Cosenza calcio «al primo posto» nell’arte di isolarsi dal suo popolo
Dalla nomina del nuovo addetto stampa (con polemiche dei tifosi) agli autorevoli inquilini di “Palazzo Guarascio” che tranquillizzano la squadra e non possono parlare con la città: club e piazza semp…

COSENZA A Cosenza si lavora. Anzi no: si è «operativi», come recitava ieri un post social accompagnato da una foto degna della miglior spy story sovietica, in cui si scorge Luigi Micheli – forse il nuovo direttore generale (prima o poi qualcuno ce lo comunicherà ufficialmente) – intento a chiacchierare con alcuni giovani collaboratori della società. Nel frattempo, la tifoseria continua a restare fuori dal castello. Le mura sono alte, i ponti levatoi tirati su da tempo. Ogni tanto qualche finestra si apre: una foto, una frase, un annuncio di circostanza. Ma la distanza tra società e popolo rossoblù è ormai cosmica, e sembra più frutto di una precisa strategia (folle) che di semplice goffaggine.
“Palazzo Guarascio”
In questa estate rovente non solo per il clima, il Cosenza calcio sembra immerso in un rito collettivo di autoconvincimento. Da “Palazzo Guarascio” evidentemente si continua a recitare il mantra che «va tutto bene», come se le bordate di contestazione, il gelo con il Comune, la disillusione dei tifosi e l’esodo emotivo della stampa locale fossero soltanto rumori di fondo. Fastidiosi, certo, ma destinati a svanire quando si comincerà a fare sul serio.
Peccato che la trasparenza latiti. Perché dopo quasi dieci giorni dall’inizio del ritiro della squadra, con un nuovo allenatore e un nuovo direttore sportivo in carica, non è stata concessa neanche una conferenza stampa.
Nel mezzo di questa evaporazione comunicativa, ecco arrivare ieri l’annuncio che dovrebbe segnare un cambio di passo: Giovanni Folino nuovo addetto stampa. Un giornalista che si è presentato con cortesia ai colleghi nella chat di categoria e ha salutato con rispetto chi lo ha preceduto. Ai tifosi, però, che ormai non perdonano nulla a chi detiene il comando, è bastata una rapida incursione sui social del nuovo responsabile della comunicazione rossoblù per scatenare la tempesta: le sue idee politiche sono state giudicate “incompatibili” con la storica identità di sinistra e filopalestinese della curva cosentina.
La nomina è stata interpretata da numerosi sostenitori delle due curve e non solo – ma soprattutto da alcuni leader o voci storiche del tifo organizzato – non come una scelta tecnica, ma come l’ennesima provocazione di Palazzo, una specie di ennesimo “ce ne freghiamo” sussurrato in punta di tastiera. Tutto ciò mentre è ancora vietato commentare sui profili ufficiali del club nonostante proprio a Folino ieri sia stato chiesto, sempre sulla chat, di intercedere con i suoi nuovi superiori per sbloccare il tutto. Ma pare non ci sia niente da fare, la linea editoriale del Cosenza non muta.
A poche ore dalla sua nomina, Folino ha diffuso anche una prima nota ufficiale, dai toni concilianti e istituzionali, con cui informa che martedì scorso, «nel ritiro di Lorica, Luigi Micheli (senza nomina, ndr) ed il direttore sportivo Fabio Lupo si sono intrattenuti con la squadra e con lo staff tecnico. Un incontro all’insegna della cordialità e del confronto, nella massima serenità e schiettezza tra le parti, confermando e sottolineando la volontà, espressa dalla società, di proseguire nella fase di riorganizzazione e di preparazione per i prossimi impegni sportivi e di campionato, senza incertezze o dubbi e, soprattutto, mettendo al primo posto il Cosenza calcio».
Il castello e il villaggio
Dunque, nel rapporto tra la società e la città, i ruoli sono ormai chiari: da una parte il castello con il «primo posto» dedicato al Cosenza calcio, dove tutto si decide senza spiegazioni; dall’altra il villaggio, dove il popolo, che dovrebbe essere il cuore pulsante del Cosenza calcio, guarda, si indigna, ma non viene ascoltato. Ogni tanto un nuovo volto fa capolino (un allenatore, un direttore sportivo, un addetto stampa, magari anche con curriculum di un certo spessore) ma la regia resta sempre la stessa. Ed è lì che si annida il vero cortocircuito. Perché il problema non è solo ciò che manca (la comunicazione, il rispetto, il dialogo), ma ciò che non cambia. Una gestione che pare incapace di costruire ponti, ma abilissima nel sollevarli. Che invece di ricucire, continua a strappare. Che anziché unire, divide per sopravvivere, almeno finché il pallone non ricomincerà a rotolare. Allora, forse, qualcuno penserà che tutto verrà dimenticato.
A oggi, resta una società barricata e convinta che basti il campo a zittire tutto. Ma il campo, come ben sanno dalle parti del “San Vito-Marulla”, non è mai neutro. E quando la frattura con chi ama i colori rossoblù diventa così profonda, nemmeno la vittoria è una cura miracolosa. Può solo essere un’illusione temporanea.
Nel frattempo, bisogna accontentarsi delle briciole: il Cosenza è «operativo» e mette il suo nome al primo posto. Ma sulla fiducia, eh. (f.veltri@corrierecal.it)
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