore  a tal punto da dare al politico il coraggio (cor-agere) di denunciare quando occorre farlo. Quando si perdono di vista i valori ricordati sopra, perché si è diventati servi sciocchi di lobby di potere delle grandi multinazionali che fabbricano armi o che producono farmaci, che oggi dirigono la politica a livello globale. A queste lobby certo non interessano temi come la pace, il disarmo, fermare lo sfruttamento delle innumerevoli risorse del Continente africano, ma l’esatto contrario. Una sorta di sistema oligarchico ben strutturato che, come ricorda Marco Guzzi, “è un sistema di guerra, che si nutre della guerra, perché è fondato sulla guerra. Guerra che non è solo militare, ma contro i poveri, contro la verità, che ci offre questo schifo di televisione che ci viene imposta da governi di destra e di sinistra. La distinzione storica tra destra e sinistra è finita obbediscono tutti alla stessa logica oligarchica, sono dei cortigiani più o meno in buona fede”. Parole molto dure ma lucidissime. Concordo, in toto ed in singulis con Guzzi anche quando sostiene che “bisogna alzare una barriera filosofica di contrasto ad un sistema che è antropologico; offre una visione dell’uomo, che è meschina, micragnosa; dell’uomo separato, individualista, consumista”. Alla luce del ricordo di Matteotti la domanda fondamentale è questa: saremo in grado di formare ed esprimere una classe politica che non si faccia corrompere e che sia disposta a morire piuttosto di non lasciarsi corrompere dal sistema oligarchico?

* Rettore UniRiMI

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