REGGIO CALABRIA Il corso di formazione in ematologia, organizzato a Reggio Calabria, ha avuto una duplice cifra distintiva, se per un verso a confrontarsi sono stati chiamati i ricercatori più affermati in ambito nazionale, dall’altro è emersa con chiarezza la solidità della rete ematologica in Calabria con centri di ricerca e cura che dialogano tra di loro e strutturano una risposta adeguata alla domanda di salute dei calabresi. «I dati di cui disponiamo oggi nelle patologie ematologiche neoplastiche – spiega al Corriere della Calabria Marco Rossi, direttore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Dulbecco di Catanzaro – dimostrano che l’approccio di una ricerca di base intensiva e una ricerca preclinica ha determinato un radicale cambiamento nell’individuazione di quali sono i farmaci che possono essere utilizzati nella pratica clinica. Qui a Reggio abbiamo discusso molto del Mieloma multiplo che nell’ambito delle patologie ematologiche neoplastiche è tra quelle che ha avuto un’evoluzione più rapida in questo senso. C’è stato un grande lavoro di ricerca preclinica, l’introduzione di farmaci ed un enorme lavoro di validazione di questi farmaci nei clinical trials».
«Tutto ciò – aggiunge Rossi – ci ha consentito di arrivare al risultato che possiamo utilizzare dei farmaci eccezionalmente attivi e con bassa tossicità per i nostri pazienti, stiamo abbandonando approcci chemioterapici classici con un miglioramento in termini di efficacia, di tolleranza e di qualità della vita dei nostri pazienti».
Considerazioni che spingono, inevitabilmente, a ragionare di futuro «la prospettiva – aggiunge Rossi – è continuare in questa direzione perché stiamo creando le condizioni per raggiungere – almeno in una frazione di questi pazienti ed in patologie incurabili – l’obiettivo di renderle curabili. In altri casi dove non è possibile questo risultato puntiamo ad allungare notevolmente la sopravvivenza, in situazioni selezionate di cronocizzare la patologia e renderla inoffensiva nel corso della vita del paziente». Ultima considerazione Rossi la riserva all’incontro di Reggio «riunioni come questa ci consentono di interagire tra di noi, di confrontarci, di mostrare dati e discutere criticamente, è importante sempre porsi il dubbio di ciò che si sta facendo per migliorare sempre gli obiettivi».
Per una precisa scelta, metodologica si potrebbe dire, l’incontro in riva allo Stretto ha riservato attenzione a malattie tristemente note (come il mieloma) ma anche a patologie più sconosciute o che rientrano nell’ambito ematologico pur non essendo tumorali, è il caso – ad esempio – della porpora trombotica trombocitopenica, «certo – ci spiega Bruna Greve, dirigente medico del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria – l’ematologo si occupa anche di patologie benigne e sono diverse. Si va, ad esempio, dall’anemia emoticia autoimmune alla porpora trombotica trombocitopenica, delle piastenopenie immuni alla mastocitosi. Ma attenzione, aggiunge Greve, pur essendo patologie benigne necessitano di visite specialistiche ematologiche, di trattamenti specifici, in alcuni casi di valutazioni multidisciplinari».
«Nel caso della porpora trombotica trombocitopenica quest’anno – aggiunge Greve – ricorre il centenario della prima diagnosi effettuata, diagnosi che venne condotta su un cadavere. Parliamo di una patologia che 100 anni fa aveva il 90% di mortalità, oggi stiamo parlando del 2-3% di mortalità. In questa patologia, così come in molte altre, la medicina ha fatto passi in avanti considerevoli, avanzamenti che ci hanno consentito e ci consentono di gestire bene questi pazienti che in passato, pur trattandosi di patologie benigne, potevano avere delle complicanze serie. Verò è che sono patologie benigne ma hanno un impatto considerevole sull aqualità della vita del paziente che dovrà afferirein maniera continua e in alcuni casi per tutta la vita press i nostri ambulatori. Per fortuna l’incidenza è bassa, per la porpora trombotica trombocitopenica, l’emoglobinuria parossistica notturna, la mastocitosi parliamo di 2-3 casi per milione, per la piastrinopenia immune parliamo di 4/5 per mille, l’anemia emolitica autoimmune siamo intorno ai 3 casi su milione. Ma questi dati ci dicono anche che la loro rarità richiede un’expertise elevata, l’ideale per queste patologie è infatti avere dei centri di riferimento regionali che consentano ai pazienti di avere specialisti o multispecialisti a disposizione. Per quanto ci riguarda stiamo lavorando a Reggio Calabria per diventare punto di riferimento per la Regione Calabria sulla mastocitosi». (redazione@corrierecal.it)
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