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Scriviamola noi

Mi domando cosa ne sarà della partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica della Calabria. Cosa ne sarà se questa, secondo un trend nemmeno più tanto originale, finisce per essere di ost…

Pubblicato il: 01/08/2025 – 11:24
di Sergio Campanella*
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Scriviamola noi

Mi domando cosa ne sarà della partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica della Calabria. Cosa ne sarà se questa, secondo un trend nemmeno più tanto originale, finisce per essere di ostacolo a sé stessa, se è bistrattata al punto di essere un ostacolo, in un vortice che inghiotte tutto e tutti e favorisce i gattopardi che in Calabria si nascondono negli angoli di ogni strada, come gatti randagi o topi di fogna. Abbiamo un problema, grande quanto una casa, nel nostro Paese e, in modo sempre più accentuato, nella nostra regione: non facciamo nulla per arginare un modo di pensare che vuole demonizzare l’impegno politico tout court, a prescindere dalle “gambe” sulle quali è condotto; anzi, finiamo per incoraggiare un punto di vista fortemente deviante, che richiama alla partecipazione “alle cose politiche” (elezioni, referendum, congressi, “conte” di ogni genere), ma non alla partecipazione Politica, intesa come impegno stabile, complessivo, duraturo e generoso. Purtroppo così non si costruisce nulla, si perpetuano i familismi e si va avanti per inerzia nell’autoconservazione delle dinastie, a scapito di ogni progresso, soprattutto morale. È vero, nei partiti c’è di tutto, ci sono le correnti, gli ascari e quelli che si propongono e ripropongono sempre loro. Ci sono i Tizio, i Caio ed i Sempronio.
Ma ci sono perché e fintanto che tutta una generazione deciderà di starne fuori e lasciare campo libero. Questo modo di illudere le persone, facendo loro credere di partecipare al cambiamento della Calabria finisce per non cambiare proprio nulla, per la semplice ragione che si basa sulla contingenza dell’appuntamento elettorale.
Ma ci vuole di più, molto di più di un’elezione per cambiare i destini di una terra nella quale chi resta è incapace (tant’è che spesso siamo i “commissariati”, per qualunque ambito della nostra vita) e chi va via è sempre il più coraggioso, il più intraprendente ed anche il più bravo di tutti (se n’è andato, ha fatto carriera fuori, che se stava qua…).
Ma questa è una narrazione profondamente sbagliata, profondamente deviante e convintamente funzionale a mantenere esattamente questo stato di cose: in Calabria non si vive la vita politica come nel resto d’Italia, la Calabria potrebbe essere un laboratorio politico, si dice (in modo inquieto da parte di alcuni, inquietante da parte di altri); si, ma pieno di cavie. Mentre non si costruisce niente, solo impegni posticci di quel tale imprenditore di successo che lavora fuori, o del figlio di e del nipote di, che ti ritrovi a fare l’assessore qui o la.
Le candidature posticce di quel tizio che è un professionista ed è bravo nel suo lavoro, dell’ex questore, dell’ex magistrato e del professionista che non vive più in Calabria da trent’anni, discorsi e ragionamenti demagogici che si spegneranno con la stessa velocità con la quale sono divampati. E resteremo sempre lì, esattamente nel punto nel quale ci trovavamo prima del temporale estivo. Resteranno intatti la sfiducia nelle istituzioni, nei partiti e in chi vuole costruire un’alternativa dal loro interno. Bisognerebbe si capisse (ma forse lo si sa già e proprio per questo si agisce così) che la Calabria ha bisogno di una nuova classe di persone che si dedichino all’impegno politico e lo facciano per riformare profondamente anche i contenitori nei quali quell’impegno, nella declinazione “sana”, si produce e si esplica.
Oggi le dimissioni del Presidente Occhiuto pongono in modo prepotente questo tema, perché si deve fare appello alla coscienza politica di chi riesce a distinguere le ragioni delle sue dimissioni, di chi sa capire che lasciare vacante una istituzione è sempre deleterio, soprattutto in una regione come la nostra, che vive di emergenze. Soprattutto quando succede per obbedire a logiche che hanno poca attinenza con i temi cruciali di questa regione, ma che mirano a soddisfare smanie di supremazia di parte o di corrente. Come si fa a non vedere, a non capire che la Calabria non ha bisogno dell’impegno contingente, del super candidato, del super presidente, del super commissario o del prestanome della famiglia Rossi o Verdi. L’unico schema innovativo che, a tratti, si è stati capaci di riproporre ad una terra disgraziata come questa, in modo totalmente estraneo alle logiche del tempo che viviamo, è quello della variabile di genere, salvifica icona somministrata ad una comunità che, evidentemente, si ritiene ancora ammansibile con incantatori di serpenti. La realtà è che la Calabria ha bisogno, al contrario, di vedere finalmente un processo di crescita ed evoluzione dei suoi figli migliori, che rifiutano un modello stantio e putrescente di fare politica, che ambiscono a stare al passo con i tempi e dare un futuro ai propri figli, che non si fanno ammaliare dagli uomini o dalle donne della provvidenza (basterebbe studiare un po’ di più la storia, anche recente, per capire quanto siano dannose quelle logiche) e capiscono che è arrivato il momento di mettersi in marcia per costruire qualcosa di migliore di ciò che ci è stato presentato come il meglio. Scriviamola noi, lontani dai caminetti rassicuranti e dalle rendite che tanto sono state capaci di nuocere. Scriviamola noi

*Avvocato e membro della Direzione Regionale Pd Calabria

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