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il sodalizio criminale

I clan reggini e «l’alleanza» ionio-tirreno per il traffico di droga. «Abbiamo fatto unico corpo»

«Interazioni»,«patti e prescrizioni» tra esponenti del “mandamento jonico” e “tirrenico” basati su «consolidati binari»

Pubblicato il: 13/06/2025 – 7:01
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I clan reggini e «l’alleanza» ionio-tirreno per il traffico di droga. «Abbiamo fatto unico corpo»

REGGIO CALABRIA Gli affari relativi al traffico di droga di interesse delle cosche di ‘ndrangheta reggine del “mandamento jonico” e del “mandamento tirrenico” basati su «consolidati binari» rappresentati da «interazioni tra esponenti», in particolare riconducibili alla cosca Alvaro di Sinopoli e Barbaro “Castani” di Platì. Uno schema «ricorrente» che nell’inchiesta Millennium della Dda di Reggio Calabria trova «solida conferma», secondo quanto rilevato dalle indagini e sottolineato dal gip. I riferimenti emergono da alcuni passaggi delle intercettazioni attribuibili ai principali protagonisti dell’attività investigativa. Riferimenti a «patti e prescrizioni», «alleanza», «responsabilità», dai quali si rileva inequivocabilmente – scrive il gip – l’organizzazione inerente alla gestione del traffico di droga in maniera «unitaria (“unico corpo” – di società ndr.), con riferimento alle regole che sono alla base delle relazioni tra gli esponenti delle varie strutture di ‘ndrangheta».

L’alleanza

Un sodalizio “operante al di sopra delle strutture territoriali di ‘ndrangheta”: è quanto emerge dalle indagini e dalle conversazioni captate. A parlare di un “unico corpo” è Giuseppe Barbaro (cl. ’56), in una conversazione con Rocco D’Agostino (cl. ’53). (“Con altri amici siamo intervenuti e abbiamo fatto unico “corpo”»). Secondo l’accusa, Barbaro, evidentemente contrariato per essere rimasto escluso dai grossi affari derivanti dal traffico degli stupefacenti, poiché detenuto per lungo periodo, svelava al suo interlocutore l’esistenza di una struttura criminale, non coincidente con le strutture di ‘ndrangheta, ma a queste complementare. Una “alleanza” – come lo stesso Barbaro la descriveva – che fu creata prima del suo arresto e che doveva occuparsi del traffico degli stupefacenti in maniera unitaria «per garantire a tutti i guadagni».
L’esponente del clan di Platì fa riferimento «agli accordi (“passi”) stretti con gli esponenti (“uomini”) della ‘ndrangheta della zona tirrenica della Provincia reggina e, segnatamente, di Gioia Tauro (sede del porto, roccaforte storica della famiglia Piromalli, cfr. infra), di Rosarno (fondamentale articolazione del mandamento tirrenico) e, ancora una volta, di Sinopoli e, quindi, alla cosca Alvaro». (“Ora……abbiamo fatto tutto….abbiamo fatto praticamente a Gioia… abbiamo fatto. a Rosarno….abbiamo fatto tutti i passi che dovevamo fare con gli “uomini”, Sinopoli..“).
Quest’unico “corpo”, costituito – si rileva nell’ordinanza – sul territorio di Barbaro (“nella mia montagna“) che quindi «ha fatto da garante rispondeva alle regole che sono alla base delle relazioni tra gli esponenti delle varie strutture di ‘ndrangheta (patti e prescrizioni […] impegni e responsabilità)». Barbaro aggiungeva anche che, a seguito del suo arresto, questa organizzazione ha smesso di funzionare, da qui, quindi, le sue rimostranze («Hanno arrestato me ed è finito tutto…»).
(m.r.)

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