LAMEZIA TERME Livorno si conferma – insieme a Gioia Tauro – il porto più importante scelto dalla ‘ndrangheta per l’arrivo di ingenti carichi di cocaina provenienti dal Sud America. L’ultimo sequestro in ordine di tempo ne dimostra, ancora una volta, il ruolo cruciale per le dinamiche del narcotraffico internazionale: ben 217 chili di cocaina purissima, suddivisa in quasi 200 panetti per un valore commerciale sulle piazze di spaccio di oltre 60 milioni di euro. I panetti di cocaina, spiegano gli uomini della Guardia di Finanza supportati dagli agenti della Dogana, erano nascosti all’interno di un container contenente legname, sbarcato da una nave cargo proveniente dal Sud America e diretto, neanche a dirlo, in Calabria.
Un sequestro, dunque, ingente e che si inquadra in uno scenario che appare sempre più chiaro. Già a novembre del 2024, infatti, un blitz coordinato dalla Distrettuale antimafia aveva portato all’arresto di 30 persone, tutte ritenute parte di una associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e coinvolti in una serie di episodi di importazione, trasporto e cessione di droga, di cui 23 sono finiti in carcere. L’attività di indagine aveva consentito di sequestrare oltre 2 tonnellate di cocaina, 45 chili di hashish, 20 chili di marijuana. Sostanze stupefacenti che – una volta sul mercato – avrebbero fruttato circa 70 milioni di euro alla consorteria criminale.
L’inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia nelle scorse settimane aveva svelato una complessa rete internazionale di narcotraffico che, partendo dalla Colombia, arrivava sulle coste italiane, con il porto di Livorno come principale punto di smistamento. La cocaina, proveniente dall’Ecuador e gestita tramite un broker albanese, era stata inviata in Europa grazie alla collaborazione di organizzazioni criminali italiane, tra cui la ‘ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita. Parte integrante dell’inchiesta sono state le dichiarazioni del pentito Errico D’Ambrosio, affiliato alla cosca ‘ndranghetista Molè e in passato con il ruolo di “Vangelo”. È stato lui a confermare di aver partecipato a due operazioni di recupero di cocaina nel porto di Livorno, rivelandone i finanziatori e i complici coinvolti. Tra i finanziatori ci sarebbero secondo il pentito Ernesto Modafferi, noto come “Tommy”, esponente della cosca Molè, Mario Palamara (arrestato in Spagna nel 2022) e un misterioso narcotrafficante albanese, conosciuto con il soprannome di “Porsche”. Le indagini avrebbero poi svelato anche l’utilizzo di sofisticati dispositivi di comunicazione criptati, tra cui criptofonini israeliani, per le conversazioni tra i boss e gli emissari. Questi dispositivi, acquistati in Spagna al prezzo di 5.000 euro ciascuno, venivano usati per coordinare le operazioni di esfiltrazione della droga.
L’inchiesta della Dda fiorentina aveva messo in luce, dunque, una sorta di joint-venture tra ‘ndranghetisti e albanesi, ricostruendo due cellule indispensabili per il recupero del carico di droga: da una parte i “recuperatori” e i “supervisori”, all’altra i “mittenti”. Un business fruttuoso, nonostante i numerosi sequestri effettuati, e che avrebbe visto la partecipazione di almeno tre calabresi: G. L. (cl. ’78) di Polistena, M.P. (cl. ’69) di Melito Porto Salvo ed E. M. (cl. ’75) di Gioia Tauro, tutti e tre arrestati. Oggi il nuovo maxi sequestro di cocaina che dimostra quanto sia importante il lavoro delle forze dell’ordine e degli inquirenti per smantella l’ingente e infinto business legato al narcotraffico internazionale. (g.curcio@corrierecal.it)
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