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“Arangea 2”

La coca dall’Ecuador al porto di Gioia e le rassicurazioni per i finanziatori che «hanno investito milioni»

Il monitoraggio, il “semaforo” verde o rosso. L’organizzazione: dalle importazioni al trasporto, fino alla vendita. «Su a Milano si vende di più»

Pubblicato il: 14/07/2025 – 19:02
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La coca dall’Ecuador al porto di Gioia e le rassicurazioni per i finanziatori che «hanno investito milioni»

REGGIO CALABRIA La miglior soluzione è nei borsoni e la più semplice” (…) “I frigo sono sempre più controllati”. Importazioni di cocaina dall’Ecuador organizzate nei minimi dettagli. Secondo gli investigatori il ruolo di “promotore, dirigente, organizzatore e finanziatore dell’associazione di concerto” era rivestito da Bilacaj Saimir, di concerto con Antonio Gullì. Un’organizzazione smantellata con l’inchiesta “Arangea 2” della Dda di Reggio Calabria, che ha fatto luce sulle importazioni di cocaina purissima dal Sud America al porto di Gioia Tauro. Dal finanziamento all’organizzazione, i due, secondo l’accusa avrebbero stabilito “tempi, quantità e modalità delle importazioni nonché, attraverso un costante aggiornamento da parte di Gullì Antonio e di concerto con quest’ultimo, seguendo le varie fasi del carico della cocaina, del trasporto via mare e della successiva esfiltrazione presso il porto calabrese”. Ai due spettava poi decidere “modalità, quantità e prezzi di distribuzione della cocaina”.

Il modus operandi dell’organizzazione

Un modus operandi ricostruito dagli investigatori tramite i numerosi messaggi che gli indagati si scambiavano per mettere a punto ogni aspetto dell’affare.
In una conversazione, in particolare, che si incentra sulla pianificazione della spedizione di un carico di droga dall’Ecuador al porto di Gioia Tauro, è Antonio Zambara a spiegare che la squadra di portuali preleverà la droga dal container solo se questo raggiungerà il porto di Gioia Tauro con “semaforo verde”, ossia privo di segnalamenti da parte delle Forze di Polizia per essere sottoposto ai controlli. In caso di “semaforo rosso” il carico verrà perso. In relazione a tali dinamiche, prima Gullì e poi Antonio Zambare – ricostruiscono gli investigatori -, affermano che in passato era possibile recuperare i carichi di droga anche dai container sopraggiunti con “semaforo rosso”.
E successivamente è sempre Zambara a consigliare non solo le modalità attraverso le quali occultare la droga, ma anche le tipologie di container maggiormente sottoposti ai controlli, quindi da evitare ed assicurarsi il buon esito della spedizione.

Dall’importazione al traffico. «Hanno investito milioni»

E nelle conversazioni si parla di investimenti di milioni: “Compare mi chiedono più info.., Quelli hanno investito milioni giustamente vogliono sapere“. Gullì si dice incalzato da terze persone al fine di ricevere maggiori informazioni sul carico e rassicurazioni sul buon esito delle operazioni. Per gli investigatori si tratta dei finanziatori dell’operazione di importazione dello stupefacente. Ed è sempre Gullì a parlare delle pressioni indirette provenienti dai fornitori ecuadoriani (“Lo so compa però gli stanno scrivendo dal Sud America e mi chiede a me l’ultima Lista”), pur riconoscendo piena fiducia nell’operato di Zambara e del suo gruppo: “Non ho dubbi compa della organizzazione”.
Dall’importazione al traffico della cocaina, in merito al trasferimento della cocaina entrava in gioco la richiesta che risultava maggiore nel Nord Italia e in particolare a Milano. A Milano l’organizzazione aveva “la disponibilità di autovetture appositamente modificate per occultare fino a 20 chilogrammi di cocaina e di corrieri incensurati” “Su a Milano si vende di più. (m.r.)

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