150 anni fa nasceva Sir Winston Churchill, che avrebbe vissuto oltre novant’anni e segnato la storia del Novecento del quale fu indubbiamente il più grande statista e politico. Ripercorrere la sua vita sarebbe troppo lungo. Meglio ritornare agli anni in cui fu protagonista di una incredibile resistenza al nazismo, senza la quale difficilmente la Gran Bretagna avrebbe retto all’urto. Anticomunista viscerale, appoggiò convintamente Mussolini fino al periodo delle guerre coloniali. Da lì in poi cerco ‘ in ogni modo di sventare il Patto di acciaio. In una Londra bombardata dai tedeschi seppe reagire senza arrendersi. Vincendo una guerra che sembrava impossibile. Fu luì di fatto a disegnare il mondo di Yalta. E nonostante l’insperata vittoria perse incredibilmente le elezioni qualche mese dopo. Non si arrese. Nonostante gli infarti, le depressioni, il whisky. Ritornò alla guida del Regno avendo come nemico la cortina di ferro. Degli italiani aveva un pessimo ma realistico concetto. Disse che “In Italia c’erano 45 milioni di antifascisti e 45 milioni di fascisti ma non mi risulta che gli italiani siano novanta milioni”. Era un liberale autentico, delegato di fatto dagli Stati Uniti a una sovranità illimitata sull’Europa occidentale. Odiato, vituperato, ma troppo spesso dimenticato per un’azione contro il nazismo che fu più importante di quella sovietica. Tra i suoi aforismi spicca quello esistenziale “Ho conosciuto tanta gente che sul letto di morte si era resa conto di essersi preoccupata per cose inesistenti”. Amico di Galeazzo Ciano, tentò di dissuadere Mussolini dall’alleanza con i tedeschi. Nella sua visione l’Italia avrebbe dovuto essere neutrale e poi affrontare, un po’ come Franco, una transizione verso la democrazia. Che considerava “l’imperfezione migliore possibile”. Morì lo stesso giorno del padre a 91 anni. Nonostante gli infarti e l’obesità. Il mondo gli deve tanto. Soprattutto, la libertà.
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