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La spedizione dei pacchi di cocaina tramite corrieri. Il sistema “alternativo” dei narcotrafficanti

Nell’aprile 2022 il sequestro di un pacco a Ciampino con la cocaina nei chicchi di caffè. Importazioni meno remunerative ma più semplici da portare a termine

Pubblicato il: 11/07/2025 – 18:56
di Mariateresa Ripolo
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La spedizione dei pacchi di cocaina tramite corrieri. Il sistema “alternativo” dei narcotrafficanti

REGGIO CALABRIA «Digli che gli arrivano 3 pacchetti di 150 grammi e vuole mandare prima mezzo chilo, per vedere se gliela paghiamo…». Espedienti alternativi per l’importazione di cocaina proveniente direttamente dal Sudamerica. I tentativi dell’organizzazione dedita al narcotraffico smantellata dalla Dda di Reggio Calabria con l’inchiesta “Pratì” si era spinta a studiare anche metodi che non comportassero i viaggi sui portacontainer a bordo delle navi che percorrono le rotte commerciali dalla Colombia alle coste italiane. La rete criminale, formata da tre gruppi, perfettamente organizzati tra loro, si era attivata per le spedizioni di quelli che sembravano normalissimi pacchi attraverso corrieri completamente ignari del fatto che in realtà contenessero sostanza stupefacente.

Il sistema: dalle trattative alla spedizione

La droga, dal Sudamerica, ed era suddivisa in più pacchetti che venivano inviati dall’Ecuador anziché dalla Colombia, ed era indirizzata a nominativi fittizi. Il gruppo si era attivato per realizzare spedizioni – con quantità decisamente inferiori rispetto al solito (da 500 grammi a 1 chilo) – che sarebbero state portate a termine da corrieri express mediante la spedizione di pacchi postali: importazioni meno remunerative ma molto più semplici da portare a termine. Espedienti messi in atto «man mano che le operazioni ritardavano, – è la ricostruzione degli investigatori – allo scopo di rientrare nelle spese affrontate durante la fase prolungata delle trattative».
Le trattative – come ricostruito dalle indagini – si protraevano per svariate settimane e prevedevano diverse spedizioni (almeno quattro da 1 chilo di cocaina ciascuna), le prime con destinazione Reggio Calabria e le successive a Roma o Milano, con pagamento del prezzo (pattuito in circa 24mila euro al chilo, comprensivo del corrispettivo per gli intermediari) entro 4-5 giorni dalla ricezione della sostanza o mediante consegna del denaro contante a Roma o mediante trasferimento per via informatica di cripto-valute (Bitcoin o Tether o USDT) attraverso piattaforme digitali quali Binance o Trust Wallet. Una volta ricevuto lo stupefacente, questo sarebbe stato commerciato dall’organizzazione criminale in Italia al prezzo di rivendita di circa 32mila euro al chilo. Un metodo di importazione che – come emergerebbe dalle intercettazioni – sarebbe già stato utilizzato dagli indagati in precedenti occasioni.

La cocaina occultata nei chicchi di caffè

L’attività investigativa ha consentito di documentare, con queste modalità, in particolare il perfezionamento di un’unica spedizione di cocaina da Quito, in Ecuador. Il pacco, su segnalazione della Squadra Mobile di Reggio Calabria è stato sequestrato dalle Autorità Doganali presso il centro di smistamento di Roma Ciampino il 19 aprile 2022. Conteneva circa mezzo chilogrammo di cocaina occultata in chicchi di caffè destinato ai fratelli Giuseppe e Cosimo Francesco Trimboli, sebbene il destinatario indicato nella spedizione fosse uno di quelli fittizi comunicati proprio da Giuseppe Trimboli ai trafficanti colombiani.
E secondo la ricostruzione degli investigatori, sebbene il sequestro abbia riguardato un unico pacco con circa 500 grammi circa di cocaina, dal contenuto delle conversazioni captate emergerebbe, invece, che il quantitativo complessivo inviato fosse di circa 1 chilo, suddiviso in due pacchi differenti e spediti in giorni e ad indirizzi diversi.

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