Inefficacia del diritto internazionale. Tra veri leader e pavidi ministri
«Com’è possibile che Israele possa continuare imperterrito a compiere tali stragi, da ultimo il genocidio di Gaza, senza la minima ritorsione in termini di sanzioni?»

La Global Sumud Flotilla, fermata con un vero e proprio atto di pirateria, ha fatto emergere ancora una volta come il governo di Israele, guidato da Benjamin Netanyahu, non rispetta le norme del diritto internazionale. Per questo motivo dovrebbe essere considerato, alla stregua di altri Stati che non lo rispettano, un “rogue state” – stato canaglia – un’espressione utilizzata da alcuni teorici anglosassoni di scienze politiche all’inizio del XXI secolo, per riferirsi ad alcuni Stati considerati una minaccia per la pace mondiale. Tale epiteto viene generalmente utilizzato da Paesi che hanno molta influenza nelle relazioni internazionali come, ad esempio, gli Stati Uniti, contro alcuni Paesi che contrastano i loro interessi.
Mai come in questi anni stiamo assistendo al declino del diritto internazionale conseguenza diretta della scarsa incisività dell’ONU, che si limita solo a risoluzioni che non hanno alcuna ricaduta su governi che godono di un certo “peso finanziario” e riescono, con tale potenza economica, a dettare l’agenda politica di molti Stati, primi fra questi l’America di Trump; proprio come Israele, che ha ricevuto dal Consiglio di Sicurezza ben 69 risoluzioni, concernenti la Palestina, molte delle quali riguardano il ritiro dai territori occupati e il diritto di ritorno dei rifugiati.
Gli Stati Uniti, manco a dirlo, hanno posto il veto su 29 risoluzioni ritenute sfavorevoli a Israele. Il Consiglio per i Diritti Umani ONU, dal canto suo, ha approvato almeno 104 risoluzioni contro Israele, un record assoluto se pensiamo al fatto che esso corrisponde aun numero superiore a quelle emesse contro tutti gli altri Paesi messi insieme. A totale spregio delle indicazioni dell’ONU, Israele ha continuato dal 1948 in poi, a occupare territorio palestinese e a compiere stragi rimaste sempre impunite. Ne ricordo alcune: il massacro della raffineria petrolifera di Haifa; l’attentato dinamitardo al Semiramis Hotel di Gerusalemme, un atto terroristico perpetrato dall’Haganah; il massacro di Deir Yassin ebbe luogo il 9 aprile 1948, quando circa 120 combattenti sionisti appartenenti all’Irgun e alla Lehi (comunemente nota come “banda Stern”) attaccarono il villaggio palestinese di Deir Yassin vicino a Gerusalemme, che contava allora circa 600 abitanti; Il massacro di Eilabun, commesso dai soldati delle forze di difesa israeliane durante l’operazione Hiram il 30 ottobre 1948; il massacro di al-Dawayima, vide l’uccisione di 455 palestinesi civili disarmati, tra cui 170 donne e bambini; Il massacro di Tell al-Zaʿtar, il 12 agosto 1976 durante la guerra civile libanese avvenne in un campo di rifugiati palestinesi gestito dall’UNRWA, e ospitava tra i 50 e i 60 mila rifugiati nella zona nord-orientale di Beirut; Il massacro di Sabra e Shatila, un eccidio di circa 3.500 civili compiuto tra il 16 e il 18 settembre 1982 sempre a Beirut, nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila; il massacro di Hebron, una strage commessa il 25 febbraio del 1994.
Com’è possibile che Israele possa continuare imperterrito a compiere tali stragi, da ultimo il genocidio di Gaza, senza che vi sia la ben che minima ritorsione in termini di sanzioni a fronte dei 19 pacchetti di sanzioni adottati nei confronti della Russia? La domanda è legittima e trova come unica risposta possibile proprio le grandi lobby finanziarie prima fra tutte L’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), che governano il mondo occidentale. Questa inerzia degli Stati ha convinto ancora di più Netanyahu a continuare imperterrito a fare ciò sta impunemente compiendo: un genicidio. Ascoltando Antonio Tajani, ospite di Bruno Vespa, francamente mai mi sarei immaginato che un ministro degli esteri scendesse così in basso. Alla domanda di Antonio Polito se Israele avesse o meno violato il diritto internazionale, la risposta di Tajani ha dell’inverosimile: «Credo che, forse, è avvenuto in acque internazionali, ma molto vicino alla zona dove c’è il blocco navale». «Cioè, il blocco comincia in acque internazionali? E secondo il governo il blocco è illegale?» ha incalzato Polito. E qui Tajani ha dato una di quelle risposte che rimarrà un segno perenne della pavidità e dell’ipocrisia al potere per i secoli a venire: «Quello che dice il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto. Lì c’è uno scenario di guerra. Israele non poteva permettere che qualcuno violasse il blocco navale».
In pochi secondi il ministro Tajani ha demolito 80 anni di diritto internazionale senza che Vespa muovesse uno dei suo tanti nei. Davanti a milioni di italiani ha sostanzialmente ammesso che Israele ha torto, ma che loro non lo possono dire, né possono farci nulla. Davvero incredibile se non fosse drammaticamente vero. Per fortuna c’è un vero leader in Europa, totalmente autonomo rispetto ai dettami di Trump, si chiama Pedro Sánchez. Non è un caso che, oltre a pronunciare parole chiare circa il genocidio, ha adottato la prima sanzione contro Israele. Le donne e gli uomini della Sumud Flotilla, lo sciopero generale di oggi, i cittadini che stanno manifestando in queste ore in diverse parti del mondo, mi hanno fatto balenare i versi conclusivi di “Ode alla speranza” di Pablo Neruda:
…e nel frattempo,
noi,
gli uomini,
vicino all’acqua,
che lottiamo
e speriamo
vicino al mare,
speriamo.
Le onde dicono alla costa salda:
“Tutto sarà compiuto.
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