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l’analisi

Dall’assemblea pubblica ai “nuovi” progetti futuri del Cosenza calcio di Guarascio

Cosa resta dopo il cinema San Nicola? La civiltà dei tifosi, le calze rosse del patron e i suoi programmi per rafforzare la presenza sul territorio che il dg Gualtieri illustrerà venerdì alla stampa

Pubblicato il: 01/10/2025 – 10:46
di Francesco Veltri
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Dall’assemblea pubblica ai “nuovi” progetti futuri del Cosenza calcio di Guarascio

COSENZA A Cosenza c’è un presidente che non vuole vendere, ma che da mesi ripete di volerlo fare. Che si dice pronto a farsi da parte, ma sempre a condizione che dall’altra parte ci sia qualcuno “affidabile”. Un presidente che parla di futuro, ma che quel futuro sembra tenerlo in ostaggio.
Due giorni fa, al cinema San Nicola, la scena si è ripetuta. Un pubblico stanco ma ancora presente, una città intera che chiede una sola cosa: voltare pagina. E lui, Eugenio Guarascio, ancora lì a ribadire il punto: «Vendo solo a soggetti seri, ambiziosi, sostenibili». Un discorso che, nella forma, suona anche responsabile. Ma che, nella sostanza, si sgretola sotto il peso della realtà. Perché a forza di invocare la «credibilità» degli altri, viene il sospetto che il problema non sia in chi bussa alla porta, ma in chi quella porta non l’ha mai davvero aperta.
Due le proposte (almeno quelle rese pubbliche) arrivate: una da Alfredo Citrigno, un anno fa e di recente, con una cifra che partiva da dieci milioni poi ridotti dopo la retrocessione in C. L’altra, da una cordata di imprenditori umbri guidata dall’avvocato Pietro Gigliotti. Entrambe respinte, rimandate al mittente o sfumate. Eppure, parliamo di imprenditori che ci hanno messo la faccia – cosa che Guarascio aveva chiesto – e che sembravano disposti a parlare di numeri concreti. Ma qui il punto non è se le offerte siano perfette. Il punto è che nulla sembra mai abbastanza per chi ha deciso che il momento giusto per cedere non è mai adesso.
In un contesto normale, ciò che è accaduto al cinema San Nicola non sarebbe mai successo. Perché in un mondo in cui le trattative per l’acquisto di un club si svolgono quasi sempre lontano dai riflettori, con imprenditori che firmano patti di riservatezza e dialogano attraverso consulenti, vedere potenziali acquirenti salire su un palco per raccontare pubblicamente – nero su bianco – come sono andate le cose e come potrebbero ancora andare, è qualcosa che rompe ogni consuetudine. Ma la realtà che da mesi si vive a Cosenza ha scardinato ogni logica consolidata, e non per colpa di chi vuole comprare né di chi tifa. Quando perfino i numeri diventano tabù, è inevitabile che la riservatezza venga messa da parte. Al San Nicola si è assistito a qualcosa che altrove sarebbe considerato improprio, ma che nella città dei Bruzi è diventato necessario: rendere pubblico ciò che normalmente resta privato. Perché il muro del silenzio, da parte di chi dovrebbe cedere, ha reso impossibile qualsiasi fiducia.
E allora diventa lecito domandarsi: Guarascio è davvero interessato al destino del Cosenza calcio? Oppure è interessato solo a monetizzare il più possibile, aspettando l’offerta “stratosferica” che – detto fuori dai denti – nessuno farà mai? Perché oggi il club è in serie C, ha perso il pubblico, ha perso appeal, e soprattutto – come emerge sempre più spesso – non naviga in acque serene sul piano economico.
Al cinema San Nicola, tra acquirenti potenziali e venditori presunti, il tema dei debiti è emerso più di una volta. Dunque, con quale coerenza si continua a sbandierare la “solidità” come condizione irrinunciabile, se la stessa oggi viene garantita con difficoltà? Il risultato è che le richieste di chiarezza si perdono nei soliti discorsi. E la cessione – da fatto possibile – è diventata quasi un esercizio narrativo. Una linea difensiva. Una formula per allungare il tempo. Perché, quando si rifiutano più offerte, quando non si mostrano i bilanci, quando si mette in discussione chiunque si avvicini, allora non è più prudenza. È strategia.
