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Da sindacalista a clochard, la storia di Mario che dormiva per strada: «Ma anche di notte sto con gli occhi aperti»

Una parabola comune a tanti: la perdita di lavoro e affetti, il rischio di scivolare nell’abisso, il tentativo di sopravvivere con dignità

Pubblicato il: 26/12/2024 – 19:05
di Eugenio Furia
Da sindacalista a clochard, la storia di Mario che dormiva per strada: «Ma anche di notte sto con gli occhi aperti»

COSENZA Un bengalese si è addormentato su una panchina dell’isola pedonale con il bicchiere vuoto in mano e il cartone del Tavernello lasciato a terra, accanto alla bici che probabilmente qualcuno gli ruberà ma lui potrà accorgersene solo quando avrà ripreso i sensi. A due passi da viale Mancini, invece, in un’Alfa Romeo riparata alla bell’e meglio da stracci vive da settimane un uomo che appende tra gli alberi i vestiti e sui tronchi alcuni fogli con scritte in arabo. Storie di ordinaria marginalità nella città bifronte che sembra la New York del Jay McInerney di “Si spengono le luci”, dove il ricco con guardia del corpo al seguito e il senzatetto dagli abiti stazzonati sono – o almeno sembrano – uguali, fermi come sono al semaforo della Quinta Avenue, uno accanto all’altro.

Storie di ordinaria marginalità a un passo dal centro di Cosenza: un’auto abbandonata trasformata in casa da un senzatetto

Da sindacalista a clochard, la storia di Mario

In una pausa dello shopping compulsivo ci si può imbattere in storie come quella di Mario, nome di fantasia come vuole la prassi quasi a volerne rimuovere anche l’esistenza. Prima però bisogna scendere un attimo dal vorticoso scorrere del flusso consumistico e dimenticare i lustrini della festa. «Ce l’hai almeno un’ora per ascoltarmi? La mia storia è lunga, complessa e per certi aspetti incredibile». Mario dosa con cura ogni parola da dire, ha 56 anni di una vita intensa in cui c’è un prima – quello in cui aveva una casa e un lavoro – e un dopo, in cui si è ritrovato senza nulla, finito per strada a contendersi con gli altri clochard una panchina su cui dormire.
«Facevo il sindacalista» dice. «Avevo una vita normale: una bella casa, una rete di amici e conoscenti, un lavoro che mi piaceva e che mi faceva stare in mezzo alla gente». Poi, all’improvviso, la rottura, la quotidianità che si sgretola e va in pezzi. «Sono stato licenziato. Ingiustamente e senza giusta causa, la beffa più grande per un sindacalista – ride, ma poi diventa cupo –. Non avevo più un lavoro e di conseguenza piano piano ho perso tutto».
Il momento più buio è legato alla pandemia. «Il Covid mi ha dato il colpo di grazia – racconta Mario –, mi sono ritrovato solo, impossibilitato a trovare un lavoro per mantenermi, ho trovato davanti a me solo porte chiuse». Mario viveva a Genova, poi si è trasferito a Bologna e nella fase più difficile della sua vita ha trovato ospitalità in una comunità in Puglia.
«Avevo finalmente un tetto sulla testa e un piatto caldo – ricorda – però non ero a mio agio perché gli ospiti della comunità avevano vissuti e problematiche che niente avevano a che fare con me. Per questo sono andato via». È a questo punto che finisce per strada, che tocca il fondo. «Dormivo sulle panchine, ma più che dormire sarebbe meglio dire riposavo – sorride – perché di notte in strada non si dorme. Devi tenere gli occhi aperti perché tutto può succedere. Intorno a me tanta disperazione, tanta miseria, uomini e donne che come fantasmi cercavano di rimanere vivi, di stare a galla».

Un’eterna ripartenza

Ha gli occhi lucidi adesso, perché quella sensazione di precarietà la ha ancora addosso. «Per un lungo periodo ho vissuto ad Amantea, ho fatto il badante per un signore anziano. Ho fatto del mio meglio, ho imparato a fare un lavoro e l’ho fatto bene. Poi purtroppo è morto e io mi sono trovato di nuovo per strada».
A Cosenza ha ritrovato la dignità e la speranza. È stato accolto nel dormitorio di una struttura per persone in difficoltà mentre nella mensa dei poveri dell’associazione Casa Nostra ogni giorno trova la colazione, un piatto pronto e soprattutto il calore di una piccola comunità unita e solidale, come una famiglia. «Sì, questa è la mia famiglia adesso – dice – grazie a loro posso ancora vivere momenti di gioia, per esempio quando cantiamo e suoniamo assieme. Io adoro cantare e mi dicono che sono anche bravino».
È ora di andare, anche se fuori grandina, «ma io sono abituato, non mi fa certo paura stare sotto la pioggia. Mi fortifica, mi ricorda che devo sempre ripararmi da qualcosa» ride. Che si aspetta da questo 2025? «Ci riprovo anche quest’anno a esprimere lo stesso desiderio: voglio solo tornare ad essere autonomo e indipendente. Voglio solo questo».

Il “paracadute” del volontariato cattolico

Nei tempi delle “nuove povertà” e della «gelosia del welfare» (Ezio Mauro) in cui si scatenano continuamente guerre tra ultimi e penultimi per rivendicare diritti e supporto, la Chiesa sembra l’unica “agenzia” novecentesca capace di fronteggiare emergenze sociali che rischiano di esplodere: è come una cenere che cova sempre sotto uno strato apparentemente calmo ma è pronta a manifestarsi con improvvise fiammate di rabbia e disagio.
A Cosenza, a parte l’Oasi Francescana avviata alcuni anni fa da Padre Fedele e oggi attiva con un’altra gestione, è da sottolineare soprattutto l’attività della “Caritas” oltre che della già citata Casa Nostra. «Hanno anche creato bagni e docce aperte a persone che hanno perso tutto e sono in stato di disagio estremo, alle quali riescono anche a dare da mangiare, in collaborazione con supermercati, panetterie ed altri commercianti e con le donazioni di singoli cittadini. Mi risulta che hanno ristrutturato anche dei piccoli appartamenti nel centro storico e ci sono suore e volontari che assistono queste persone», racconta Vincenzo Gallo, architetto con un passato ai vertici di Confindustria Cosenza oltre che assessore comunale ed esperto di fenomeni socio-economici. «Il comune di Cosenza – aggiunge Gallo – ha sempre svolto un ruolo importante anche per il suo notevole patrimonio immobiliare. In Italia è stato di fatto abolito il reddito di cittadinanza, esistente in quasi tutti i paesi europei, ed hanno subito un drastico taglio i fondi per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Anche questi purtroppo sono gli effetti. È da sottolineare che Eurostat ha confermato che la Calabria è la seconda regione d’Europa per numero di persone a rischio povertà (oltre il 40% della popolazione) e la Sicilia è la terza (38%), precedute solo dalla Guyana francese».
Nella battaglia quotidiana tra i marginali il Natale rappresenta solo un’altra notte da passare all’addiaccio o un pasto da condividere sperando nel nuovo anno: che non sia cinico e spietato come quelli passati. (e.furia@corrierecal.it)

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