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“Reset”, il controesame di Anna Palmieri. Estorsioni in «autonomia» e la security a Cosenza

La collaboratrice di giustizia, moglie di Celestino Abbruzzese, precisa alcune dichiarazioni rilasciate nel corso dell’udienza odierna

Pubblicato il: 04/07/2024 – 15:17
“Reset”, il controesame di Anna Palmieri. Estorsioni in «autonomia» e la security a Cosenza

COSENZA Una confessione fiume quella resa nel corso del processo “Reset” da Anna Palmieri, circa tre ore di racconti e narrazioni su fatti legati al clan degli “Zingari” di Cosenza, la famiglia Banana. Che la donna conosce bene, visto che uno dei fratelli Abbruzzese è il marito Celestino Abbruzzese detto “Micetto”. La fase di controesame, questa mattina, inizia dopo una pausa concessa dal Collegio giudicante (presidente Carmen Ciarcia).

Il controesame

«Giovanni Aloise fu aggredito da due fratelli napoletani, in un bar, e mio marito (Celestino Abbruzzese, ndr) si recò con dei ragazzi suoi da queste persone campane. Giovanni restava un nostro compagno nonostante qualche dissidio. Celestino è andato a chiedere conto dell’aggressione e dissero che doveva dei soldi per una partita di droga. I debiti contratti con noi, scoprimmo che erano fatti per estinguere il debito con i napoletani. Aloise non solo vendeva droga, ma ne faceva anche uso». La fase di controesame inizia con l’avvocato Gianpiero Calabrese, difensore di Aloise, che chiede conto alla collaboratrice di giustizia Anna Palmieri del presunto ruolo nell’attività di spaccio del suo assistito. Ha notizie dirette che Aloise spacciasse per Francesco Mazzei? «No, non lo vidi più, la mattina lavoravo la mattina in una agenzia. Mio marito mi disse che Giovanni Aloise era passato da casa, ma non erano saliti». Il periodo di riferimento del racconto della pentito è il 2018.
Prende la parola l’avvocata Amelia Ferrari per la posizione di Massimo D’Ambrosio. L’incontro con Adolfo D’Ambrosio, di cui ha riferito, quando avvenne? «Mi pare il 2013-2014». I ricordi sulla data sono confusi, la collaboratrice poi precisa di poter circoscrivere l’incontro prima del 2013. Ci furono altri incontri? «No, ricordo solo quello. In quell’occasione venne questo signore con una Golf nera. Mio marito era amico con Adolfo D’Ambrosio». Sapeva dove abitassero i fratelli D’Ambrosio? «No, non lo so».
L’avvocata Fiorina Bozzarello chiede lumi alla testimone sul rapporto criminale tra la collaboratrice e suo marito. «Ho iniziato ad interessarmi delle dinamiche criminali di mio marito nel 2013». Quando ritorna insieme a suo marito dopo la fase di collaborazione? «Il 20 giugno 2019». Ha parlato della società XXL dei fratelli Caputo, sa dove ha sede? «Roma o Milano». Che rapporto avevano i Caputo rispetto alla XXL? «Era un franchising». Aveva dei profitti rispetto all’agenzia di antitaccheggio “Bravo agency”? «Si, avevo uno stipendio». Era autorizzata durante i domiciliari a lavorare? «Si». Queste due agenzie potevano competere in gare d’appalto per l’attività di vigilanza e sicurezza? «Sulla sicurezza no». Sulla posizione di Carmine Caputo? «L’ho sempre ammirato». Aveva mai avuto sentore dei comportamenti dubbi di Carmine Caputo? «Dopo che lo hanno picchiato, non si è recato a casa mia». A pestarlo è stato Roberto Porcaro perché non si era piegato alle regole imposte? «No, c’era un accordo. Determinate persone di etnia rom hanno sempre avuto il vizio di entrare per forza nei locali e dietro la XXL c’erano Roberto Porcaro e Luigi Abbruzzese. In base all’accordo, queste persone dovevano entrare, ma nel caso del pestaggio di Caputo lui non li aveva fatti entrare in una festa privata. Quando lo hanno picchiato il fratello non ha mosso un dito, se non ricordo male era l’estate 2018».
La parola passa all’avvocato Antonio Quintieri. In quale periodo suo marito faceva estorsioni a Montalto Uffugo? «Dal 2010 al 2018, nel 2011 lo hanno arrestato e sono andata io a prendere le estorsioni. Poi lo hanno arrestato di nuovo il 2015». I soldi erano solo vostri? «I soldi su due o tre negozi di Montalto Uffugo e un night di Bisignano erano solo di mio marito. Eravamo autonomi, c’era un accordo in base al quale in caso di arresto non avremmo preteso nulla dalla bacinella». Il legale chiede chiarimenti sul prestito usuraio rilevato da Celestino Abbruzzese e riferito a Sergio Del Popolo. Ricorda l’importo? «No, ricordo che ha pagato tutto». Ci fu incontro nei pressi della bancarella di Del Popolo? «Nel dicembre 2014, mia sorella mi chiese di passare alla bancarella di sua suocera. Mi recai alla bancarella, mi disse che era passato un signore e che le aveva chiesto un “fiore” di 300 euro. A quel punto mi sono recata da Sergio Del Popolo, che mi ha confermato di essere stato lui a passare perché doveva “fare quello che gli veniva detto”. Mi recai da Maurizio Rango e feci presente questa mancanza di rispetto, mi assicurò che si sarebbe occupato lui della cosa e Del Popolo non è più passato da quella bancarella». Chi faceva la vigilanza nelle discoteche a Rende? «No, non so chi c’era». I concerti chi li gestiva a Cosenza? «Si, la XXL». Sa se la XXL aveva un rapporto con un ispettore della polizia di Cosenza? «Si, aveva una preferenza con la XXL».
L’avvocata Chiara Penna interviene per la posizione di Antonio Colasuonno. Da quanto ha asserito è giusto dire che Colasuonno non era considerato affidabile? «Era un ragazzo semplice, non è nato nel crimine. Non era cosa sua». Sa se aveva problemi psichici? «Non lo so». (f.b.)

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