LAMEZIA TERME È il primo ottobre del 1994. Oltre lo stretto, nella stanza dell’ospedale di Messina, viene certificata la morte di un bambino statunitense di 7 anni. Era in vacanza con la famiglia, diretto proprio verso la Sicilia. Nicholas Green lo stretto lo supera, ma non lo vede. La sera del 29 settembre lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi di Pizzo Calabro, la macchina su cui viaggia insieme ai genitori e la sorella viene raggiunta da una raffica di colpi d’arma da fuoco. Alcuni di questi lo colpiscono, fino a raggiungere il cervello: Nicholas morirà due giorni dopo nell’ospedale messinese. Il brutale omicidio avrà eco nazionale per due motivi: la decisione a sorpresa di Reginald e Margareth di donare gli organi del figlio, fin lì una pratica poco diffusa in Italia. Ma, soprattutto, per aver dimostrato che la ‘ndrangheta è capace di uccidere anche i bambini. Un delitto in controtendenza al “codice d’onore” che le mafie avrebbero nei confronti di donne e bambini: un mito ormai sfatato dalle centinaia di storie di minori uccisi, alcuni anche brutalmente, dalla criminalità organizzata.
Si è celebrato solo pochi giorni fa, il 20 settembre, l’anniversario di morte di Dodò Gabriele, il bambino di 11 anni ucciso su un campo da calcio a Crotone. Ancora più brutale l’omicidio, insieme al nonno, di Cocò Campolongo, nel 2014 freddato e bruciato insieme al nonno a soli tre anni. Risale al 2016 l’omicidio di Francesco Prestia Lamberti, ucciso a soli 16 anni da un coetaneo legato alla famiglia Pititto di Mileto. Si tratta dei tre omicidi più recenti, ma già nel secolo scorso la ‘ndrangheta prendeva di mira bambini e ragazzi senza remora: il 3 ottobre 1951 Domenica Zucco a soli 3 anni, come Cocò, viene uccisa da un colpo di fucile. Nel 1973, mentre era al mercato di Crotone, viene colpito e ucciso Salvatore Feudale, quest’ultimo solo una delle tante vittime “indirette” di attentati e sanguinose faide tra ‘ndrine. A Taurianova a perdere la vita a soli 7 anni è Rocco Corica. A Rende il 27 ottobre 1978 viene ammazzato Pasqualino Perri a 12 anni in un attentato indirizzato al padre.
Ci sono poi le cruenti stragi dei “fratelli”. Come quella di Domenico e Michele Facchineri, di soli 12 e 9 anni, vittime della faida di Taurianova. La crudeltà della ‘ndrangheta non si ferma neanche di fronte ai volti di Graziella e Maria Maesano, sorelle di 9 e 8 anni, uccise a Crotone. A Vibo, più precisamente a Filandari, rimangono vittime di una bomba Antonio e Bartolo Pesce di 10 e 14 anni. Nel 1982 viene ucciso, mentre accudiva animali insieme allo zio, Giovanni Canturi a soli 13 anni, la stessa età di Francesco Pugliese, quest’ultimo vittima di lupara bianca a Vibo perché considerato «troppo agitato» dalle ‘ndrine di centro-città. A San Ferdinando nel 1983 vengono uccisi insieme Serafino Trifarò e Domenico Cannatà, di 14 e 10 anni, vittime di una violenta sparatoria all’interno di un locale. A Reggio, nel rione Pescatori, in un conflitto a fuoco muore Gianluca Canonico mentre giocava in strada con altri bambini. Cinque anni dopo, a Crotone Francesco Megna viene freddato fuori da un bar dove stavano festeggiando carnevale.
Tra il 1989 e il 1990 la violenza ‘ndranghetista raggiunge l’apice: Andrea Bonforte, a soli 15 anni, muore in una guerra di ‘ndrangheta, raggiunto da una raffica di mitra a Catona, nel Reggino. Marcella Tassone, uccisa a Laureana nel 1989, per i sicari inviati per il fratello era una «pericolosa testimone» da fare fuori, nonostante avesse solo 10 anni. Quello di Saverio Purita è, invece, uno dei più brutali omicidi della ‘ndrangheta e, soprattutto, ancora impunito: a soli 11 anni venne rapito tra Vibo e Lamezia, soffocato e ucciso. Il suo corpo venne trovato semicarbonizzato sulla spiaggia, con la testa nascosta sotto la sabbia. Lo stesso anno muoiono Michele Arcangelo Tripodi, 12 anni, e Domenico Catalano di 16 anni, entrambi nel Reggino. A Strongoli e Palermiti vengono uccisi, rispettivamente a 16 e 9 anni, Arturo Caputo ed Elisabetta Gagliardi. Nel 1998, la ‘ndrangheta reggina uccide Saverio Ierace e Davide Ladini a Cinquefrondi, mentre Mariangela Ansalone viene freddata insieme al nonno a Oppido Mamertina. A 13 anni viene ucciso, nel 2004, Paolo Rodà, colpito da una lupara mentre tentava di fuggire. Oltre trenta bambini uccisi nella sola Calabria, ma anche tante storie ancora poco conosciute o dimenticate. Una lunga scia di sangue che tragicamente sfata un mito: la ‘ndrangheta ha ucciso e uccide anche bambini. (Ma.Ru.)
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