Se un Cardinale asserisce (dal Tg1) che Babbo Natale non esiste, gli si può, sommessamente, replicare che spesso non pochi religiosi, evidentemente smarrito il senso del sacrificio (non solo spirituale) richiesto per rendere credibile la testimonianza, consentono alla parola di essere più veloce del pensiero. A tal punto d’inquinare rovinosamente la fantasiosa atmosfera che dà felicità ai più piccoli in dialogo immaginifico con l’Uomo dalla bianca barba, che porta con sé non armi di distruzione di massa ma un carico di regali. Oppure che, seguendo i lineamenti della sua tesi, neanche del Dio testamentario si ha certezza evidente. Tantomeno di quel Figlio fattosi uomo, inviato per salvare l’umanità dal peccato, messo a morte dai soldati romani (che – va ricordato – furono soltanto gli esecutori materiali) e poi risorto.
Inoltre, mentre si è sicuri che Babbo Natale – reale perché, come ammonisce il Piccolo Principe, l’essenziale è invisibile agli occhi – non ha mai avuto bisogno di chiedere venia per misfatti compiuti in suo nome, la stessa cosa non può dirsi del dante causa del cardinale Comastri. La materia, di cui siamo fatti, è una prigione oppressiva che obbliga a sottostare alla dura condizione dell’esistenza che ci omaggia della sgradevole abitudine di morire. Non si comprende, dunque, perché mai il Cardinale, in un secolo tormentato da crisi ecologiche e umanitarie e dalla dittatura consumistica dei demiurghi del Supermercato che disprezza ogni ordine spirituale, avverta l’urgenza di trattare con gli arnesi della razionalità che sconfina nello scientismo, la magica fiducia nel buon Babbo Natale. Il rito dei panettoni e dei regali a gogo imposto dai commerci che soverchia l’anima del Natale, è diabolico ma ( per carità!) non scarichiamo le colpe di un mondo in drammatico disordine sull’anziano barbuto che, nonostante gli acciacchi, ogni 24 dicembre e a quanto pare da 1700 anni, viene in pace dalla Lapponia.
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