Effettuavano «continui viaggi per il rifornimento della sostanza stupefacente», sul punto risultano importanti quelli registrati a Gioia Tauro e a Platì, nel Reggino, e ad Altamura, in Puglia. Il modus operandi dell’organizzazione criminale che operava a Crotone e nel suo hinterland e smantellata dall’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Grecale”, è descritta nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il gip ha disposto l’arresto di 44 persone (40 in carcere e 4 ai domiciliari). Anche il procuratore facente funzioni della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, nel corso della conferenza stampa, ha messo in risalto che «l’area di operatività dell’associazione era costituita da più fronti, con coltivazioni e canali di rifornimento dalla Locride e dalla Piana di Gioia Tauro, oltre che un canale dalla Puglia attraverso soggetti albanesi ma soprattutto sono stati individuati vari addentellati dell’associazione con esponenti delle cosche storiche del Crotonese».
E a dimostrare quanto l’organizzazione fosse ben strutturata è la disponibilità di basi logistiche e di mezzi materiali necessari per le operazioni delittuose. Ma non solo. Gli investigatori hanno accertato «la sistematicità e la serialità delle trattative all’interno del ciclo commerciale della droga», un traffico che avveniva attraverso pusher dislocati su diverse piazze di spaccio. Il sodalizio – che aveva anche disponibilità di armi – inoltre disponeva di una cassa comune e di specifiche forme di suddivisione dei proventi, le somme venivano anche destinate ai detenuti.
Tra le figure apicali c’è quella di Maurizio Valente, considerato «promotore e organizzatore», benché detenuto. Approfittando di colloqui carcerari e altre forme di “ambasciate” fatte pervenire all’esterno – per gli investigatori – Valente «pianificava le attività di spaccio, decideva la suddivisione delle piazze, disponeva le modalità di sostegno delle famiglie dei detenuti, vietava a personaggi sgraditi la possibilità di vendere su piazza, intesseva le alleanze per meglio calibrare il mercato degli stupefacenti». Mentre Antonio, Pantaleone e Francesco Laratta «anche sulla scorta delle direttive formulate dal Valente, decidevano a quali amali ricorrere per ottenere le forniture, intessevano le alleanze per suddividere le piazze di spaccio, per individuale “clienti” cui assicurare partite consistenti di narcotico».
L’approvvigionamento di narcotico avveniva presso fornitori della Piana di Gioia Tauro, della Locride, di Isola Capo Rizzuto e della Puglia, «previe interlocuzioni con esponenti di organizzazioni ivi sedenti e impiego di corrieri», rileva il gip. In particolare nell’ordinanza viene menzionato l’episodio che vede protagonisti Pasquale Scarruglia, Salvatore Santoro e Andrea Misticoni (tutti in carcere) e che riguarda il trasporto di un chilo di cocaina sequestrata dopo essere stata prelevata a Platì. Mentre a Gioia Tauro viene registrato l’acquisto di una partita di marijuana (in particolare 7,213 kg poi sequestrati), da parte di Francesco Martino, Francesco Laratta e Luca Siniscalchi. Con loro anche Alessandro Celano, poi arrestato. Il gruppo per il trasporto effettuarono da Gioia Tauro una staffetta per monitorare l’eventuale presenza di forze dell’ordine che potessero intercettare il veicolo.
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