COSENZA È come quando, nel volgere di pochi anni, il fenomeno Salento degenerò nella massificazione turistica e in un generalizzato degrado. Ieri si è avuta conferma di come il “cuddruriaddru day“ di Cosenza si stia trasformando sempre più in giornata in cui tutto è consentito, più per i commercianti del settore food che per i clienti, disciplinati benché sempre più numerosi nel loro sciamare per le strade del centro, ma in questo caso “vittime” di un aumento di prezzi sconsiderato a fronte di una qualità dell’offerta spesso discutibile, per usare un eufemismo.
E così – al netto degli stand in cui la classica «ciambella» o il panzerotto fritto possono variare dall’euro e cinquanta ai 3 euro nelle diverse varianti e per una bottiglia di prosecco il ricarico può essere “nella norma” (10 euro in media il prezzo) – altrove si assiste a un aumento immotivato, o forse motivato proprio dall’assalto di turisti “mordi e bevi” nel centro del capoluogo bruzio, con prezzi raddoppiati: se negli stand temporanei piazzati (con tanto di licenza) lungo l’isola pedonale il listino prezzi è esposto, in più di un bar una birra può arrivare a costare 6 euro con un aumento del 100%. Uno spritz tra 8 e 15 euro, senza nulla da mangiare, un prosecco servito in bicchiere di plastica 4 euro, una bottiglia di vino dozzinale a 20 euro; per non parlare dei tavoli dove l’accompagnamento di cibo alle bottiglie è davvero irrisorio.
Discorso a parte per l’offerta. Nella tarda mattinata di ieri più di un esercente del centro, forse non prevedendo l’afflusso di turisti o cosentini alle prese con il pranzo street food della vigilia, rispondeva che noccioline americane e patatine in sacchetto erano l’unica portata possibile, altrove locali del centro offrivano taglieri dove i formaggi erano presenti solo sulla carta a prezzi (quelli esposti sono una chimera) comunque più alti rispetto al resto dell’anno.
Nessuna generalizzazione, naturalmente, ma solo i casi limite. Né la classica lamentazione del cosentino medio cui “non va bene nulla”; solo la fotografia dell’esistente, nella speranza che con gli anni un fenomenale momento di festa e convivialità non degeneri nel peggio, secondo il “canone Salento”. (euf)
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