Una strategia che ha prodotto ciò che è evidente anche a chi vive a chilometri di distanza: una società che si regge su equilibri fragili, con una tifoseria sempre più distante e una piazza che, anno dopo anno, si è desertificata. E non per colpa di chi vuole acquistare, ma per le “non-scelte” di chi gestisce senza mai condividere.
Della serata di lunedì scorso, alla fine, resteranno soprattutto i fischi. Quelli all’uscita del presidente. Resteranno le sue calze rosse e resterà il gelo tra le parti. Resteranno le parole del sindaco Franz Caruso, che minaccia di rivedere la concessione dello stadio (in realtà, provvedimento difficile da attuare). E resterà l’applauso rivolto a Pietro Garritano (leader della Curva Nord) che ha elencato in pubblico tutte le mancanze di rispetto vissute da una comunità intera. Applauso che ha visto unirsi anche Guarascio, come a voler contenere la tensione. Ma la scena, più che distensiva, ha avuto il sapore della disconnessione. Di chi non vuole cogliere più il senso delle cose. Di chi non mette la passione di un popolo al centro dei suoi pensieri.
E poi, tra i momenti più lucidi e liberatori, resteranno le parole schiette di Sergio Crocco (figura storica del tifo rossoblù), che al microfono ha detto chiaramente a Guarascio ciò che tutta la città pensa da tempo. Senza giri di parole, senza inchini. Perché è chiaro a tutti che il tempo degli alibi è finito.
Al di là dell’amarezza per la serata di lunedì, ora che Guarascio ha capito che nessuno è più disposto a concedergli sconti e a credere alle sue ragioni e giustificazioni, ora che un intero territorio, compreso il sindaco, gli ha ribadito pubblicamente che non lo vuole più alla guida del Cosenza calcio, cosa aspetta a farsi da parte? Perché tergiversa? Perché parla ancora di altri acquirenti (pare in eterna trattativa) che potrebbero offendersi se lui desse la priorità senza spiegazione ad altri? Ma davvero è convinto che la città si fermi a questa tesi fragile?
Guarascio ha il vuoto intorno a sé. Restare ancora significherebbe (anche alla lunga) pregiudicare la possibilità di una rinascita immediata, di un ritorno in serie B. Una possibilità che, tra mille difficoltà ambientali e una rosa ridotta all’osso, la squadra di Buscè sta ancora tenendo in piedi con prestazioni e risultati eccellenti. Ma senza un mercato immediato e adeguato, questo sforzo risulterà inutile.
L’unico aspetto positivo emerso dall’assemblea del 29 settembre è la prova, clamorosa quanto silenziosa, che Cosenza – nonostante i cori, nonostante i fischi e una rabbia sedimentata da anni – è riuscita a vivere un incontro surreale con Guarascio senza degenerare, con civiltà. Una prova di maturità collettiva che in pochi, fino a qualche tempo fa, avrebbero scommesso di vedere.
Ma, al tempo stesso, la sensazione, ormai diffusa, è che non ci sia alcuna reale volontà di vendere. A confermarlo, a 24 ore dall’assemblea di lunedì, è la nota inviata ai giornalisti ieri sera in cui si annuncia, per venerdì 3 ottobre, “un momento importante di condivisione e crescita” con la presentazione ufficiale, 21 giorni dopo l’annuncio, del “nostro nuovo Direttore Generale, Salvatore Gualtieri” che illustrerà – continua il Cosenza calcio – “i progetti futuri che la società intende sviluppare per rafforzare la propria presenza sportiva e sociale sul territorio”.
Ecco perché anche questa volta non è cambiato nulla. Perché non si può stravolgere un futuro se chi dovrebbe farsi da parte continua a vivere in una realtà parallela, come se il tempo non fosse mai passato.
Il tempo, invece, è passato. Eccome se è passato. Solo che dall’altra parte della barricata nessuno vuole accettarlo. (f.veltri@corrierecal.it)

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