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I soldi del narcotraffico ai riciclatori cinesi e il metodo del “token” per «riconoscersi»: dai clan consegne a Milano e Roma

I soldi derivavano dalla vendita di cocaina. Le modalità di consegna del denaro erano sempre identiche secondo un medesimo modus operandi

Pubblicato il: 04/08/2025 – 6:57
di Mariateresa Ripolo
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I soldi del narcotraffico ai riciclatori cinesi e il metodo del “token” per «riconoscersi»: dai clan consegne a Milano e Roma

REGGIO CALABRIA Il riciclaggio del denaro, derivante dall’attività di narcotraffico, consegnato a soggetti di origine cinese. Sono diversi gli episodi che gli investigatori hanno documentato attraverso l’inchiesta “Arangea bis” della Dda di Reggio Calabria, che ha permesso di fare luce su una fitta rete di affari che vede nel settore del narcotraffico il vulnus di un’associazione «stabile, strutturata e articolata», «finalizzata, anche servendosi di canali di importazione sovrannazionale di matrice sudamericana (Ecuador) ed europea (Spagna, Germania, Olanda, Belgio, Albania), al traffico di ingenti quantità di sostanza stupefacente»: cocaina, hashish e marijuana.

I soldi del narcotraffico ai riciclatori cinesi

A definire e gestire la consegna del denaro – secondo l’accusa – Saimir Bilacaj e Antonio Gullì. Ricostruendo gli episodi, attraverso le conversazioni intercettate, emergono le cifre: in una prima consegna si parla di 525mila euro su Milano, poi altri 192mila. E ancora 500mila a Roma nel gennaio 2021. I soldi derivavano dalla vendita di cocaina. Del trasporto del denaro, – ricostruiscono gli  investigatori – mediante un sistema di staffetta, da Reggio Calabria fino a Roma, si occupava Santo Flaviano che, «costantemente, lungo il tragitto, sia all’andata che al ritorno, aggiornava Gullì, il quale, a sua volta, oltre a fornire specifiche direttive al sodale, informava, in diretta, Bilacaj, così da gestire tutte le fasi dell’abboccamento». Anche in questa occasione, così come avvenuto per gli episodi precedenti – il soggetto deputato a ricevere il denaro era di origine cinese. Le modalità di consegna del denaro erano sempre identiche secondo un medesimo modus operandi. 
Nel corso dell’attività di indagine – si legge nell’ordinanza – è emerso come i proventi del narcotraffico venissero trasferiti a Roma e affidati ad un gruppo organizzato di riciclatori di origine cinese.

Il metodo del “token” per potersi riconoscere all’atto della consegna del denaro

E per potersi riconoscere all’atto della consegna del denaro, i protagonisti della vicenda utilizzavano il metodo del “Token”, consistente in una banconota da cinque euro di cui era ben visibile il numero seriale e su cui, l’uomo deputato alla ricezione dei soldi, annotava data e importo ricevuto. Una foto della banconota veniva poi inviata a garanzia dell’avvenuta consegna. Per gli investigatori «l’inequivocità del contributo del Bilacaj all’attività di trasferimento del denaro», oltre ad essere comprovato dall’impegno nell’organizzare il giorno e l’orario di arrivo del corriere di nazionalità cinese, sarebbe «pienamente evincibile» nel momento di effettiva consegna del denaro al corriere, in quanto il Bilacaj esortava – nelle conversazioni intercettate – il Gullì a ritirare dal corriere il “token ” e a scrivere sopra la somma di denaro consegnata: «ritira il token amico mio e li fai scrivere la cifra sopra». E Gullì, per rassicurarlo, inviava la fotografia del relativo “token” con tutti i dettagli dell’operazione: data ed entità del denaro trasferito, comunicandogli poi l’avvenuto carico del denaro sull’autovettura: «stanno mettendo i soldi nella macchina….. sono chiusi nel garage….hanno finito…ora è andato via». 

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