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Gladio in-sedicesimo

Il ruolo della Calabria nella cosiddetta “Operazione Gladio” è stato minimo, quasi residuale, sia per la perifericità geopolitica nella quale si trovava la regione e sia per il peso generale che (…

Pubblicato il: 20/06/2024 – 10:07
di Bruno Gemelli
Gladio in-sedicesimo

Il ruolo della Calabria nella cosiddetta “Operazione Gladio” è stato minimo, quasi residuale, sia per la perifericità geopolitica nella quale si trovava la regione e sia per il peso generale che (non) aveva nel contesto nazionale. A quel tempo, il tempo della guerra fredda, i “pericoli” erano avvertiti quasi esclusivamente nel Nord-Est del Paese, specie ai confini di Gorizia e Trieste.
Ora riavvolgiamo il nastro della storia passata per accennare all’organizzazione della Gladio, che, alla fine dei conti fatti, è sembrato il segreto di Pulcinella, anche se certamente non era uno scherzo.
Il 26 febbraio 1991 Giulio Andreotti, all’epoca presidente del Consiglio, prendendo tutti in contropiede – specie l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, nonché i vertici del Sismi (Servizio informazioni e sicurezza militare) – fa inviare alla commissione Stragi una relazione su “Gladio” (dal latino “gladius”, spada). Un documento con molte lacune, ma il segreto della Repubblica, ormai, era stato violato.
Cosa era “Gladio”? La denominazione con cui era nota un’organizzazione militare segreta italiana, collegata con una struttura (chiamata Stay Behind – dalla lingua inglese, traducibile in italiano letteralmente come «rimanere indietro») alla quale partecipavano Paesi del blocco occidentale e operante a partire dal secondo dopoguerra.
Come maturò quella decisione che aveva già conosciuto parziali e confuse anticipazioni? Nel 1990 il clima politico mondiale era già cambiato. Gli antichi conflitti della Guerra fredda erano in via di risoluzione, con il presidente degli Stati Uniti George H. W. Bush e quello dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov che si incontravano sempre più spesso. Un anno prima il muro di Berlino era stato abbattuto e il politologo americano Francis Fukuyama si chiedeva retoricamente se quell’epoca stesse per segnare “la fine della storia”, in un articolo clamorosamente smentito dai fatti dei decenni successivi.
Andreotti confermò l’esistenza di “Gladio” in un discorso alla Camera il 24 ottobre del 1990 dopo averne scritto in una relazione inviata il 18 ottobre alla Commissione parlamentare sulle stragi e sul terrorismo. Ma non era la prima volta che Andreotti poneva la questione di Gladio: lo aveva fatto anche poco più di due mesi prima, sempre parlando con la Commissione.
In quel clima di sospetti, Andreotti ritenne che fosse arrivato il momento di parlare apertamente di Gladio.
Ma essa non era l’unica struttura di sicurezza parallela presente in Europa. Faceva parte di un insieme molto più ampio di operazioni segrete (in inglese covert operations), una sorta di rete di strutture in vari paesi del blocco occidentale. La rete si chiamava, come detto, “Stay-Behind” e aveva diramazioni in quasi tutti i paesi della NATO, tra cui Grecia, Belgio, Francia, Germania e Paesi Bassi.
In Italia le componenti principali di Gladio facevano riferimento a personaggi politici della Democrazia Cristiana come Francesco Cossiga e Paolo Emilio Taviani, ma anche militari come il generale Giovanni De Lorenzo e a 622 agenti detti “gladiatori”, un elenco composto in buona parte da anziani nati all’inizio del secolo, evidentemente inoffensivi.
Nell’elenco ufficiale dei “gladiatori” risultavano quattro calabresi: Eugenio Guglielmo Mazzacuva 8/1/1910, Giuseppe Putortì 4/2/1921, Enzo Raspa 12/2/1919, Guido Rossi 3/2/1902.
