Stefanaconi sciolto per ‘ndrangheta: il Tar conferma il provvedimento
Per i giudici sono valide le motivazioni della relazione incentrata sui rapporti di Solano. Gli ex amministratori protestano: «Decisione assurda»

VIBO VALENTIA Ancora esito negativo per gli ex amministratori di Stefanaconi, nel Vibonese, comune sciolto per infiltrazioni ‘ndranghetiste a luglio del 2024. Anche il Tar Lazio ha confermato, con una sentenza arrivata in ritardo rispetto ai tempi previsti, il provvedimento preso dal Consiglio dei Ministri dopo la relazione della commissione d’accesso. Nulla da fare, dunque, per l’ex sindaco Salvatore Solano, coinvolto nell’operazione Petrolmafie e condannato in primo grado a un anno di carcere con una sentenza che ha riconosciuto la corruzione elettorale ma non l’aggravante mafiosa. Quest’ultima è stata, invece, riconosciuta ai fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, condannati rispettivamente a 30 e 18 anni, entrambi cugini dell’ex primo cittadino. Per gli ex amministratori che avevano proposto ricorso al Tar Lazio, la decisione di sciogliere il Comune sarebbe priva di ogni fondatezza, determinata dalla presenza in un contesto territoriale ad alta densità mafiosa.
Le motivazioni dello scioglimento
Sono stati proprio questi rapporti a convincere il Consiglio dei Ministri a procedere per lo scioglimento dell’ente, motivato da «concreti, univoci e rilevanti elementi» che proverebbero le infiltrazioni ‘ndranghetiste nell’amministrazione Solano. In particolare, Giuseppe D’Amico avrebbe fornito «sostegno esplicito» all’ex sindaco durante le elezioni provinciali del 2018 in cui Solano era candidato. Il prefetto aveva evidenziato nella relazione la vicinanza del sindaco «con elementi di spicco della criminalità organizzata del territorio». Nella relazione erano finiti nel mirino anche 82 affidamenti diretti di lavori, servizi e forniture pubbliche ad aziende non presenti nelle white-list. Secondo il ricorso presentato dagli ex amministratori, i rapporti di Solano, oltre a non essere stati dimostrati con certezza, farebbero comunque riferimento al periodo della carica provinciale, mentre gli affidamenti alle imprese sarebbero avvenute prima che queste venissero respinte dalla white-list.
Per gli ex amministratori «una decisione assurda»
Uno scioglimento mai accettato dagli ex amministratori, che hanno criticato con forza le fondamenta del provvedimento. Il Tar Lazio si è espresso negativamente sul ricorso presentato. Secondo i giudici sarebbe riscontrata e confermata «una diffusa mala gestio della cosa pubblica e un’evidente assenza di legalità nell’azione amministrativa» ribadendo i «collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo mafioso». Un ulteriore colpo per gli ex amministratori che hanno commentato la sentenza parlando di «una decisione assurda, che calpesta la verità e la logica istituzionale». «Secondo il Tar, non ha importanza che la Commissione d’indagine abbia accertato l’insussistenza dei presupposti per lo scioglimento, perché “non è richiesto ad essa di proporre una certa misura”. Quindi, per il Tar, si può sciogliere un Comune anche senza accertamenti e senza una commissione d’accesso. È una ferita profonda per chi ha servito il proprio Comune con onore e legalità. Ma la verità non si scioglie con un decreto. La dignità di una comunità non si cancella con una sentenza. Continueremo a camminare a testa alta, nella verità e nella giustizia». (ma.ru.)
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