CATANZARO Che la Lega Calabria avrebbe avuto una nuova guida, e soprattutto una guida autoctona, era una cosa attesa, soprattutto alla luce di una recente riunione a Catanzaro con il plenipotenziario di Matteo Salvini, il sottosegretario Claudio Durigon, riunione nella quale i salviniani calabri l’autogoverno l’avevano fortemente caldeggiato, anzi sollecitato. Che la nuova guida sarebbe stata individuata nel presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso, uno dei leghisti meno ortodossi alle nostre latitudini, questo era sicuramente meno atteso e meno scontato. E invece ecco la svolta, nel tormentato Carroccio di Calabria, con il “timbro” del “capitano” Salvini, che ha incoronato Mancuso come nuovo commissario al posto del pugliese Rossano Sasso. Diversi analisti politici in queste ore sottolineano il messaggio “politico” sotteso alla nota con la quale la nomina di Mancuso è stata ufficializzata: il “virgolettato” di Salvini, che ha augurato “buon lavoro” a Mancuso, è il segnale che la Lega Calabria adesso cambia o comunque dovrà cambiare decisamente prospettiva. E non avrà più alibi. Quasi una chiamata alla responsabilità, da parte del leader, nei confronti di Mancuso e degli altri big della Lega regionale, chiamati ad autogestirsi sul territorio e a dimostrare di essere capaci di mettere da parte vecchie e nuove ruggini e vecchio e nuove incomprensioni.
E’ questa probabilmente la grande sfida che attende il Carroccio calabrese, perché – spiegano fonti interne al partito di Salvini- verosimilmente la scelta di Mancuso non avrà fatto saltare di gioia diversi “colonnelli” calabresi: a quanto si fa intendere, Mancuso avrebbe ottimi “uffici” con i colleghi di Palazzo Campanella, un po’ meno (un po’ sarebbe un eufemismo…) con i parlamentari Domenico Furgiuele e Simona Loizzo, con la quale Mancuso di fatto si è “misurato” alle Europee in un derby che evidentemente aveva come posta in palio proprio la leadership regionale del partito, derby che Mancuso si è aggiudicato sul piano numerico del consenso. Un successo che però è rimasto senza conseguenze fino a oggi, se è vero che la Lega nazionale, archiviata la fase piuttosto incolore del precedente commissario Giacomo Saccomanno, aveva scelto la strada della guida esterna con il deputato pugliese Rossano Sasso, aumentando i malumori dei salviniani calabresi, divisi su tutto ma non sulla richiesta di una leadership che fosse espressione del territorio. Nelle ultime settimane però le cose sono cambiate, prima con la riunione di Catanzaro e infine con un incontro conclusivo e risolutivo, che sarebbe avvenuto due giorni fa, tra Durigon e Mancuso (si parla anche di un incontro tra Mancuso e Salvini ma di questo non c’è conferma). L’investitura di queste ore ore dunque cambia il quadro, e probabilmente è anche un segnale al partito calabrese a non disunirsi (l’addio del consigliere regionale Pietro Molinaro è stato un campanello d’allarme, sotto questo aspetto, e secondo diversi osservatori si sarebbe potuto evitare se Mancuso fosse stato nominato prima). E poi chiude ogni indiscrezione sulle future intenzioni dello stesso Mancuso, da mesi dato in procinto di lasciare la Lega per abbracciare altri lidi, in particolare quello di Forza Italia e l’”inner circle” del presidente della Regione Roberto Occhiuto: una strada battuta ma mai fino in fondo, anche per l’”affollamento” che c’è tra le fila azzurre e alcune scelte territoriali che alla fine avrebbero ristretto gli spazi di agibilità di Mancuso in caso di approdo in Fi (esempio, l’adesione ufficiale del consigliere regionale Antonello Talerico a Forza Italia e la nomina di Sergio Abramo presidente di Arsai). Ma secondo i “bene informati” alla fine un Mancuso leader della Lega rafforzerebbe anche l’asse con lo stesso Occhiuto, che comunque avrebbe un interlocutore anche politico sicuramente più gradito rispetto ad altri oltre che uno sponsor sicuro e affidabile alla sua ricandidatura alla guida della Calabria. (a.cantisani@corrierecal.it)
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