REGGIO CALABRIA Prima la nota con cui Antonino Minicuci ha annunciato con sicurezza l’imminente arrivo di una commissione d’accesso al Comune di Reggio Calabria, poi la smentita arrivata direttamente dalla Prefettura. Nuvole cariche di pioggia, inaspettate schiarite, su una città al centro di una tempesta che potrebbe danneggiare una situazione già di per sé precaria con una condizione di incertezza che si protrae da anni.
Richieste e scambi di favori tra esponenti della cosca Araniti e nomi eccellenti della politica reggina. Una realtà che la Dda di Reggio Calabria ha cristallizzato con l’inchiesta “Ducale”. Dalle intercettazioni e dalle ricostruzioni emerse in molti ne escono con le ossa rotte, almeno dal punto di vista politico. Tra gli indagati figurano attualmente ben sei politici: il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, il consigliere comunale del Pd Giuseppe Sera, l’assessore comunale del Pd Domenico Battaglia, il consigliere comunale della Lega Mario Cardia, l’ex senatore Giovanni Bilardi e il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giuseppe Neri.
Condotta dai carabinieri del Ros con il coordinamento del procuratore Giovanni Bombardieri, degli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e del pm Salvatore Rossello, l’indagine ha riguardato la cosca Araniti di Sambatello, alla periferia nord di Reggio, che avrebbe avuto un ruolo attivo alle elezioni regionali del 2020 e del 2021 e alle elezioni amministrative del settembre 2020. Tra gli arrestati, ci sono il presunto boss Domenico Araniti “il duca” e suo genero Daniel Barillà. Quest’ultimo è il soggetto che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il tramite, la «longa manus», tra la cosca e la politica.
Nelle scorse ore è stato il consigliere comunale di opposizione Antonino Minicuci, che nel 2020 sfidò come candidato a sindaco Falcomatà, a chiamare a raccolta tutti i consiglieri comunali affinché presentino le dimissioni. «Il prefetto – ha scritto in una lettera aperta ai suoi colleghi – ha richiesto al Ministro degli Interni l’invio della commissione di accesso per valutare la situazione e prendere eventuali provvedimenti». Dimissioni chieste – ha precisato Minicuci – per evitare il commissariamento, «permettendo così l’indizione di nuove elezioni per la prossima primavera e garantire così una gestione democratica e trasparente del Comune». Per la seconda volta la Prefettura reggina ha precisato di non aver fatto la richiesta al Ministero dell’Interno. A stretto giro infatti è arrivata la replica della prefetta Clara Vaccaro che in una nota ha precisato di «non aver chiesto la nomina di una Commissione di accesso presso il Comune di Reggio Calabria». Le dimissioni dei consiglieri comunali – ha spiegato inoltre – non escludono né un eventuale nomina della Commissione di accesso, né la possibilità che si addivenga ad uno scioglimento».
Gli atti dell’inchiesta tuttavia sono, secondo quanto emerso nelle scorse settimane, all’attenzione della Commissione parlamentare antimafia.
Non è la prima volta che i consiglieri di opposizione “minacciano” le dimissioni dicendosi indignati per le vicende che vedono protagonista il sindaco Falcomatà. Eppure, puntualmente, a ogni annuncio è seguito un imbarazzante silenzio. Il numero dei dimissionari necessari per far cadere il Consiglio comunale di fatto non è stato mai raggiunto. Ma al di là di freddi calcoli, che per molti sembrano più importanti, nessuno sembra aver avuto il coraggio di prendere una vera posizione. Da questi politici nessuna risposta concreta e coerente ai cittadini reggini che forse, per stanchezza, hanno smesso di farsi domande. (m.ripolo@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x