Il “Rafael Caro” di Reggio: lo smercio di quintali di coca e la fuga da Milano. «La legge ci tiene puntati»
Fari della Dda reggina su Antonio Gullì (cl. ’82) che sulle chat criptate utilizzava nomi legati a narcos sudamericani. La confessione a Santo Crea: «Al primo errore cadiamo come pere»

REGGIO CALABRIA Il suo non è un pedigree di quelli da far impallidire ma vanterebbe comunque «notevoli influenze nella rete del narcotraffico mondiale». Occhi puntati su Antonio Gullì (classe 1982) di Reggio Calabria. Un peso criminale certificato dall’ultima inchiesta “Arangea 2” della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria e per questo raggiunto da un ordinanza di custodia cautelare in carcere. Insomma, una sorta di «trait d’union» tra diversi referenti delle rispettive ‘ndrine di tutta la Calabria.
I nomignoli evocativi
l suo compito, infatti, sarebbe stato quello di gestire in modo molto attento il commercio della cocaina per evitare interferenze tra clan. E non è casuale l’identificazione scelta da Gullì nelle chat criptate: nomi dei più famigerati narcos sudamericani come “Rafael Caro”, per gli inquirenti diminutivo di Rafael Caro Quintero, fondatore del cartello messicano di Guadalajara e responsabile dell’omicidio dell’agente della DEA Enrique Camarena oppure “Santa Cruz”, nome questo attribuibile al narcos colombiano Josè Santacruz Londono alias “Ghepe”, uno dei vertici del cartello di Cali.
Quintali di coca
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, sono molteplici gli acquisti di ingenti quantitativi di droga coordinati da Gullì. Come i 20 chili di cocaina venduta ad Antonio Rosario Trimboli, con quest’ultimo coadiuvato da un soggetto, con nickname “Nervoso” e con il ruolo di corriere. Oppure gli altri due episodi relativi rispettivamente a 30 e 50 kg di cocaina venduta insieme a Santo Flaviano e Antonino Gullì (cl. ’69) ad un terzo soggetto, allo stato, non identificato. E così via perché gli episodi registrati dagli inquirenti sono davvero tanti.
I contatti milanesi
I Carabinieri del Ros di Reggio Calabria nel corso delle indagini si imbattono nell’utenza “Rafael Caro”. Dalle chat decriptate capiscono che si trattava di un soggetto stabilmente dimorante a Reggio Calabria me che aveva trascorso recentemente un periodo di permanenza in provincia di Milano. Nel capoluogo lombardo “Rafael Caro” avrebbe goduto di numerosi contatti nell’ambito criminale, con particolare riferimento al mondo del traffico di stupefacenti. Dall’analisi delle chat sarebbe emerso un particolare rapporto con tale “Moschino” poi identificato in Santo Flaviano – anche lui finito in carcere – dal quale gli inquirenti risalgono proprio ad Antonio Gullì.
La sinergia con Trimboli, Crea e Flachi
Insomma, quello di Gullì sarebbe un nome di assoluto spessore. Secondo l’inchiesta dell’Antimafia reggina, dunque, grazie alla sinergia messa in piedi con Antonio Rosario Trimboli (cl. ’82), anche lui finito in carcere, Gullì «era in grado di smistare tonnellate di droga sul territorio dello Stato», con un occhio di riguardo al proficuo mercato milanese. In questo caso entrano in gioco due “storiche” figure ampiamente note agli inquirenti e alle cronache: Santo Crea e Davide Flachi, fondamentali per l’acquisto di droga in forma consortile ed entrambi coinvolti nell’inchiesta “Arangea 2”. Trimboli e Gullì peraltro sono stati i fondatori del ristorante ‘I Malacarne” di Cologno Monzese insieme ad altri soggetti i cui nomi erano già emersi nell’ampia indagine “Doppia Curva” della Dda di Milano.
L’amore per Milano e la fuga. «Qui siamo pesci fuor d’acqua»
«Ancora sono giù domani salgo a Milano sto facendo un po’ e un po’». L’importante snodo milanese per gli inquirenti viene indicato da un dato particolare. In una chat dell’8 ottobre 2020 “Rafael Caro” spiega a tale “Milanino” di doversi recare a Milano il giorno seguente. E, secondo gli inquirenti, effettivamente il 9 ottobre 2020 il device viene indicato lungo la direttrice Reggio Calabria – Milano perché aggancia una serie di celle telefoniche lungo l’autostrada, fino al comune di Cologno Monzese. Per gli inquirenti reggini Gullì in quel periodo aveva deciso di andar via da Milano e stabilirsi nella sua roccaforte alla periferia di Reggio Calabria, per due motivi: limitare i danni dalla pandemia da Covid-19 e, soprattutto, stare per un po’ lontano dai guai. «(…) c’era un’aria che non mi piaceva su… se c’è puzza di bruciato meglio stare lontani un po’» scrive in chat Gullì a Santo Crea. «Cugino a Milano siamo pesci fuor d’acqua… la legge ci tiene puntati al primo errore cadiamo come le pere». Con la replica, amara, di Crea affidata ancora alla chat criptata: «Mi sono fatto 5 anni e mezzo di galera e un anno e mezzo di domiciliari… quindi dobbiamo stare attenti… ma molto attenti». (g.curcio@corrierecal.it)
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