Ma nel libro “Il Complotto – La controinchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di JFK” di James Hepburn (il vero nome era James Curtis) risulta la presenza all’interno di Gladio (oltre che quella dell’avvocato di Casa Savoia, Carlo D’Amelio, di Corrado Bonfantini di Torino [e già costituente], del ministro svizzero Ernest Feis, del professore dell’Università di Basilea nonché editore del National Zeitung, Max Hagermann, dell’ex primo ministro ungherese, Ferenc Nagy e del generale Giuseppe Zigiotti), anche il nome di un medico calabrese di Chiaravalle Centrale, Mario Ceravolo, eletto parlamentare nella Democrazia Cristiana. Deputato nel 1948 e nelle successive due legislature (1948 – 1953 – 1958) nel 1951 fonda l’Accademia Internazionale medica (A.I.M.) e il 2 gennaio 1956 viene insignito promotore dell’unificazione del diritto sanitario. Per 40 anni fu presidente emerito dell’Ordine dei Medici della provincia di Catanzaro che gli conferì la “Medaglia di Oro” per l’attività professionale svolta.
Nel suo libro Hepburn ricorda come il segreto fosse coperto dall’attività della Permindex, una holding commerciale svizzera, con sede principale a Basilea e altre filiali a Roma (fondata nel 1958) e Montréal. Essa era costituita con capitali italiani, svizzeri, canadesi e statunitensi e contava 20 azionisti nel 1960.
Secondo alcune ricostruzioni, ma smentite dalla stessa CIA, la Permindex fu accusata di essere una società di copertura per operazioni della Cia.
Formalmente la Gladio era stata creata in Italia nel novembre del 1956, ma già negli anni della guerra di Liberazione, in chiave anticomunista, si erano costituite formazioni segrete, i cui membri provenivano dal mondo partigiano o dalle forze armate del Regno del Sud. L’organizzazione militare segreta creata dalla Cia e dai Servizi italiani è stata ufficialmente smantellata nel 1990.
Tale organizzazione super-segreta ha agito per più di trent’anni nell’ombra, con la massima classifica di segretezza. Ha selezionato centinaia di combattenti, civili e militari, organizzando decine di esercitazioni militari. Sulla carta aveva un solo nemico, il blocco sovietico, il pericolo rosso che veniva dall’Est.
Da noi era conosciuta, appunto, come “Operazione Gladio”. Dipendeva dai Servizi segreti militari, prima dal Sifar, poi dal Sid e infine dal Sismi ed era nata nel 1956 grazie ad un accordo con la Cia.
Nel 1980 venne creata un’apposita divisione, la settima, con il compito di coordinare quella struttura riservata. Avevano una base di addestramento in Sardegna, a Capo Marrargiu, e 139 depositi clandestini di armi ed esplosivi, i “Nasco” (luoghi dove erano stati occultati i contenitori di armi) non presenti, però, in Calabria. L’obiettivo era di creare una rete di resistenza ai sovietici in caso di invasione, a supporto delle truppe alleate regolari.
Era un segreto noto a pochissimi componenti dei governi italiani del dopoguerra: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Luigi Gui, Arnaldo Forlani, Vito Lattanzio, Attilio Ruffini e Lelio Lagorio (tutti democristiani tranne Lagorio che era socialista). Nessun altro.
L’opposizione è stata sempre tenuta all’oscuro, ritenendo il Partito Comunista Italiano una sorta di nemico interno, di longa manus dei sovietici.
Il giornale online “TPI” poté consultare buona parte delle 190mila pagine degli archivi ufficiali di Gladio, declassificate con una direttiva del presidente del Consiglio Mario Draghi il 2 agosto 2021. Non è stata una data qualsiasi, ma un simbolo. Era il quarantunesimo anniversario della strage di Bologna, nella quale, nel 1980, morirono ottantacinque persone. Fu l’episodio più sanguinoso della storia dell’Italia repubblicana, inserito nella lunga scia di sangue della strategia della tensione.
In passato l’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, fondato il 12 aprile 1983, operante nell’intera regione, s’è occupato della “Gladio calabrese”.

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