Lamezia, la nomina del capogruppo rilancia tensioni nel Pd lacerato dalle tante guerre interne
Il fronte dem è spaccato in due: da una parte i sostenitori di Doris Lo Moro e dall’altra il fronte fedele ad Amalia Bruni

LAMEZIA TERME «La Calabria merita di più di un “partito per litigare”». La chiosa di uno degli ultimi editoriali del direttore del Corriere della Calabria, Paola Militano, è un invito rivolto al Pd regionale a ricompattarsi evitando i soliti inutili litigi. Il rischio concreto è che – come scrive Paride Leporace sul Corriere – «lo stato generale della sinistra possa cucinare un brodino» rimanendo ancorato a «grammatiche consunte e sintassi orientate all’Io ipertrofico del proprio destino personale da compiere». A Lamezia Terme, il fronte dem è spaccato in due: da una parte i sostenitori di Doris Lo Moro, la candidata a sindaco oggi consigliera comunale lametina, e dall’altra il fronte fedele ad Amalia Bruni: consigliera regionale.
Sul tavolo il ruolo di capogruppo in Consiglio comunale. A pochi giorni dal risultato delle comunali, Lo Moro aveva tracciato la strada: «I 12mila voti ricevuti mi hanno assegnato un ruolo di opposizione, sono tesserata Pd ma sarò a disposizione di tutto il centrosinistra». Ed ancora, «Lascio il ruolo di capogruppo ad altri: ne abbiamo di adeguati e pronti a farlo». A distanza di settimane però, la matassa non è stata sbrogliata e l’assenza di una decisione comune e convergente tra le tante anime dem ha favorito il sorgere delle solite fratture dando il via ad una inutile guerra di logoramento.
Il fronte spaccato
A sostegno di Lo Moro, si registra l’appello sottoscritto da centinaia di iscritti e simpatizzanti. «L’ipotesi che alcuni consiglieri vogliano mettere in discussione il suo ruolo appare incomprensibile e richiede spiegazioni puntuali: perché si tenta di ostacolare la nostra candidata? Quali sono le reali motivazioni di questo ostracismo? Rivendichiamo con forza che Doris Lo Moro, già candidata a sindaco, debba essere nominata capogruppo. Una scelta diversa sarebbe del tutto ingiustificabile agli occhi della città, e rischierebbe di far emergere motivazioni estranee alla politica, legate forse a logiche personali o di potere», si legge in una nota. «Chiediamo pertanto a Doris Lo Moro di rendersi disponibile ad assumere questo ruolo, per dare coerenza al progetto politico che migliaia di cittadini hanno sostenuto e per rappresentare, con competenza ed esperienza, una vera opposizione a questa maggioranza comunale. Allo stesso tempo, chiediamo con fermezza al Partito Democratico nelle sue articolazioni territoriali di intervenire e affermare con chiarezza questa indicazione». Nella nota, si chiede una presa di posizione del segretario cittadino, Vittorio Paola. «Pur contestato da larga parte della base, assuma finalmente una posizione chiara e netta su questa vicenda, assumendosene le responsabilità politiche e organizzative. Ogni ambiguità in questo momento rischia di compromettere definitivamente la fiducia nel nostro partito».
L’affondo di Masi e il niet di Muraca e Vescio
Il niet imposto a Lo Moro è del capogruppo in carica, Fabrizio Muraca, e dalla sua vice Lidia Vescio. I due non avrebbero digerito alcune dichiarazioni «critiche» della candidata a sindaco rivolte all’establishment del Pd calabrese.
A gettare benzina sul fuoco ha pensato Gennarino Masi, consigliere comunale in quota dem, con un affondo rivolto a Lidia Vescio. «Vescio conferma il proprio obiettivo di resa dei conti spiegandone i motivi. Aver osato esprimere critiche e perplessità sulla gestione della campagna elettorale e forti riserve sulle modalità del percorso congressuale segnato da gravi irregolarità è vietato. Alla faccia della democrazia e della libertà d’espressione. Da quale pulpito arrivano certe prediche! La Consigliera Vescio sembra avere la memoria corta», sottolinea Masi in una nota. «Si è forse dimenticata della guerriglia quotidiana che lei, unitamente alla sua corrente, ha condotto negli ultimi anni nel partito lametino? La verità è che la balcanizzazione del Partito Democratico di Lamezia nasce proprio dagli atteggiamenti assunti dalla consigliera Vescio e dalla sua area politica. Davanti a certe dinamiche tossiche e a tanta ostilità, forse sarebbe il caso di fare un onesto mea culpa? Chi semina vento raccoglie tempesta! Le responsabilità politiche sono chiare», aggiunge Masi. Che nella chiosa indica la strada: «Aprire una nuova fase politica per il Partito Democratico non significa costruire un partito monolitico, capace solo di fare demagogia a buon mercato sul giovanilismo ipocrita. Significa, invece, creare spazi di vero confronto democratico. Significa avere rispetto per uomini e donne che hanno segnato la storia di questa città. Significa riconoscere meriti e capacità. Il maldestro tentativo di “estromissione” è fallito. Non è fallito, purtroppo, il disegno di trasformare la legittima dialettica politica interna in pura caciara». (redazione@corrierecal.it)
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