Enzo Tortora e quel vulnus mai sanato
37 anni fa moriva Enzo Tortora. Forse il più gentiluomo e colto tra i grandi presentatori italiani. Cinque anni prima era stato arrestato, messo in manette pubblicamente, per l’accusa di spaccio di s…

37 anni fa moriva Enzo Tortora. Forse il più gentiluomo e colto tra i grandi presentatori italiani. Cinque anni prima era stato arrestato, messo in manette pubblicamente, per l’accusa di spaccio di stupefacenti. Una cosa terribile che lo porterà ad essere condannato in primo grado e successivamente assolto con formula piena. Perché Enzo Tortora non c’entrava nulla. Come il processo di Kafka si trovò catapultato in un vortice tremendo. Furono i radicali e i socialisti a sostenerlo. Eletto parlamentare europeo, si dimise non approfittando dell’immunità. Nel 1988 il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati registrerà in suo nome un successo schiacciante, non venendo mai tradotto in legge. Al di là di ogni aspetto giuridico ciò che rattrista è che quella vicenda ha insegnato poco alle forze politiche. Non che tutti siano Enzo Tortora ovviamente. Ma che la clava dei procedimenti giudiziari venga usata contro gli avversari è un male comune. Si è sempre garantisti solo con se stessi, tranne rare eccezioni. È successo anche da noi. Con Giacomo Mancini, accusato addirittura di essere un uomo della mafia, con Riccardo Misasi, con altri personaggi politici poi puntualmente assolti. Ma il vulnus non sanato riguarda anche e soprattutto cittadini comuni. L’onda lunga di Tangentopoli, unita al disagio sociale, ha acuito la voglia di forca. Non che non vi siano politici che si sono arricchiti illecitamente facendo affari. Anzi. Oppure dirigenti o amministratori pubblici. E ne è concepibile che la magistratura possa perdere la sua autonomia. In un quadro di separazione giusta dei poteri. La presunzione di innocenza scritta nella Costituzione è una specie di lettera morta. Lo si è visto con Padre Fedele, sottoposto a uno stillicidio forse superiore a quello di Tortora. La fortuna del nostro Paese è la presenza di una magistratura giudicante che ha una preparazione elevata. La sfortuna è in un giacobinismo diffuso che diventa a tratti volgare. E che fa male alla politica.