Ritorno al passato: pochi slogan nei “santini” social, ma qualcuno punta sull’ironia
La comunicazione politica dei candidati va dal classico faccione a claim più o meno originali. Addio 6×3: trionfano i reel. E le braccia conserte

COSENZA In principio fu Orsomarso: «Am’ii votà a Scopelliti!!!» urlavano orde di guerrieri che (doppiati dai cosentini Cinghios allora agli albori) replicavano il piglio guerresco di Braveheart in chiave elettorale. Quindici anni dopo, la stessa cifra vernacolare – un espediente comunicativo per ridurre la distanza elettore-candidato – è scelta dal candidato FdI Angelo Brutto, non a caso delfino dello stesso Fausto Orsomarso divenuto intanto parlamentare, per il suo slogan: «Facciamo brutto».
In tre lustri la comunicazione politica è totalmente cambiata: se nel 2010 si affacciavano i social, adesso il classico “santino” è una grafica dalle dimensioni adattabili ai vari device e il linguaggio varia in relazione alle piattaforme. I video (quello di Orsomarso finì sull’home page delle principali testate italiane) sono adesso reel più brevi possibile, il motto o claim è diventato un hashtag (#adessofacciamobrutto e variante #lavoreremodibrutto, nel caso già citato) e il lettering fa il resto: ammiccante e diretto, deve avere la funzione che il brand ha nella pubblicità. Riconoscibilità e fidelizzazione.
Benvenuti nella politica da social. Basterà per battere o comunque ridurre l’astensionismo e la disaffezione di elettori sulla carta che sempre meno sono votanti in cabina? Nel dubbio, i candidati si presentano come il follower della porta accanto. Se Brutto sceglie di giocare col proprio cognome, altri virano su scelte più canoniche e non vanno oltre il classico ritratto pensoso, mano sul mento e braccia conserte, e semplice indicazione cognome + lista + candidato presidente. La novità di queste regionali sembra questa: pochi vanno oltre il ritorno al passato. Ma non mancano le eccezioni.
“In 4 anni di più che in 40” è lo slogan di Roberto Occhiuto, che ha fatto “esplodere”, come dicono gli spin doctor, una frase usata in una diretta social rendendola concetto-tormentone di tutta la campagna elettorale. Lo sfidante Pasquale Tridico opta per i colori pastello – rimarcando il civismo della propria discesa in campo – e lo slogan assertivo «Resta. Torna. Crediamoci» mentre l’outsider “rossobruno” Francesco Toscano rilancia con posa e grafica marziale il movimento Democrazia Sovrana Popolare dell’ex comunista Marco Rizzo, con un doppio tricolore a dominare.
Nel Catanzarese, Elisabetta Aiello, psicologa e figlia dell’ex consigliere e assessore regionale ed ex parlamentare Piero, omette il nome (basta il cognome) e punta sullo slogan «Qui e ora» abbinato all’hashtag #tuttaunaltrastoria su sfondo azzurro forzista abbinato agli occhi; mentre il leghista Filippo Mancuso è in linea con la comunicazione “istituzionale” basata sulla dicotomia Impegno/continuità. Restando nel Carroccio ma scendendo nel Reggino, è “basica” anche la comunicazione di Franco Sarica: nome, cognome, simbolo e braccia incrociate per il medico sostenuto da Peppe Scopelliti.
Nel Cosentino braccia conserte anche per Giuseppe Giorno (M5S) e per il capolista del Pd Giuseppe Mazzuca, che spesso rilancia lo slogan Tornare a vivere in Calabria, mentre il ticket di Palazzo dei Bruzi Pina Incarnato – Francesco De Cicco (Democratici Progressisti per Tridico) è duale anche nella comunicazione: al classico facsimile della scheda elettorale su cui i due assessori della giunta Caruso viaggiano in coppia si affianca un messaggio dal sapore socialista per lei (Avanti Calabria, con il vezzo grafico del puntino sulla I capovolto) e una strategia “stradaiola” per lui, con le classiche dirette facebook in cui parlare agli elettori “da pari a pari” – da ricordare che proprio su questa piattaforma, dove raccoglie 21.500 iscritti, De Cicco nel 2021 annunciò di appoggiare il sindaco di centrosinistra al ballottaggio, risultando decisivo.
Nel Vibonese Dalila Nesci, dopo il salto dai 5 Stelle a Fratelli d’Italia, osa anche nel santino (“Svelare bellezza”) mentre Antonio Lo Schiavo, consigliere regionale uscente che ha fatto il percorso inverso in direzione sinistra (dal Pd ad AVS) si definisce “Una voce libera” con tanto di articolo 54 della Costituzione per postilla; a Crotone il presidente della Provincia e sindaco di Cirò Marina Sergio Ferrari (Forza Italia) si azzarda in un avverbio – della serie Cetto Laqualunque non ti temo – e con le braccia conserte sorride: «Concretamente… per la Calabria», ovvero il messaggio contrario al gesto. Nella circoscrizione centro a anche Antonio Belcastro (Dp): stimato dg della sanità calabrese, mette in campo «L’esperienza al servizio della comunità».
In generale sembrano passati i tempi in cui quella dei 6×3 era la sfida al manifesto più “spaccante” per dirla alla Raoul Bova: epici quelli del barone Collice che, soavemente adagiato su un cannone come un crooner starebbe su un pianoforte a coda, invitava senza mezzi termini: “Sparatemi in Europa” (il colpo non andò a segno) e, restando nel Cosentino, la scelta retrò di Leo Battaglia: proprio come nella prima repubblica (vedi “Vota Dc Covello” con scudo crociato ancora visibile in tutta la provincia) andò di rullo e vernice, tanto che alla mancata elezione del castrovillarese qualcuno ironizzò su Facebook: «Regionali Calabria, Leo Battaglia chiede il riconteggio dei muri». (EFur)
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