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La politica calabrese recuperi il senso del garantismo

Non ho dubbi che Roberto Occhiuto sia una persona perbene. E, senza fare Ponzio Pilato, non ho dubbi che lo sia anche il procuratore Curcio, che non mi sembra appartenere a quella categoria di inquir…

Pubblicato il: 06/08/2025 – 9:10
di Mario Campanella
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La politica calabrese recuperi il senso del garantismo

Non ho dubbi che Roberto Occhiuto sia una persona perbene. E, senza fare Ponzio Pilato, non ho dubbi che lo sia anche il procuratore Curcio, che non mi sembra appartenere a quella categoria di inquirenti che indagano con senso giacobino. Se c’è una questione importante e aperta, sulla quale anche il presidente della Regione avrebbe dovuto essere più incisivo, è il recupero del garantismo, cosa che in Calabria non esiste. Se non per difendere se stessi. Lo si è visto con Mario Oliverio e con tanti altri amministratori indagati e assolti. Lo si è visto con Sandro Principe che ha subito un calvario nel silenzio. Con Peppe Neri. Ma anche con amministratori locali e semplici cittadini o funzionari. Sono tutti innocenti in Calabria? Non esiste il malaffare? Certo che no, ma la politica si è indebolita ulteriormente negli anni perché ha lottato contro se stessa.  Ha utilizzato indirettamente le inchieste degli avversari non separando il giudizio politico da quello giudiziario. Ad esempio, si può dire che Mario Oliverio non abbia brillato alla presidenza della Regione ma all’epoca il centrodestra avrebbe dovuto difendere la sua innocenza, mettendo in evidenza invece la questione della fragilità politica. La politica, non la magistratura, ha introdotto un reato fumoso come il traffico di influenze illecite che andrebbe abolito. Se c’è un errore che ha fatto Roberto è stato quello di non insistere su un tema, quello delle garanzie, che doveva essere il suo mantra. Gli contesto il fatto di non avere difeso a sufficienza la separazione dei poteri. Peppe Neri, ad esempio, ha rischiato la galera salvo essere archiviato. Non ho visto reazioni di difesa di un diritto che oggi non c’è.
La filastrocca del “noi siamo garantisti” è ancora oggi una recita a soggetto. Che vale per tutti e due gli schieramenti. È la Regione a essere un posto maledetto? Possibile. Perché gestisce troppo, mentre dovrebbe avere una funzione legislativa e di indirizzo.  Ma sarebbe triste lapidare giudiziariamente ancora  una volta un uomo politico salvo poi scoprire che è innocente. La questione più seria l’ha posta Luciano Violante, che pure è stato un punto di riferimento di un’area giudiziaria precisa:” Se non c’è scontro all’interno delle democrazie, delle aule c’è scontro nel Paese”. Occhiuto ha il torto di avere pensato di poter risolvere tutto rimettendoci anche la salute. Ma anche il centrosinistra, se vuole essere forza di governo, deve cambiare rotta. Acquisire una mentalità riformista che non demonizzi l’altro.  Ci sono situazioni che durano da decenni, come quella della sanità, che andrebbero riportate in una discussione di pubblicizzazione. Non è pensabile che il sistema sanitario non riesca a garantire le prestazioni necessarie. Soprattutto ai più deboli. È normale, e accade da decenni, che in questa confusione ci siano stati pochi che si siano arricchiti. Ma è un problema politico non giudiziario. In questa terra due giganti politici, uomini di Stato, come Mancini e Misasi, sono stati persino accusati di essere collusi con la mafia. Perché accade questo soprattutto in Calabria? Perché manca la politica. Manca come interdizione tra interessi, come freno agli eccessi di potere, come discussione dialogica. Se ognuno lavora esclusivamente per sé è del tutto normale che non esista il concetto di comunità. Ci sono uomini  che certo hanno responsabilità rilevanti sul piano politico, ma che hanno dovuto subire processi continui con continue assoluzioni. Nessuno li ha difesi salvo rare eccezioni.
Probabilmente le riforme che tutti abbiamo sostenuto, come l’elezione diretta del presidente della Regione, hanno trasformato un potere pro tempore in un potere temporale. Il limite della classe politica è l’eccesso di autoreferenzialità, che porta a costruire un’immagine di se indistruttibile. Sulla sanità negli anni 80 uomini di grande qualità politica avevano parlato del rischio di una privatizzazione. Beppe Niccolai, ma anche Giancarlo Pajetta, oppure Claudio Signorile. Così come sulle garanzie la stagione del riformismo è rimasta inascoltata. Il clima da tregenda non aiuta nessuno. Ne il centrodestra, ne il centrosinistra. La Calabria ha bisogno di concretezza, di una distribuzione del reddito seria, di un’attenzione sociale rilevante. Personalmente ho sempre pensato che il reddito di cittadinanza, ovviamente rivisto, sia una cosa positiva. Ma ciò che ci insegnano questi anni è che il presidente della Regione, anche bravo, non è un taumaturgo. Può funzionare meglio se si apre a una collegialità, se dà spazio a un pluralismo diffuso, se investe in una nuova dimensione di Stato, intesa come pubblicizzazione dei servizi. Non siano le inchieste a decidere il futuro ma una presa di coscienza. Che è possibile se i partiti ritornano tali. Occhiuto va giudicato per quello che ha fatto o non ha fatto. Non per altro.  La politica non la magistratura ha abolito le province senza abolirle facendole eleggere dai consiglieri comunali mentre erano enti che funzionavano. Qui entrano in gioco i partiti. Se non sono dépendance romane ma hanno autonomia. Negli anni 80 finanche Craxi doveva farsi gli affari suoi perché in Calabria il PSI aveva una legittimazione democratica che non consentiva interferenze. Lo stesso accadeva nel PCi. E in tutti gli altri partiti. Che avevano sezioni discussioni, non omologazioni e commissari senza stoffa e storia. Vincere le elezioni a volte può essere facile. Si vince per antitesi. Governare diventa un’altra cosa. Non si governa con i settarismi. È un errore che tutte le coalizioni hanno commesso. Si governa con umiltà. È quello che diceva persino Andreotti:” Siamo provvisori per natura”. Ipse dixit.

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