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sette giorni di calabresi pensieri

La ‘ndrangheta non sente crisi in Germania

Storia di un ladro di rame morto a Cosenza. Il garante dei detenuti senza uffici e i 100 anni del fotografo Mario Carbone

Pubblicato il: 09/11/2024 – 7:03
di Paride Leporace
La ‘ndrangheta non sente crisi in Germania

Il governo tedesco sta per cadere, la potente industria automobilistica alemanna licenzia e chiude stabilimenti, ma c’è chi vede i suoi affari andare a gonfie vele nel Paese del cancelliere Scholz. È la ‘ndrangheta calabrese, mafia egemone in Germania. Il dato si ricava dal rapporto 2023 della Bka, l’agenzia anticrimine tedesca, che scrive a chiare lettere che la loro nazione è terra di corruzione e riciclaggio e le mafie fatturano un miliardo all’anno e ne fanno perdere oltre 2 alla loro economia. Dalla relazione emerge che in Germania non c’è ancora consapevolezza politica e sociale del potere di infiltrazione delle cosche soprattutto calabresi. A quanto pare, i calcoli su danni e guadagni delle organizzazioni sono ampiamente sottostimate dalla politica di ogni schieramento. La “Strage di Duisburg” che aveva rivelato come San Luca si fosse piazzata in Germania, a quanto pare, ha insegnato poco e quella Nazione è terra di conquista radicata come la Lombardia. Dove girano soldi la ‘ndrangheta vive bene. Era da poco caduto il Muro nel 1992 quando il direttore generale dell’ufficio federale della polizia criminale Volker Gehm dichiarava “La mafia utilizza qui in misura crescente il suo campo di azione”. In una antica ordinanza contro i Mammoliti negli anni Novanta i magistrati calabresi avevano già segnalato che “l’enorme flusso denaro proveniente dal narcotraffico a Duisburg viene investito nell’acquisto di immobili e di pubblici esercizi”. Legislazione carente e disattenzione hanno fatto prosperare affari e ‘ndrine. In una recente indagine, scrivono Gratteri e Nicaso, un broker ha sostenuto che attraverso Iban protetti poteva trasferire 500 miliardi di euro da un conto tedesco a una banca malese senza essere tracciato.
In Germania la ‘ndrangheta è presente in almeno nove Lander (le nostre Regioni) con 20 locali che schierano almeno 500 affiliati federati in un organismo molto simile a quello della Lombardia. Riciclano soldi in edilizia, ristorazione e terziario. In Germania è quasi impossibile adoperare intercettazioni ambientali e telefoniche, complicato seguire i soldi secondo il metodo Falcone. Come disse in un’intercettazione italiana un esponente del clan Farao-Marincola “Qui possiamo fare tutto”. Benvenuti in Germania.

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folgorato_vaglio_lise

A Cosenza nei pressi della stazione di Vaglio Lise vuota di servizi e di passeggeri, a breve dovrebbe sorgere un resort a cinque stelle. Aspettando i ricchi turisti oggi raccontiamo invece una storia di tragica povertà periferica. Quella di Fabio, 45 anni, agli arresti domiciliari nella zona, persona “già nota alle forze dell’ordine” come suole scrivere la cronaca nera. I suoi reati erano piccoli, come quello di rubare il rame, perché a Cosenza come in India a volte rubano il rame sui binari e si bloccano i treni. Fabio aveva puntato il rame di una cabina elettrica adagiata tra i due palazzi del centro direzionale dell’ex Carime. È morto folgorato come sulla sedia elettrica, ritrovato incenerito dagli operai chiamati per riparare il guasto. E si stringe il cuore a pensare alla fine di colui, che senza legge, morì nel nome suo, perché anche un ladro non muore meno del Nazareno come canta De André.

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Il molto valido avvocato Luca Muglia si è dimesso dal suo ruolo di Garante regionale dei detenuti “per motivi personali” evidentemente validissimi ma anche per “la sussistenza difficoltà operative”. È evidente che Muglia ha lasciato perché non ha avuto le condizioni adatte per svolgere il suo lavoro. Nelle altre regioni i garanti hanno a disposizione almeno cinque collaboratori e a volte singoli uffici in ogni carcere. In Calabria non ha neanche un sede. Condizione che aspetta anche il prossimo garante dei detenuti. Cambiamo rotta?

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Dobbiamo essere grati alla gallerista cosentina, Marilena Sirangelo, di aver organizzato delle grandi manifestazioni a Cosenza per il centenario del fotografo e documentarista, Mario Carbone, che da San Sosti, paese dove oggi ancora vive, riuscì a documentare alcuni degli episodi più illustri della storia culturale nazionale. Oggi alla Galleria nazionale di Cosenza si apre la bella mostra sulle fotografie scattate dal 1954 al 1990 dall’artista calabrese, e si potranno ammirare anche i documentari sulla celebre performance “nuda” del 1977 di Marina Abramovic a Bologna e il decennale del Nuovau realismo a Milano incrocio nodale della storia dell’arte contemporanea italiana. E non finisce qui, perché il 13 novembre si aprirà presso la biblioteca Rodotà del Liceo Telesio di Cosenza un’altra mostra importante, quella che documenta il viaggio di Mario Carbone con Carlo Levi che ritorna in Basilicata sui luoghi del suo “Cristo si è fermato ad Eboli”. Altra giornata di studio è prevista a dicembre al Maon di Rende con focus sui lavori di Mario Carbone sul terremoto del Belice e sulle foto che documentano la ricostruzione artistica del museo all’aperto di Gibellina.
Approfitto della lieta coincidenza di questo “Carbone 100” per poter offrire alle nuove firme e agli appassionati di immagini calabresi cosa ha rappresenta nella storia dell’audiovisivo nazionale questo nostro corregionale. Mario Carbone era figlio di una guardia forestale e di una casalinga di San Sosti. Frequenta la scuola elementare in Sicilia dove la famiglia si era trasferita ma poi torna in Calabria e si appassiona da autodidatta alla fotografia come apprendista di uno zio che aveva uno studio fotografico. Nel dopoguerra, forte della sua esperienza si fa conoscere ed apprezzare a Napoli e poi a Milano diventando un fotografo molto quotato. Galeotto fu un impiego di fotografo di scena che lo avvicina al cinema. Sarà operatore di macchina, direttore della fotografia e regista di documentari. Collaboratore di fiducia di Luigi Di Gianni e di numerosi cortometraggi d’autore in almeno 400 titoli.

Come autore, Carbone, documenta l’alluvione di Firenze nel 1966 e il suo lavoro viene premiato a Venezia e riceve il Nastro d’Argento per la migliore fotografia in bianco e nero. Da buon comunista non fece mancare il suo ingegno nel cinema militante del partito. Nella sua biografia conterà molto anche l’incontro con la moglie, Elisa Magri, la direttrice della Galleria Ciak che gli permette di documentare l’attività della Scuola di Piazza del Popolo e avvenimenti storici come quelli che si possono vedere nell’happening cosentino di questi giorni.
Carbone come documentarista soffermò molto la sua macchina da presa sulla Calabria. Gli emigrati che tornano dall’America sradicati, il pittore Enotrio, i sacrifici di una famiglia di contadini per far studiare il figlio a Dipignano nel 1963, una straordinaria inchiesta dello stesso periodo sui grandi latifondisti “Stemmati” di Calabria, un reportage sulla strage di Melissa a tre lustri di quei tragici fatti.
I cento anni di Mario Carbone sono l’occasione per rivederci e rivedere il suo cinema e la sua fotografia. Non perdiamo questa buona occasione. (redazione@corrierecal.it)

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