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Reggio e l’incubo dei furti: soldi, gioielli e fucili bottino dei rom di Ciccarello

Poco più di dieci episodi in soli sei mesi ricostruiti dalla Squadra mobile reggina. Il blitz nel quartiere “difficile” della città

Pubblicato il: 06/05/2025 – 11:07
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Reggio e l’incubo dei furti: soldi, gioielli e fucili bottino dei rom di Ciccarello

REGGIO CALABRIA Dieci uomini e una donna, tutti appartenenti alla comunità rom di Reggio Calabria. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere, furto aggravato, ricettazione e porto abusivo di armi da fuoco. Gli uomini della Polizia di Stato di Reggio sono andati a catturarli nel rione Ciccarello, zona Sud e periferia “difficile” della città in riva allo Stretto. E l’impiego di 70 uomini ne è la prova.

Ciccarello rione “difficile”

Diversi i blitz delle forze dell’ordine eseguiti da queste parti, altrettante le polemiche che, in questi anni, hanno alimentato la condizione di degrado e sostanziale abbandono del rione Ciccarello, in cui la presenza dello Stato viene riaffermata periodicamente, nonostante anche le aggressioni subite nel corso di alcuni controlli di polizia.

Le indagini

Le indagini sono partite dalla ricostruzione del primo furto e, in base ai pochi elementi raccolti, hanno ricostruito più di dieci episodi in meno di sei mesi per un totale di quasi 150 mila euro tra contanti e preziosi. Rubati anche due fucili e due pistole regolarmente detenuti. Fondamentali anche le immagini di videosorveglianza che, in più di una occasione, hanno immortalato elementi del gruppo nelle operazioni di furto.

L’organizzazione dei furti e la spartizione dei bottini

Secondo gli inquirenti, inoltre, nulla era lasciato al caso: guidati da due reggini appartenenti alla comunità rom, i componenti della banda si muovevano con professionalità eseguendo sopralluoghi, anche ripetuti, e briefing per pianificare nel dettaglio l’ingresso nelle abitazioni e la via di fuga più sicura. Il compito di “studiare” le vittime era affidato ad una giovane donna, anche lei della comunità rom, che annotava le abitudini di vita dei padroni di casa.
Acquisite le informazioni si passava alla fase operativa: in pochissimo tempo si riusciva a penetrare forzando la serratura della porta di ingresso oppure, in taluni casi, muovendosi da veri acrobati tra balconi e grondaie sfruttando una persiana o una porta-finestra. Una volta all’interno eventuali casseforti venivano velocemente scassinate e ripulite di banconote e preziosi. La fuga, anche questa preparata nel dettaglio, avveniva sempre con veicoli diversi. I due capi provvedevano poi alla divisione del bottino secondo il “grado di rischio” che ciascuno dei partecipi aveva affrontato durante le incursioni. (Gi.Cu.)

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