LAMEZIA TERME Una lunga attività d’indagine svolta dalla Squadra Mobile e dalla Guardia di Finanza- Nucleo PEF di Lecce che avrebbe consentito di far luce su fatti riconducibili ad appartenenti alla sacra corona unita pugliese, dedita particolarmente al traffico di stupefacenti, in particolare nel territorio della provincia di Lecce: sono in tutto 33 le persone finite in carcere, due ai domiciliari su ordine del gip del Tribunale di Lecce, Marcello Rizzo, tutti considerati appartenenti ad una strutturazione capillare, in cui vi era una precisa ripartizione di compiti tra i sodali, una disponibilità di enormi quantità di denaro contante, telefonini criptati, veicoli dotati di appositi nascondigli oltre che depositi sicuri in cui occultare il materiale illecito. Un gruppo in grado anche di curare rapporti con trafficanti di droga calabresi e altri sodalizi criminali operativi sul territorio nazionale ed all’estero (tra cui albanesi e spagnoli).
Sarebbe Rocco Gligora (cl. ’71) di Melito Porto Salvo l’elemento di congiunzione tra il gruppo leccese e quello calabrese. L’uomo, finito in carcere, è gravato da diversi precedenti, anche specifici, e per gli inquirenti è «chiaramente l’esponente di un’associazione calabrese dedita a ingenti traffici di stupefacenti e in tale veste ha avuto rapporti con gli altri indagati salentini». Sono tre i capi d’imputazione che lo riguardano e che vedono coinvolti altri due soggetti, Raffaele Capoccia (cl. ’88) e Salvatore Perrone (cl. ’66), entrambi finiti in carcere. Sarebbero stati loro, infatti, ad approvvigionarsi di un ingente quantitativo di cocaina da soggetti calabresi, tra cui proprio Gligora, dal valore di 125mila euro nell’aprile del 2021. Anche a marzo di quello stesso anno, un altro appartenente al gruppo leccese ovvero Cosimo Miggiano (cl. ’81) anche lui tra le persone finite in carcere, «avrebbe ricevuto 12 kg di cocaina da Gligora che avrebbe provveduto a far trasportare la sostanza stupefacente a Lecce da una famigliola composta da padre, madre e un bambino, viaggianti a bordo di una Lancia Musa.
Altro elemento coinvolto nell’inchiesta è Santo Gagliardi (cl. ’65) raggiunto anche lui da una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Anche lui, secondo l’accusa, avrebbe acquistato da Gligora un ingente quantitativo di cocaina contraendo debiti per circa 70mila euro. Santo Gagliardi non è un nome qualunque: insieme a Cristian Pepe (cl. ’70) già detenuto e Antonio Marco Penza (cl. ’83) – secondo l’accusa – sarebbe un elemento di spicco della sacra corona unita. Gagliardi, inoltre, sarebbe stato in grado di allacciare e mantenere nel tempo rapporti con grossi fornitori di stupefacenti nazionali ed internazionali. E, in questo caso, anche calabresi.
Secondo la ricostruzione accusatoria, Gligora sarebbe un amico di vecchia data di Santo Gagliardi. «Io sono un suo fraterno amico (…) Porco diavolo… Mi è dispiaciuto… Lo puoi dire forte e un mio carissimo fratello… Comunque, ora ti giro un contatto di un mio intimo… Così vediamo a lavorare…». Questo il tenore di uno scambio di messaggi decriptato da SkyEcc tra Gligora e Cosimo Miggiano. I due, discutendo del recente arresto proprio di Santo Gagliardi avvenuto in Spagna il 14 dicembre del 2020. I due, secondo l’accusa, fanno evidentemente riferimento a rapporti pregressi tra il calabrese ed il salentino. «Io sono amico di tanti là, ma il mio migliore amico e santino» scrive Grigora, con il pugliese che replica: «Tanto cash io lavoro amico mio… Io ora 5alla volta compro…». Grigora si mostra quindi propenso a proseguire con il narcotraffico con i salentini: «Ora ti mando foto… A noi ci anno fatto operazione… Compa’ nn so se sai… E siamo un po’ in difficoltà…». E poi chiosa: «Ci sentiamo domani». (g.curcio@corrierecal.it)
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