Tumore al pancreas, lo studio calabrese parte dallo screening dei figli dei pazienti
Barbarossa: «I risultati confermano la possibilità che la modifica del pancreas possa portare a sviluppare un tumore»

RENDE La sala convegni sede dell’ordine dei medici di Cosenza ha ospitato la conferenza stampa di presentazione di un progetto che mette insieme l’Asp di Cosenza e l’Università della Calabria e mira a ridurre l’impatto del tumore al pancreas partendo dai dati raccolti dai pazienti. Il cancro al pancreas è noto per essere uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare. La chirurgia rappresenta sicuramente una delle poche opzioni curative, rendendo ogni avanzamento in questo campo di vitale importanza, ma anche la prevenzione e la ricerca rappresentano variabili necessarie da attivare per ridurre l’incidenza.
«Questo progetto nasce nel 2022, parte dallo screening sulla popolazione che è composta prevalentemente dai figli dei pazienti malati di tumore pancreatico e poi si compone di una seconda parte di ricerca, per la quale è stata firmata una convenzione tra l’Asp e l’Università della Calabria, necessaria a validare i risultati ottenuti dai nostri studi», spiega al Corriere della Calabria Giuseppe Barbarossa, radiologo dell’Asp di Cosenza.

La ricerca e la scoperta
«Il dato più interessante emerso dagli studi finora condotti – continua il dottore Barbarossa – è rappresentato dalla percentuale di casi riscontrati nei figli di chi ha avuto un tumore, e che mostrano una rigidità calcolata attraverso uno strumento ecografico e un’applicazione particolare che si chiama elastosonografia effettuata negli stessi punti del corpo colpiti dal cancro nei genitori». «La rigidità riscontrata – prosegue – è uguale alla cirrosi per quanto riguarda il fegato. Gli studi effettuati sostanzialmente confermano la possibilità che la modifica del pancreas possa portare a sviluppare un tumore». I numeri dell’incidenza del tumore al pancreas sono altissimi e «in larga parte misconosciuti, perché questo tumore, un altro dato che abbiamo analizzato, resta silente per circa 12 anni per poi palesarsi in maniera diffusa. Ecco perché puntiamo molto alla prevenzione». Le percentuali suggerite dal dottore Barbarossa sono allarmanti.
«Nel 2030 rappresenterà, in assoluto, la seconda causa di mortalità ed è in incremento del 3% per quanto riguarda gli uomini e del 3,4% per quanto riguarda le donne». Numeri e dati che si scontrano con la drammatica realtà legata alla scarsa prevenzione. «Anche la ricerca arranca, ma noi confidiamo che il nostro presidente regionale, Roberto Occhiuto e l’Asp di Cosenza che già ci aiuta nella parte dello screening, possano rafforzare quest’opera di prevenzione». (f.benincasa@corrierecal.it)
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