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La droga a Scalea spacciata da un unico gruppo, un assuntore indica le dosi con i nomi dei figli

Utilizzati nomignoli criptici per richiedere grosse o piccole quantità di stupefacente. E «chi sgarra abbusca…»

Pubblicato il: 22/11/2024 – 14:51
di Fabio Benincasa
La droga a Scalea spacciata da un unico gruppo, un assuntore indica le dosi con i nomi dei figli

SCALEA La base a Scalea, i tentacoli in Calabria e in altre regioni d’Italia. Questa mattina, i carabinieri della Compagnia di Scalea, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti di quattro persone: Michele Silvestri, Emanuele Mandarano, Domenico Tamarisco, Franco Scorza. Sono accusati di far parte di una associazione a delinquere dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Grazie alle indagini, i militari sono riusciti a tratteggiare i contorni del sodalizio formatosi all’indomani delle operazioni giudiziarie che hanno interessato l’area del Cosentino.

L’asse campano della cocaina

La droga sulla costa si muove sull’asse calabro-napoletano, il secondo rappresentato da Domenico Tamarisco, e quello cetrarese, rappresentato da Franco Scorza. Lo spaccio viene coperto e nascosto ricorrendo all’utilizzo di termini criptici, un classico che si ripete nelle intercettazioni legate ad operazioni antidroga. E cosi, un acquirente desiderosi dell’ennesima dose, per indicare “grandi” e “piccole” quantitativi, fa riferimento a “Y.” e “R.”, i suoi due figli: uno di maggiore età e l’altro più piccolo. La rete di spaccio scaleota si alimenta di dosi di cocaina, da Napoli avrebbe garantito il suo apporto Tamarisco nome che chi indaga ha già in archivio: l’indagato, infatti, è gravato da numerosi precedenti anche per traffico internazionale di stupefacenti.

Il debito con Mimmuccio

In una intercettazione ambientale vengono catturati i colloqui di alcuni sodali impegnati a discutere della attività degli spacciatori autonomi di Scalea, e della possibile scelta di indicare un comune prezzo di mercato. «Ora blocchiamo a tutti quanti! (…) si fanno i prezzi e i cosi e poi (…) tutto imposto deve essere» e «chi sgarra abbusca (…) uno che abbusca lo capiscono tutti! No che abbusca normale! Ma rottura di ossa proprio! Gambe rotte, braccia rotte!!!». Insomma il messaggio è chiaro.
Seguono altri dialoghi, dai quali emerge la necessità impellente di riscuotere quanto dovuto da diversi acquirenti. Si parla di un debito da ripianare con tale “Mimmuccio” , «5.000 euro euro ogni due o tre giorni», che avrebbe ridotto i quantitativi forniti proprio in ragione dei mancati pagamenti accumulati dall’organizzazione per pregresse forniture.

Dalla Campania alla Calabria

La figura di Franco Scorza viene tratteggiata dagli investigatori, quando in una intercettazione c’è chi fa riferimento a «compa Franco». Anche in questo caso, al centro della discussione, vi è il saldo di un debito nei confronti dello stesso.
Nel corso della conversazione captata, gli interlocutori fanno cenno allo stato di detenzione domiciliare a cui lo stesso era sottoposto ma nonostante tutto per l’accusa «rappresenta un canale di rifornimento per il gruppo criminale». Le attività di osservazione e monitoraggio consentono di intercettare e documentare numerosi viaggi compiuti nel 2020 da alcuni degli indagati a Cetraro, nella remota località Battendieri, «dove risiede un esiguo numero di persone, tra le quali proprio Franco Scorza». Uno dei viaggi della droga viene intercettato dalle forze dell’ordine ed ai controlli segue il sequestro dello stupefacente appena acquistato, si parla di 150 grammi di cocaina, «occultato nel veicolo» sul quale viaggiavano due soggetti poi arrestati.

I racconti degli assuntori

Come spesso accade, sono le confessioni rese da alcuni assuntori ad incrementare il materiale probatorio accumulato dagli investigatori. E anche nell’odierna operazione, i racconti finiscono per consentire di rendere ancora più chiaro il quadro d’indagine. C’è chi ammette di fare uso di cocaina e marijuana e di esseri rifornito dal «gruppo di Scalea».
«Ogni qualvolta avevo bisogno di comprare la marijuana, che compravo in quantità sufficiente per diversi giorni, anche per evitare di rivolgermi a loro con molta frequenza, li contattavo o li incontravo per strada». «Potevo rivolgermi indifferentemente ad ognuno di loro – aggiunge l’assuntore – poiché gli stessi facevano parte di un unico gruppo, per cui poteva capitare che chiedessi la droga ad uno di loro e la ricevessi da un altro». Per quanto riguardo il prezzo, invece, «compravo da loro dosi di cocaina grandi e piccole. Quelle grandi le pagavo anche 70 euro, quelle piccole, invece, le pagavo 35-40 euro. Nel periodo in cui ho comprato droga ho ricevuto in totale circa 200 occasioni». (f.benincasa@corrierecal.it)

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