COSENZA Il Cosenza calcio e il suo re continuano a rimanere barricati nel loro castello, circondati dal silenzio e dai fantasmi. E quando parliamo di fantasmi ci riferiamo alle decisioni e agli errori marchiani prodotti nel corso di questa stagione. Decisioni ed errori mai ammessi e spiegati, che vanno dallo stravolgimento di una rosa e di uno staff che, sul finire dello scorso campionato, avevano riportato solidità tecniche ed entusiasmo in città, fino ad arrivare al disastro gestionale che ha prodotto la penalizzazione in classifica, e alle pesanti pendenze economiche con fornitori e steward dello stadio. Un disastro, tra l’altro, di cui nessuno, dalle parti di via degli Stadi, hai mai inteso assumersi pubblicamente la responsabilità. Anzi, le uniche strategie messe in campo, sono stati il mutismo e l’affronto (vedi caro-biglietti del derby o i commenti bloccati dai profili social del club), quasi come a voler scaricare tutte le colpe della crisi generale che ha colpito il calcio cosentino sulla tifoseria.
Neanche dopo la sentenza del Collegio di garanzia del Coni che ieri ha confermato definitivamente il -4 in classifica, la società silana ha ritenuto opportuno pubblicare un comunicato stampa di commento al provvedimento o di rassicurazione verso una piazza ormai sfinita da chi muove i fili del gioco e, quindi, rassegnata al peggio.
Solo poche settimane fa il patron Eugenio Guarascio si diceva sicuro della restituzione dei punti tolti, oggi non solo non replica alla decisione del Coni, ma continua a mostrare un atteggiamento di totale distacco nei confronti di una realtà che dovrebbe invece essere linfa vitale del suo progetto(?) imprenditoriale.
Per dirla in parole semplici, una squadra di calcio non è una azienda come un’altra in cui il capo decide a suo piacimento senza badare troppo ai sentimenti dei propri sostenitori. Una squadra di calcio, e di conseguenza la sua proprietà (e sarebbe anche banale ricordarlo) rappresenta la città di cui porta il nome, e non solo gli interessi di chi la gestisce. Tutto ciò ormai non pare interessare l’imprenditore lametino che va avanti per la sua strada, mai modificata nel corso degli anni, senza investire con immediatezza denari freschi nel mercato di riparazione per provare a salvare una barca ormai vicina all’affondamento, incurante delle incessanti richieste di cessione del club che guida da quasi 14 anni.
Oggi il Cosenza calcio è ultimo in ogni senso, ma soprattutto in classifica. Ha 18 punti e non 22. Per raggiungere non una salvezza diretta, ma un disperato playout, di punti da qui alla fine del torneo regolamentare (sono 16 le partite rimaste), ne occorrerebbero circa 26-27. Impossibile, considerata la situazione ambientale e il crollo psicofisico dei già fragili ragazzi di Massimiliano Alvini (tra l’altro messo superficiamente in discussione), non invocare un miracolo sportivo che, però, a questo punto del percorso, appare improbabile.
Sabato prossimo al “San Vito-Marulla” arriverà il Cittadella per una sfida già cruciale: la sensazione è che se non arriverà la vittoria, persino i fantasmi abbandoneranno il castello del re e il silenzio inquietante che lo avvolge. (f.veltri@corrierecal.it)
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