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Forno sequestrato nel Bolognese: un noto broker della ‘ndrangheta dietro l’acquisto low-cost

Le figlie intestatarie dell’attività. Ma secondo l’antimafia, a gestire tutto era Francesco Ventrici, legato ai Mancuso

Pubblicato il: 14/08/2025 – 17:27
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Forno sequestrato nel Bolognese: un noto broker della ‘ndrangheta dietro l’acquisto low-cost

Un forno apparentemente come tanti, un’attività di quartiere rilevata da due giovani donne e avviata con discreto successo. Ma dietro la facciata di normalità, secondo gli inquirenti, si celava un nome noto alle cronache giudiziarie: quello di Francesco Ventrici, già condannato per narcotraffico e considerato vicino alla potente cosca calabrese dei Mancuso.
Il forno, rilevato nel 2023 per una cifra poco superiore ai 112 mila euro – a fronte di un valore stimato tra i 500 mila e 1 milione – è stato posto sotto sequestro preventivo il 7 agosto, assieme ai relativi conti correnti. A eseguire l’operazione sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Bologna e il Sisco, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia. Secondo l’ipotesi investigativa, le figlie incensurate di Ventrici avrebbero agito come intestatarie di comodo, mentre la gestione effettiva – dalle forniture al personale – sarebbe sempre rimasta nelle mani del padre, attualmente indagato insieme a loro.
Il sospetto è che l’attività sia stata acquistata con denaro illecito e usata per operazioni di riciclaggio, aprendo così un fronte d’indagine anche su eventuali pressioni o transazioni in nero legate alla compravendita. Un amministratore giudiziario garantirà ora la prosecuzione dell’attività e la tutela dei cinque dipendenti.

Francesco Ventrici

Chi è Ventrici

Quello di Ventrici non è un nome nuovo. L’indagato, infatti, è stato protagonista, negli anni, non solo di importanti indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro, denominate “Decollo”, “Decollo bis” e “Decollo ter”, ma anche di inchieste della Distrettuale antimafia di Bologna denominate “Due torri connection” e “Golden jailtutte in materia di narcotraffico. Il pregiudicato, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Parma per altra causa, in virtù del proprio trascorso criminale è stato sottoposto nel 2006 dal Tribunale di Vibo Valentia e nel 2020 da quello di Catanzaro alla misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica sicurezza; nel maggio del 2022 gli è stata notificata la misura di prevenzione del sequestro di alcuni immobili nella sua disponibilità ma di fatto intestati formalmente ad una terza persona ed al cognato. 

«La ‘ndrangheta c’è, anche se non spara»

L’operazione ha riacceso l’allarme sulla presenza della criminalità organizzata nel tessuto economico dell’Emilia-Romagna. Ernesto Carbone, componente laico del Csm, parla senza giri di parole: «La ‘ndrangheta è ben radicata anche a Bologna. Il sequestro di San Pietro in Casale ne è una dimostrazione: un forno pagato un decimo del valore reale, fittiziamente intestato, ma in mano a un noto narcotrafficante».
Sulla stessa linea anche il consigliere regionale Francesco Critelli (Ps), che annuncia un’interrogazione per chiedere alla Giunta De Pascale come intenda rafforzare il contrasto alle infiltrazioni mafiose: «La criminalità organizzata riesce a penetrare perfino nelle attività di prossimità, quelle più vicine alla vita quotidiana dei cittadini. Serve una reazione forte da parte di tutti: istituzioni, imprese, comunità».
L’infiltrazione silenziosa, lontana dalla violenza ma pervasiva nel sistema economico, è ciò che preoccupa maggiormente. La ‘ndrangheta, spiegano gli investigatori, è ormai capace di operare senza sparare un colpo, mimetizzandosi tra le pieghe della legalità apparente. (fra.vel.)

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