COSENZA «Che mi hanno combinato queste persone vigliacche…I Forastefano davanti alla mia porta devono proprio sparire!». A parlare è Paolo Cantore considerato a pieno titolo un testimone chiave nelle indagini sul duplice omicidio di Maurizio Scorza e Hanene Hedhli. I suoi racconti sono preziosi nella ricostruzione effettuata dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza in merito al presunto coinvolgimento di Francesco Faillace. La coppia è stata uccisa alle ore 18 del 4 aprile del 2022 quando «due sicari» hanno fatto fuoco all’interno di un podere di proprietà di Francesco Adduci, allevatore di Cassano allo Jonio condannato a 21 anni di reclusione, al termine del processo celebrato in Corte d’Assise a Cosenza.
Fino al pronunciamento della sentenza, le forze dell’ordine erano riuscite ad incastrare solo uno dei responsabili del duplice delitto. Due giorni fa, la svolta con l’arresto di Faillace, 41enne già detenuto a seguito dell’inchiesta “Athena“. A rafforzare la tesi accusatoria ipotizzata dalla Dda di Catanzaro (a coordinare le indagini il magistrato Alessandro Riello), proprio la testimonianza resa da Cantore, meccanico che avrà – suo malgrado – un ruolo nella vicenda. La sua auto, infatti, una Suzuki Grand Vitara sarà quella utilizzata proprio da Faillace per raggiungere il podere isolato di proprietà di Adduci, dove ad attenderlo – ignari del suo arrivo – sostavano Scorza e Hedhli. Adduci infatti aveva contattato telefonicamente Scorza chiedendogli di raggiungerlo sul suo terreno perché intenzionato a donargli un agnello. Una trappola mortale studiata dai presunti responsabili del delitto, l’unico modo per convincere un uomo come Scorza – legato agli ambienti criminali – ad accettare un invito in un luogo così isolato. E la vittima si sente così al sicuro tanto da arrivare a bordo della propria auto, una Mercedes di colore nero, insieme alla compagna. In quel podere, la coppia troverà la morte: due i colpi che hanno raggiunto ed ucciso Scorza, ben 12 quelli scaricati contro la donna: vittima innocente trovatasi al posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Veniamo al ruolo di Cantore. Il meccanico di Cassano allo Ionio «imparentato con la famiglia Forastefano» fornirà a chi indaga informazioni sul “prestito” della propria vettura concesso a Faillace. Inizialmente ignaro dell’utilizzo dell’auto da parte di Faillace, Cantore poi scopre la verità. Solo dopo la visita dei carabinieri finalizzata al sequestro della Suzuki, realizza come tutte le mosse compiute da Faillace avessero avuto un preciso filo logico e che l’obiettivo (non dichiarato) fosse quello di far sparire il veicolo impiegato per il duplice omicidio. Il meccanico si sfoga con alcuni conoscenti: «E’ venuto qua…pensavo che vi serviva diversamente… mi dovevi portare le targhe… dopo alla fine esce fuori che con quella macchina eh…l’omicidio?». Pochi istanti dopo l’ammissione, Cantore pronuncerà, nel corso del medesimo dialogo, il nome di battesimo del soggetto a cui aveva prestato l’autovettura: «Francè (…) tu un’infamità vera e propria mi hai fatto. ..Francè ma…mi hai fatto un ‘infamità di quelle… non ci sono parole per descriverla!». In un altro sfogo, emerge in maniera chiara ed evidente la posizione di Cantore nella vicenda. «La prima volta è andato ad ammazzare a quello con la macchina mia e io mi trovo due, due…due cos … omicidio che non c’entro niente! Io non mi sono proprio mosso da dentro quel giorno, si è mosso Francesco con la macchina mia».
L’astio nei confronti della famiglia Forastefano è palese. Il coinvolgimento nella vicenda omicidiaria preoccupa Paolo Cantore che reagisce fornendo la propria collaborazione agli investigatori, accusando Faillace, ritenuto esponente delle cosche della Sibaritide. Un passato da latitante in Spagna, l’indagato nel duplice omicidio Scorza-Hedhli è considerato dalla Dda di Catanzaro «intraneo al sodalizio, uomo di fiducia di Pasquale Forastefano, al quale viene demandato il delicatissimo compito di trasportare il denaro necessario per l’importazione di ingenti quantitativi di stupefacente». Cantore si sfoga, lo farà spesso, nel corso delle settimane successive al sequestro del suo fuoristrada. Quell’auto è finita nelle immagini delle telecamere installate sulle arterie principali che conducono al podere di Adduci, le ruote si sono sporcate del terriccio presente in quel pezzo di terra macchiato dal sangue versato dai coniugi. «Sono andati ad uccidere a quelli la con la macchina mia! Lo sai, ormai lo sanno tutti, il paese è pieno pure, c’è il video su internet, su Google… c’è la macchina di quello con la macchina mia dietro» e «ora ho dovuto dichiarare tutto, a chi ho dato la macchina, chi l’ha presa, che me ne fotte a me, non è che me ne vado in galera per loro, loro fanno i guai!». (f.b.)
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